Su una cosa sono tutti d'accordo: dobbiamo pensare alla ripresa dell'economia del paese, dopo la cura a base di tasse. Di questo dovrebbe occuparsi oggi il governo: sviluppo, ripresa, rilancio delle imprese. E forse anche del lavoro.
Certo, rimane da capire cosa metterci dentro questa ripresa, questo aumento di PIL.
Ci vogliamo mettere il cemento, le grandi opere, la libertà di licenziamento (questo benedetto articolo 18)? La presunte liberalizzazioni (per il momento, anche su quella per le edicole si farà un passo indietro)?
Si parla di liberalizzazioni nei trasporti pubblici, ma bisognerebbe prima separare la rete ferroviaria dal servizio di trasporto vero e proprio. Chi dirà Moretti? Si parla delle liberalizzazioni nelle professioni: ma gli avvocati in parlamento, e i medici, e i farmacisti, e i notai cosa diranno?
Gli stessi avvocati parlamentari che fanno il doppio lavoro (magari pure per un ex presidente del consiglio), gli stessi medici che hanno la possibilità per lavorare sia col pubblico che col privato.
Si sente ripetere, a partire anche dal
presidente della Repubblica, che serve coesione, unità, uno scatto
di dignità. Ma che unità potrebbe esserci in un paese che lascia a
casa, senza troppo clamore, 800 lavoratori dell'ex Wagon Lits, che
taglia in due il paese togliendo i treni notturni verso il sud?
Che coesione potrà esserci in un paese dove le banche non fanno più le banche (e non prestano più soldi alle imprese, se non alle grandi opere perchè hanno tutto l'interesse a far durare a lungo prestiti e interessi) e saranno salvate coi soldi pubblici e della BCE (che sempre soldi nostri sono)?
Se non possiamo più permetterci i cantieri a Sestri, i posti di lavoro sui treni notturni e nemmeno i treni notturni (e i treni dei pendolari), le piccole imprese (e gli imprenditori costretti al suicidio perché messi in mezzo dai debiti, da banche e dal pubblico che non paga), la sicurezza sul lavoro (basta morti banche!), che ripresa possiamo avere?