I nostri antenati preistorici hanno una cosa in comune, almeno a giudicare dai ritrovamenti archeologici: brevi aspettative di vita. A quanto pare non sono mai stati trovati i resti di un ominide che sia vissuto piu' di cinquant'anni. Le aspettative di vita alla nascita sono rimaste intorno ai 30 anni per piu' del 99% dell'esistenza della nostra specie (tenendo conto della mortalita' infantile). Le cose hanno cominciato a cambiare nel XIXmo secolo grazie a:- il diffondersi di tecnologie che oggi diamo completamente per scontate, quali fognature, acqua corrente, etc, che hanno migliorato i livelli di igiene;
- il diffondersi di nuova conoscenza medica;
- la cresente disponibilita' di risorse materiali in generale.
Evidentemente non abbiamo capito quale sia il problema reale (l'invecchiamento). O forse l'idea di affrontarlo e sconfiggerlo e' semplicemente troppo per essere rapidamente accettata e metabolizzata dalla societa' nel suo insieme. Ma immagina di poter analizzare, oggi, i fossili umani degli inizi di questo 21mo secolo. Forse, il messaggio che ad ucciderci e' la debolezza (fisica, mentale, del sistema immunitario, etc) della terza eta' sarebbe piu' chiaro. Forse questa realizzazione potrebbe spingerci verso un approccio piu' razionale per il miglioramento della nostra salute - o almeno questa e' l'ipotesi di Colin Farrelly, l'autore dell'articolo di In Search of Enlightenment su cui si basa, in parte, questo post.
Hat-tip al sempre interessante FightAging! che mi ha portato all'articolo di cui sopra.
Immagine: Lucy, by kevinzim






