Epicureo riprende il materialismo atomista di Democrito. Tutto è composto di elementi indivisibili (gli atomi), eterni. Secondo lui, la vera conoscenza ci libera dalle nostre paure, in special modo da quella della morte: "finché ci siamo noi essa non è, quando è lei noi non ci siamo più". Per cui, secondo gli Epicurei, la morte non deve preoccupare l'uomo, perché quando si muore non si è più nulla, quindi non si hanno più né paure, né preoccupazioni di alcun tipo. Tuttavia, altri hanno sentito il bisogno di credere in qualcosa dopo la morte. Questa ci spaventa, proprio perché ci è oscura. E immaginarsi cosa ci potrebbe essere dopo ci aiuta, in un certo senso, anche ad affrontarla più sereni.
Per questo, ma anche per volontà di conoscenza, si sono scritti centinaia di libri su cosa ci può essere dopo la morte. Esistono anche varie testimonianze di quei pochi che sono "ritornati indietro". Infatti, in certi casi, è capitato che persone morissero per qualche attimo e poi venissero riportate in vita dai medici, oppure abbiamo casi di persone che si risvegliano da un coma e raccontano storie molto suggestive. Queste, nella maggior parte dei casi, ci hanno raccontato di una sorta di "vita oltre la morte", di un mondo parallelo al nostro, dove è possibile rincontrare i nostri cari defunti e vivere senza problemi in mezzo a loro.
Ogni popolo e cultura ha il suo "paradiso" (e il suo "inferno"). Nell'antico Egitto, ogni persona si pensava fosse composta da cinque elementi diversi: l'ombra, l'ankh, il ba, il ka e nome.
- L'ombra non altri che l'involucro materiale dell' "anima" del defunto e veniva identificata con il cadavere;
- l'ankh è la "chiave della vita", cioè la chiave che metaforicamente consente al defunto l'accesso nell'aldilà;
- il ba è la personalità del defunto, l'essenza posseduta in vita e a cui è permesso visitare la terra. Infatti è raffigurato come un falco dalla testa umana;
- poi, c'era il ka. Gli Egizi pensavano che il ka fosse creato contemporaneamente al corpo di cui era un doppione;
- il nome permetteva, se rievocato, al defunto di sopravvivere in eterno (nei ricordi delle persone). Senza il nome l'essere non può esistere. Per questo, in certi casi, quando qualcuno subiva la "damnatio memorie" di quei tempi, si usava cancellarne il nome dai vari monumenti che lo ricordavano.
Il rito funebre è composto da varie fasi che vengono eseguite dai sacerdoti che seguono le indicazioni scritte nel Libro dei Morti. Una sorta di cartina per potersi orientare nell'aldilà egizio. Il corpo del defunto seguiva una via, l'anima un'altra: il corpo veniva mummificato dai sacerdoti, in tal modo si otteneva il mantenimento della forma fisica del morto, così come l'aveva avuta in vita. Si iniziava con l'asportare il cervello con dei ferri attraverso le narici, poi si procedeva con lo "svuotare" l'addome e i quattro organi più importanti (fegato, polmoni, stomaco e intestino) venivano deposti nei vasi canopi. Poi, il corpo veniva trattato con il nitron, e veniva riempito di aromi e sostanze che ne garantivano la conservazione. L'anima del defunto invece doveva essere giudicata da un tribunale divino. Ritroviamo tale scena (detta psicostasìa) numerose volte sui papiri egizi. Essa si ritrovava di fronte ad una bilancia, su cui piatti venivano posti, una piuma (simbolo di Maat, la dea della verità) e il cuore del defunto, che se era puro, pesava quanto la piuma. In caso contrario, il defunto non poteva accedere all'aldilà e non gli era concesso di congiungersi con Ra, così veniva dannato e divorato dalla "Divoratrice", un essere metà coccodrillo, metà ippopotamo.
