Anche febbraio volge al termine e con lui si chiude il capitolo Berlino. Berlino è la città che come ogni anno ci ha ospitato durante la settimana in cui si è svolto il 66° festival internazionale del film.
Una kermesse per la gente, per quel popolo amante della settima arte che ne ha decretato il successo con un nuovo record di biglietti emessi (si parla ben di 337.000) in 10 giorni di proiezioni nei vari cinema cittadini. 434 film in totale, 9 giurie, 124 premi assegnati, sono i numeri che rendono la Berlinale imperdibile.
Cosa ricorderemo di questa edizione?
Ricorderemo che sin dalla prima proiezione di Fuocoammare tutti si aspettavano vincesse, per quel contenuto arrivato al momento giusto nel luogo giusto con un format unico e intrigante. Ma le denunce con un retrogusto politico (cercato o meno) sono state più di una: dalla prima europea di Where to invade next di Michael Moore a Chi-Raq, l’estroversa versione di Lisistrata trapiantata nell’odierna Chicago, di Spike Lee, sino a Zero Days di Alex Gibney che ci mostra il potere distruttivo di un click su un codice alfanumerico ben congegnato, come il caso di Stuxnet.
Oltre alla politica non è mancata la storia, in primis il secondo conflitto mondiale con Alone in Berlin, che purtroppo non ha saputo mantenere il fascino delle pagine da cui è tratto, alla guerra civile filippina tratteggiata da Lav Diaz in A Lullaby to the Sorrowful Mystery, sino alle ripercussioni delle lotte millenarie sulla Sarajevo di oggi, che rendono la commedia Death in Sarajevo di Danis Tanović tanto amara quanto grottesca.
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E poi non dimenticheremo il numero considerevole di sceneggiature “based on”, non originali, davvero tante, forse un po’ troppe, che attingono da romanzi, tragedie, commedie, biografie e chi più ne ha più ne metta. Per fare qualche esempio: sono trasposizioni Genius, Death in Sarajevo, Chi–Raq e pure La Comune. Il timore è che tra qualche anno ci troveremo in Concorso Internazionale i remake e/o i sequel. A quel punto anche i puristi, che vorrebbero la competizione principale priva di documentari, dovranno capitolare perché quelli saranno gli unici inediti.
Notevole è stata la varietà dei plot. A differenza dell’ultimo Cannes, caratterizzato dalla presenza di ogni forma di dolore straziante, Berlino 2016 è stato un festival variopinto, spumeggiante, di altissima qualità, teso al microcosmo in cui i singoli in sala non hanno difficoltà ad immedesimarsi. Splendido.
Da ultimo, una menzione speciale va a Berlinale Talents, la fucina di talenti, appunto, che ha organizzato una serie di entusiasmanti masterclass (QUI trovate alcuni degli eventi che abbiamo seguito) e un tour molto particolare che apriva le porte di aule, studi e tutto ciò che caratterizza il progetto, agli ospiti delle Berlinale. Riviverlo è uno dei motivi per cui conteremo i giorni all’edizione 2017.
Chiudiamo ricordandovi che, come ogni anno, della nostra avventura oltre frontiera abbia tenuto un diario con recensioni, approfondimenti e album fotografici. Se siete curiosi di scoprire qualche nuovo aneddoto cliccate su www.masedomani.com/berlinale-2016 e divertitevi!
Vissia Menza
n.d.r. Le parole in rosso contengono link ad approfondimenti o recensioni
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