Cosa indossare per una cena alla Casa Bianca? La couture week fall 2014
Da Lazitellaacida
Sapete che posso sfuggire più o
meno a tutti gli appuntamenti (ciao red carpet di Cannes!) ma non all’haute
couture. E non è solo per i numerosi endorsement ricevuti dalle mie amiche (che
a dirla tutta mi fanno commuovere, credo che nemmeno mia madre spenderebbe così
tante belle parole su di me) ma anche perché credo che se ormai più o meno
tutti abbiano un opinione sui red carpet e su cosa indossare ai matrimoni,
forse non tutti ancora sanno di quale immensa meraviglia si mette in scena 2
volte all’anno in quel di Parigi. Una fashion week che più magnifica non si
riesce ad immaginare e che non riesco, giuro, ad immaginarmi in nessun’altra
città del mondo, per quanto Dolce & Gabbana ci stiano provando (Taormina,
Venezia, Capri… bongi bongi bo bo bo).
Quindi, tiriamo fuori dall’armadio uno dei tutù della Connie e infiliamoci dei guanti di seta perché per parlare
di queste meraviglie non potremmo indossare altro.
Armani Privé è
come il running (e ti pareva che non la mettevo pure qua ‘sta corsa
maledetta?): noioso, ma nel lungo periodo non si può che apprezzarlo.
Sarà che sto invecchiando però dai, io e la mia amica delle
medie Olivia Palermo ci vedremmo benissimo con uno di quei soprabiti, anche
sopra un paio di jeans.
E poi rosso, un-amore-che-non-posso-ho-comprato-un-gatto-bianco,
e puffy fur che voi chiamerete ridicole ma io le trovo favolose.
Chanel: bene ma
non benissimo. Karl ormai non sa più a quale vena creativa attingere (ma fai il
fotografo? Lo stilista? Il regista? Ma ti decidi?) e del tweed ormai ne abbiamo
tutti un po’ piene le balle. Dopo aver associato il mondo Chanel (e dico
Chanel, mica Marlboro Classics) al Texas e ai rodeo ormai sento che il fondo
del barile l’abbiamo già toccato e possiamo solo risalire. Sarebbe bellissimo
se Karl tutto d’un tratto diventasse minimalista, nevvero? Così, di botto,
anziché le solite 70/80 uscite proporne, che so, solamente 20? 30 se proprio te
la senti tantissimo? Concentrarsi, dico per dire eh, su pochi temi e magari
tralasciare il tweed per una volta? Che dici Karl, ce la facciamo?
Ad ogni modo anche in queste 15.000 uscite qualcosa che non
ci fa schifo lo troviamo, mica siamo gente con la puzzetta sotto il naso noi.
Maniche pelose a parte (must have) tutta la parte in bianco merita più che una
qualsiasi principessa europea, merita ME.
Sulle meraviglie di Raf Simons s’è già detto un sacco ma non
sarà mai abbastanza. Se in passato ho avuto qualche dubbio sulle sue idee
adesso non ci sono dubbi, Raf ti amo, Dior
vive in te e se non vive in te almeno passa a salutarti piuttosto spesso.
Questo è solo il meglio o quello che potrebbe essere la mia personale wishlist:
un paio di cappotti blu dalle linee pulite per la mia vita da donna in carriera
che governa il mondo, qualche pelliccia importante da sdrammatizzare con
pantaloni classici per fargliela puppare a quelli di Celine che credono di aver
inventato il nuovo minimalismo, un paio di abitini dal taglio anni ’50 per quei
cocktail importanti ai quali non posso dire di no, un abitino corto per quando
voglio fare la giovane con i boots arancioni e un paio di cosette alla Maria
Antonietta perché, suvvia, vuoi non avere un abito dalla Maria Antonietta per le
serate parigine?
E’ stupendo vedere il modo in cui è passato attraverso lo
stile degli ultimi 200 anni e ne ha preso il meglio, da Marie Antoinette al
minimalismo degli anni ’90. Voglio tutto, lo voglio adesso.
Dolce & Gabbana
continuano la loro timida ma determinata avventura nell’alta moda itinerante.
Cambiando sempre location è difficile tenere traccia di quante collezioni
abbiano già completato essendo eventi esclusivi e con una lista d’invitati che
tiene più conto dei buyer che della stampa (sempre caldamente invitata a
staccare la spina dai social per la durata della sfilata). Se sulle passerelle
del prêt-à-porter tutto questo carrettosicilianismo ha un po’ stufato,
nell’alta moda (e guai a chiamarla haute couture) che si sono inventati sembra di
vedere –finalmente- qualcosa di diverso, qualcosa che nessuno fa, qualcosa in
cui si potrebbe dire che siamo bravi solo noi italiani.
