Quarta condanna nei confronti dell’Italia da parte della Corte europea.Questa volta, il tutto è avvenuto nel carcere di foggia.
Fotot di Nicola Gesualdo
Calcata, Viterbo
La Corte dei Diritti dell’Uomo condanna l’Italia per «trattamento inumano e degradante».
Non è un dejaVu e neanche un errore di ripubblicazione dell’articolo di qualche settimana fa sull’ennesima sentenza della Corte Europea nei confronti dell’Italia (leggi l’articolo).
Si tratta di un nuovo caso. Questa volta la location è il carcere di Foggia, in Puglia e il risarcimento che deve essere adempiuto per danni morali nei confronti del detenuto, ammonta a circa 10 mila euro.
Nel 2008, Bruno Cirillo, detenuto nel carcere di Foggia, non ha potuto ricevere le cure necessarie per la sua paralisi parziale del braccio sinistro. Avrebbe avuto bisogno di un trattamento di fisioterapia intensivo e regolare, per ridurre il dolore e un peggioramento del suo stato di salute. Ma non è accaduto.
Ormai è la quarta volta che i giudici di Strasburgo condannano l’Italia per non aver fornito le cure sanitarie indispensabili alla salute di un detenuto. La stessa Corte ha stabilito che «tenuto conto delle circostanze, le autorità italiane hanno fallito nel loro obbligo di assicurare al ricorrente un trattamento medico adatto alla sua patologia».
Immediata la risposta del segretario nazionale del Sappe, Federico Pilatti: “La condanna inferta all’Italia dalla Corte Ue per i diritti dell’uomo per un detenuto curato male a Foggia, a parere del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria Sappe, non deve essere comminata all’Amministrazione Penitenziaria bensì ai responsabili sanitari e politici della Regione Puglia che in questi anni non sono riusciti o non hanno voluto mettere in piedi un servizio sanitario decente a sostegno delle problematiche mediche dei detenuti presenti nei penitenziari pugliesi”.
Una sentenza dal peso maggiore che arriva nel periodo di campagna elettorale. I vari candidati premier devono dare ulteriori risposte all’Unione Europea e ai cittadini italiani; a quanto pare il problema tra l’Italia e la “zona euro” non riguarda soltanto i mercati e la finanza, la disputa rimane aperta.