Invece, nei miti scandinavi, troviamo il Walhalla, una stanza fantastica dell'Asgard, dalle pareti d'oro e bronzo, attraverso cui si giungeva passando cinquecentoquaranta porte dorate. Era il luogo in cui si ritrovavano gli eroi morti in battaglia, portati lì dalle Valkirie, dopo essere stati giudicati dal dio Wotan (Odino). Gli eroi defunti, detti anche Einherii, passano il tempo banchettando e allenandosi in visione della battaglia finale, che avverrà nel giorno del Crepuscolo degli dei.
Sia i Greci che i Romani credevano fermamente che l'anima del defunto sopravvivesse e che vegliasse su di loro aiutandoli nei momenti di bisogno. In questo modo veneravano i loro defunti considerandoli come divinità protettrici delle loro case. Essi potevano essere consultati da chiunque, attraverso la divinazione, ovvero l'interpretazione dei "segni" che di volta in volta potevano manifestarsi. I romani avevano ripreso buona parte della mitologia greca, così come la tradizione che dovesse esistere un paradiso ed un inferno. Il regno degli inferi veniva collocato a seconda, nelle terre dei Cimmeri, in Campania presso il lago di Averno, in Sicilia, o in Arcadia. Di esso facevano parte i Campi Elisi (di cui parlò Virgilio), dimora ultraterrena degli eletti. Agli empi invece era riservato il Tartaro quale luogo di pena. L'Elisio viene localizzato da Omero all'estremità del mondo, e da Esiodo, col nome di Isole dei Beati (Avalon? Atlantide?), presso le correnti dell'oceano.
Gli induisti invece credono nella reincarnazione, ovvero nella trasmigrazione dell'anima da un corpo ad un altro nel momento della morte (o da lì a poco). Un uomo può reincarnarsi in un altro uomo, in una donna, ma anche in un qualche animale. Nelle sue vite precedenti Buddha era stato ad esempio una tartaruga, una scimmia, un elefante e una lepre. A queste bestie, perciò, viene portato rispetto, ma anche a tutte le altre che pure, per successive reincarnazioni, possono raggiungere il "Nirvana". Il Nirvana è il "paradiso" degli induisti. Rappresenta la pace dei sensi, la pace assoluta che l'anima del defunto può trovare alla fine del suo ciclo di reincarnazioni. La chiave di tutto è il Karma. Ognuno di noi ha il suo Karma, cioè lo scopo finale che si dovrà raggiungere passando attraverso diverse reincarnazioni, diverse vite in cui la persona troverà sempre più la perfezione e la pace, avvicinandosi sempre più alla sua meta. Il Karma è una legge di causa-effetto, ad ogni azione corrisponde una reazione. Per cui è un percorso soggettivo e non è fatto solo di conquiste, ma anche di retrocessioni (in seguito ad errori commessi durante la propria vita). Così, la vita attuale di ognuno di noi è il risultato delle esperienze e delle azioni accumulate in tutte le vite precedenti, e ciò che faremo in questa vita, ci servirà nella prossima.
I Musulmani, così come gli Ebrei e i Cristiani, credono che la vita presente sia solo "una prova" in attesa della vita dopo la morte, che sarà "la vera vita". La vita terrena è una sorta di preparazione e di processo in visione della vera vita ultraterrena. I punti fondamentali della fede comprendono: il Giorno del Giudizio, la Resurrezione, il Paradiso e l'Inferno. Quando un Musulmano muore, viene lavato, di solito da un familiare, avvolto in un lenzuolo candido e sepolto con una semplice preghiera, di preferenza lo stesso giorno del decesso. Durante tale cerimonia la brevità della vita del defunto viene ricordata e celebrata. Secondo il Profeta sono tre le cose che aiutano il defunto anche dopo la morte: la carità che ha svolto durante il suo "passaggio" sulla terra, la conoscenza che ha trasmesso e le preghiere a lui rivolte da parte di un figlio giusto.
di Giorgio Pastore Fonte: www.croponline.org