Ammirevole il loro desiderio di prendere ispirazione da
quanto di meglio l’Italia sa offrire in tema di colori, di texture e di
fotografia (sono sicura che le modelle hanno tirato giù tutti i santi e le
madonne del calendario per scendere dalle barche con quei capolavori addosso,
ma l’esperienza offerta ai presenti dev’essere stata qualcosa d'impareggiabile,
qualcosa che nemmeno mille Grand Palais, mega mappamondi, mega carillon e scale
mobili e ascensori e concerti di Florence Welch potrebbero mai battere -ciao
Karl, dico a te-).
Anche se ho comprato un centrotavola di ceramica con
esattamente la stessa stampa blu e gialla a Taormina mi sento di dire che sono
pezzi favolosi, che magari non indosserei nella mia immaginaria vita da donna
in carriera, ma che mi piace guardare, mi piace(rebbe) vedere come sono fatti,
mi piace sapere che sono italiani. Bravo Domenico, bravo Stefano: la prossima volta
che ti vedo al Plastic ti abbraccio.
Se ci fossero i campionati mondiali di couture sono
piuttosto sicura che il Libano sarebbe tra le squadre favorite come lo è
(stato) il Brasile nel calcio. Murad
questa volta si è un po’ scostato dall’overdose di applicazioni per preferire
uno stile –ancora- più sexy e che, a mio avviso, strizza l’occhio ai Pucci di
Dundas.
Certo, gli abiti per Jennifer Lopez ci sono ancora, ma c’è
sempre una più cospicua parte della collezione dedicata agli abiti corti, stampati
e, inevitabilmente, leggeri.
Ciao Elie, che ti
si può dire. Che ti si vuole bene e basta.
Perché queste creazioni, questi capolavori fanno venire l’acquolina
agli occhi, ti fanno sorridere beata come quando guardi un cucciolo, fanno
venire i brividi alla schiena come quando baci per la prima volta il tipo che
ti piace, fanno chiudere gli occhi e sognare una vita in cui tutto è possibile,
anche indossare capi come questi in un giorno qualunque. Elie Saab è meglio che
calarsi un acido, è meglio di un orgasmo, è meglio della pizza, Elie Saab vinci
sempre tutto.
Ulyana Sergeenko
è uscita dal tunnel della steppa, basta zarine, basta dottor
Zivago, basta Anna Karenina. Certi pezzi forse un po’ troppo sexy-a-tutti-i-costi
ma altri eleganti nel loro richiamo agli anni ‘50.
Sembra però un po’ mancare la coerenza nello stile che pare
ancora sparare un po’ nel mucchio e cedere al buon vecchio ‘ndo cojo, cojo.
Chiuri e Piccioli hanno fatto la magia anche stavolta (ecco
a cosa si riferiva allora Rob nel mio oroscopo), siamo nell’Antica Roma o forse no, siamo nel 2014 ma alla
fine che differenza fa se posso mettermi quel completo con la giacca smoking e
un paio di gladiatori sotto. Sì Valentino: stringimi la vita con quelle strisce di pelle, abbina il nero con il pizzo,
con il nude, con i fiori e con ogni vezzo delicato del mondo, voi sì che riuscite a fare le magie.
Per fortuna Valli
ha tralasciato un po’ gli abiti corti per dedicarsi a quello che sa fare
meglio: abiti per il Festival di Cannes. Anche se noi ci possiamo permettere
solo il biglietto dei film che concorrono a Cannes, spero davvero di vedere
presto queste nuvole di tulle e piume di struzzo addosso a Diane Kruger, mentre
quei meravigliosi abiti da cocktail indossati da Kasia, magari anche solo per
andare a fare la spesa, per la gioia dei nostri occhi. N.B. Sposarsi in camicia
non è mai sembrato più giusto di così.
Infine nostra signora Donatella,
tornata in grande spolvero in una couture che sembra finalmente aver trovato la
propria strada. Ci vedo più sci-fi che anni ’50, contrariamente alle recensioni
di chi ne sa più di me.
Ci sono pezzi per osare al 100% lo stile Donatella che
vedremo con tutta probabilità solo su Lady Gaga, ma anche pezzi più blandi
nella loro indecisione tra gonna e pantalone che con meno trucco e con il
capello più morbido potrei tranquillamente indossare nella mia vita
immaginaria.
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