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Cosa dice la scienza sull’omosessualità?

Da Psicologiagay
 

Domenica 10 aprile 2011 alle 23.40 è andata in onda su Rai 3 un’interessante puntata di “Cosmo” sull’omosessualità secondo i contributi di diversi studiosi e scienziati in ambito nazionale ed internazionale. La puntata è iniziata con l’intervista a Joseph Nicolosi, discusso presidente e fondatore della “National Association for Research and Therapy of Homosexuality” di Los Angeles, con il metodo della cosiddetta terapia “riparativa”.

Cosa dice la scienza sull’omosessualità?

Nella sua clinica, Nicolosi riceve clienti omosessuali che vogliono cambiare orientamento per diventare eterosessuali. In breve, secondo Nicolosi:
•    L’omosessualità è una malattia da curare.
•    La terapia dura da 1 settimana a 3 anni e si rivolge nel 40% dei casi ad adolescenti, quando i genitori entrano in panico per la condotta sessuale del figlio/a.
•    L’età in cui le persone scoprono di essere gay è tra gli 11-13 anni.
•    La madre dei clienti ha un ruolo dominante e instilla senso di colpa; il padre non ha un rapporto significativo con loro, i compagni di gioco li prendono in giro.
•    Dei clienti trattati con la terapia “riparativa”, 1/3 non cambia, 1/3 “guarisce” e 1/3 ottiene un significativo cambiamento.
•    Nella sua terapia non serve la preghiera, solo il sincero desiderio di cambiare.
•    C’è una predisposizione genetica all’omosessualità, ma i fattori determinanti della “malattia” sono i genitori.
•    Il ragazzo gay mantiene una relazione primaria con la madre mentre dovrebbe identificarsi e stringere la relazione col padre.
Ha partecipato al dibattito Vittorio Lingiardi, docente di Psicologia Dinamica all’Università “La Sapienza”, il quale ha ribadito come la scienza consideri l’omosessualità una variante sana della sessualità umana, criticando fortemente le argomentazioni di Nicolosi e le terapie “riparative” che:

  • Sono offensive e anacronistiche, visto che dai primi anni ’70 l’omosessualità è stata depennata dai manuali diagnostici di salute mentale, compresa l’omosessualità egodistonica.
  • Sono dannose, non sono vere né cambiano l’omosessualità egodistonica.
  • Determinano un crollo dell’autostima, a causa del fallimento terapeutico.
  • Si basano su teorie psicologiche superate (l’esposizione a filmati pornografici rimanda alle terapie comportamentiste) che aumentano il senso di colpa  e la stigmatizzazione.
  • Sui teenager hanno un impatto devastante: gli adolescenti seguono la cura solo perché hanno paura di deludere i genitori e di andare contro i loro principi. Negli ambienti dove l’omosessualità non è stigmatizzata, le persone hanno meno omofobia interiorizzata.

In studio era presente anche lo psicoanalista Giancarlo Ricci, collaboratore dell’“Avvenire”, per il quale “riparazione” è un termine infelice, ma in linea con il lessico psicoanalitico classico. Ricci critica l’innatismo e il biologicismo determinista. Secondo Ricci, l’identità sessuale nasce attraverso i modelli della struttura edipica e dal modo in cui la persona risolve i conflitti edipici.

Riguardo alla posizione della scienza, è stata trasmessa e commentata un’intervista a Simon Levay, neuroscienziato gay, per il quale:

  • L’omosessualità è una condizione innata, non una scelta.
  • Gli omosessuali sono migliori nelle capacità in cui sono brave le donne.
  • Dagli studi condotti attraverso autopsia cerebrale, una regione dell’ipotalamo nei gay è più piccola che nei maschi etero ed è come quella delle donne.
  • Il contributo genetico ha la sua parte ma è solo pochi mesi prima della nascita che il testosterone arriva al cervello e marca l’orientamento sessuale.

Sarebbe interessante (e sicuramente ci stiamo documentando) indagare sull’orientamento sessuale delle donne che sono risultate per aspetti cognitivi e biologici simili a maschi omosessuali.

Per il dibattito scientifico è anche stato ascoltato il parere dello psicologo inglese  Glenn Wilson, secondo il quale:

  • Le preferenze sessuali non sono indotte dall’ambiente.
  • Le preferenze sessuali dei genitori non alterano quelle dei figli.
  • L’omosessualità è già determinata al momento della nascita.
  • I genitori sono responsabili per l’omosessualità del figlio solo riguardo al patrimonio genetico, non per il modo in cui lo hanno cresciuto.
  • Dagli studi condotti sul cervello, nella fase dell’innamoramento le aree del cervello interessate sono le stesse per gay e etero.
  • Sono state riscontrate influenze ambientali specialmente sulla sessualità delle bambine (pillole, barbiturici o sonniferi somministrati alla madre in gravidanza) ma non effetti sociali o educazionali (dovuti all’influenza dei genitori o della scuola).
  • Esistono alcune differenze significative nella sessualità di uomini e donne: gli uomini etero si eccitano solo con nudi femminili, gli uomini gay si eccitano solo su nudi maschili. Al contrario, le donne hanno una maggiore capacità bisessuale: cioè, possono eccitarsi su una varietà di nudi sia maschili sia femminili. Le donne sviluppano interesse erotico e legami per uomini e donne, mentre gli uomini no.
  • I geni influiscono sugli uomini per il 35%, mentre per le donne il 16%.

In seguito, la trasmissione si è focalizzata sulle teorie evolutive classiche, secondo le quali la selezione naturale favorirebbe il comportamento riproduttivo.

Saltiamo il discorso sugli animali, piuttosto articolato, rimandando alla visione dell’intera puntata on line, sottolineando solo alcune note di Marco Cattaneo, direttore de “Le Scienze” e “National Geograhfic”, secondo il quale:

  • Esistono comportamenti omosessuali negli animali sociali capaci di svolgere una funzione evolutiva. I comportamenti omosessuali dei maschi, ad esempio, possono preservare la fertilità, il rinnovo del liquido seminale.
  • Negli animali si manifestano comportamenti sessuali non così rigidamente distinti in gay ed etero come per gli umani.
  • Dovremmo imparare dagli animali la capacità di non punire i comportamenti sessuali.

A cura delle dott.sse Ilaria Peter Patrioli e Paola Biondi


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