L’argomento di oggi me lo ha suggerito come spesso accade in questo periodo, la rete.
Volevo parlare del che cos’è un muro, di cosa si possa intendere per stare dietro un muro, o dentro un muro, o per conseguenza estrema, senza muri di sorta.
Tra le icone che più prediligo è stata proprio la caduta del muro di Berlino a colpire la mia immaginazione. E allora cominciamo a parlare dei muri più famosi: potremmo citare il muro del pianto che ricorda l’antica persecuzione ebraica costellata di continue distruzioni al loro tempio, o il muro stesso che hanno recentemente innalzato gli ebrei in Israele contro gli attacchi terroristici arabi, o il muro costruito sul confine con il Messico, teatro di decine di migliaia di morti tra cui giovani uomini e donne che nel tentativo di attraversarlo rimangono mutilati o vengono arrestati e rispediti a destinazione; possiamo citare il muro eretto a memoria dell’Olocausto, o il muro che divide i cattolici dall’Irlanda del Nord che si professa anglicana; e ancora il muro eretto dopo l’11 settembre 2001 a memoria di quei morti e di quel giorno terribile che ha cambiato la storia del mondo.
Dove c’è un muro c’è un problema che ci si rifiuta di superare, o c’è un problema che si crede di contenere dentro i confini di questa recinzione.
Dove c’è un muro c’è una diversità, una separazione tra il dentro e il fuori, tra chi viene privato della libertà e chi conserva il proprio libero arbitrio, tra il prima e il dopo; dove c’è un muro c’è un segnale di fermo, di avviso a non scavalcare senza cognizione di causa quella soglia che viene segnalata come una precisa demarcazione.
Il primo grande muro è stato a ben vedere eretto proprio da Dio, sempre che si sia credenti e si voglia continuare credere. Il primo muro assoluto è stato rappresentato da un albero; non bisognava cogliervi le sue mele, e così non è stato e siamo derivati tutti noi…Se dunque Eva avesse lasciato quella mela là dove stava, quel muro sarebbe rimasto e noi non saremmo mai nati.
L’ultimo dei muri che invece mai nessuno ha pensato di ritenere inutile, è stato e continua ad essere il muro che cinta un carcere. Immaginiamo le mura carcerarie che hanno la specifica funzione di trattenere dentro certi confini persone che hanno commesso dei delitti, a volte feroci e terribili, altre volte molto meno imperdonabili…Il carcerato guarderà ogni giorno della sua vita per un numero forse infinito di tempo quel muro più o meno fisico, più o meno reale e contingente che lo separerà forse fino alla morte dal potere ritornare un uomo libero.
Lo sappiamo, chi ha ferocemente sbagliato deve ferocemente pagare il suo errore, e sappiamo che spesso questo non accade perchè questi muri della condanna non funzionano, non chiudono, non cancellano, non recuperano, in quanto spesso falliscono nella loro prioritaria funzione.
E poi ci sono mura detentive che invece funzionano benissimo, forse anche fin troppo bene, rimanendo ceche e sorde come la pietra che li configura e li rappresenta agli occhi del mondo.
Domanda: il muro, un muro in quanto tale, serve più a proteggere o a condannare?
Sarebbe facile la risposta se dovessimo immaginare che da una parte di detta separazione dovessero stare tutte le cose belle e giuste, mentre dall’altra parte potessimo buttarci e rinchiudere tutte le questioni brutte e indegne…
Questo muro liberatorio e deresponsabilizzante non esiste; e siccome non esiste bisogna repentinamente potere immaginare dei muri che possano venire in qualche modo sempre sconfitti, raggirati, vinti e superati.Proprio come è accaduto al famigerato muro di Berlino.
Ogni muro viene innalzato per potere essere in qualche modo distrutto.
Mi riferisco ovviamente e più precisamente ai muri mentali, ai muri tutti invisibili ma alquanto massicci che offendono e mortificano la nostra intelligenza e la nostra capacità di comprensione.
Sarebbe importante potere immaginare dei muri che avessero tutti comunque delle finestre, delle feritoie aperte sul mondo accanto, che sembrassero poter dire a chi li guarda. “Io sono qui per dividere o per ricordarti che non sarà facile attraversarmi, tuttavia tu sei libero di provarci, se ritieni che questo tentativo ne valga la pena, se ritieni che questo muro che ti viene imposto sia ingiusto, se ritieni che il prezzo della tanto agognata libertà stia proprio aldilà del tuo stare dentro e non altrove…altrimenti questa è la mia funzione, quella di tenerti qui e non dove ti può portare il tuo pensiero e il tuo desiderio…
Concludo per ora nel dire che ci sono dei muri che è bene che continuino a rimanere in piedi: sono quelli che servono molto banalmente a farci sentire protetti, ma in nessuna maniera possono rappresentare un limite illecito verso la libertà degli altri.
E poi bisogna ricordarlo, la pena a cui va sottoposto un essere non deve essere superiore alla sua colpa e nemmeno alla sua capacità di sopportazione.
Un uomo può avere perso tutto e tuttavia conservare la propria libertà, ma un uomo che perde la propria libertà di scegliere, deve potere conservare almeno la propria libertà di comprendere d’avere sbagliato…
Se il suo crimine è tale da non potere essere concepito nessun recupero, la cosa più semplice sarebbe intervenire con la morte, ma tale decisione non è degna di società realmente civili e ritenibili tali.
Non vorrei mai essere il carceriere di questi delitti senza possibilità di soluzione.
E tanto meno il carceriere di innocenti e di uomini giusti che sono stati gettati senza ragione dentro una cella, oltre un muro.
Non si pensi che questo non possa mai in alcun modo riguardarci; la nostra libertà e la libertà degli altri deve starci a cuore come la nostra stessa vita. Per questo le centinaia di persone che sono testimoni di atti criminali verso perseguitati e che non fanno nulla per aiutare questi infelici, ritenendoli una faccenda di cui stare alla larga, sono colpevoli come i loro stessi aguzzini, e saranno chiamati alle loro responsabilità.
Mi è personalmente capitato di assistere ordinariamente alle offese propagate dai diversi muri invisibili quanto feroci e distruttivi che esistono nella nostra quotidianità; si chiamano il muro dell’indifferenza, il muro dell’ignoranza, dell’arroganza, della follia, della bramosia di potere, il muro della codardia, il muro della solitudine, dell’inedia, dello sconforto, il muro dell’invidia, dello stare in branco, del prostituirsi per avere un beneficio…
Ho sempre avuto modo di ritenere, di pari passo, che non esistono comunque muri che non possano venire annientati, perchè questo problema dell’ostacolo è solo una prova di cui ci si deve fare carico. Non mi stancherò mai di ripeterlo.
CONTRO un muro è possibile lasciarci la vita, ma a memoria di questo evento verrà eretto un segno come monito di risollevamento e di continuazione della vita stessa.
Contro un muro è possibile cadere e fallire, ma quello che conta è solo il perchè ci siamo andati addosso; non ho mai visto uomini piangere per avere scelto e praticato la loro libertà, ma ho sempre temuto gli uomini spenti e muti per aver vissuto invano.
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