Cosa sognano i pesci rossi
di Marco Venturino
Titolo: Cosa sognano i pesci rossi
Autore: Marco Venturino
Edito da: Mondadori
Prezzo: 10,00€ eBook: 6,99€
Genere: Narrativa
Pagine: 245 p.
Trama: Pierluigi Tunesi, quarantacinquenne di successo e soddisfatto della propria esistenza, si trova ricoverato in gravi condizioni nel reparto di Terapia Intensiva. Luca Gaboardi, quarantacinquenne in difficoltà e in conflitto con la propria esistenza, è il medico responsabile di quel reparto. Due uomini totalmente diversi, due vite andate in direzioni opposte si trovano per destino faccia a faccia. Nel giro di pochi giorni Tunesi ha visto se stesso trasformarsi, da uomo rispettato e potente, in “pesce rosso”: un paziente bisognoso di tutto, incapace di parlare, di dare sfogo a quel dolore che sente ancora più atroce per l’impossibilità di esprimerlo. Mentre Gaboardi, con i suoi fallimenti, è soltanto una delle “facce verdi” che, indistinte, inadeguate, indifferenti, si chinano sul dolore altrui. Eppure questi due uomini hanno ancora qualcosa da dire e da dare. A se stessi, alla vita, l’uno all’altro. Così pagina dopo pagina prende quota questo romanzo straordinario, un libro durissimo e pietoso, emozionante nonostante il dolore e l’angoscia che lo permea, potente come un inno alla vita.
di Ginevra
“Cosa sognano i pesci rossi” è un romanzo che sviluppa due temi apparentemente lontani e distinti tra loro ma che si intrecciano, come un unico filo in un gomitolo. Una lunga matassa che lega i valori morali dell’etica medica, la voglia di fare di alcuni dottori, il prendersi cura in modo umano dei pazienti con la coscienza di questi ultimi, totalmente legati all’operato medico e alla loro volontà. Si tratta perlopiù di pazienti in stato vegetativo, come il Tunesi, tenuti in vita da apparecchi meccanici, tubi dell’ossigeno e farmaci in vena; la loro mente ormai sopravvive unicamente con i ricordi. È una narrazione che si incentra dunque sulla psiche, sull’interiorità del pensiero di due personaggi legati da una forte drammaticità esistenziale, delusi dalla vita per disgrazia o per volontà propria.
Un letto numero sette, rianimazione, in cui pazienta Pierluigi Tunesi, ex dirigente d’azienda, al quale non è rimasto che osservare l’orologio attaccato al muro. Lo scorrere del tempo perde valore nell’istante in cui rimane bloccato su quel materasso, assopito tra farmaci e ricordi. La vita intorno a lui va avanti, tutto scorre imperterrito e non curante del suo dolore fisico ed emotivo. Il Tunesi si ritrova spesso a pensare alla sua vita fuori da quell’ospedale, a come sarebbe se potesse anche solo muoversi, parlare, vivere come faceva prima. Questo stato inerme che lo relega al letto, una realtà che non è più vita, lo fa riflettere sul significato stesso dell’esistenza di cui non vorrebbe più far parte, non in questo modo.
“All’inizio non capisci nemmeno se sia mattino o pomeriggio, qui dentro non entra la luce di fuori. Poi con un po’ di allenamento, riesci a cogliere la differenza. Le luci variano di intensità, la presenza dei medici varia in quantità, gli infermieri modificano la solerzia e così riesci a distinguere quando è notte e quando è giorno”.
Sull’altra rotaia parallela cammina la vita del medico Luca Gaboardi, responsabile dell’unità operativa di terapia intensiva, il reparto dove il Tunesi è ricoverato. In questo personaggio si riversa la drammaticità e la fatica di un medico riservato che deve ottemperare al suo dovere: salvaguardare ed agire in caso di pericolo di vita del paziente e monitorarne poi i parametri vitali. È così che gestisce la propria vita privata, mantenendo la fisiologia, senza troppe curve alte e basse, come in un elettrocardiogramma. Un dottore devoto alla propria professione in cui si immerge a capofitto trascurando la propria vita privata, i propri sentimenti ed emozioni. Non ha progetti nella vita, al contrario si propone sempre di lavorare anche durante le festività, immerso nel microcosmo che si è creato all’interno dell’ambiente ospedaliero, per evitare la solitudine.
“Mi occupo in particolare della Terapia intensiva e non so fare altro, nel senso che non so fare nessun altro lavoro e questo vuol dire che la mia strada non prevede svolte né deviazioni. Non so perché ma, a volte, vengo divorato da un folle desiderio di deviare, di cambiare, di ricominciare da capo. Però quando mi guardo davanti vedo solo un lungo rettilineo, un uniforme, uguale rettilineo”.
“Cosa sognano i pesci rossi” è anche un romanzo di denuncia, verso una classe medica burbera e insensibile, che non pensa ad altro che arrivare a fine turno ed il cui scopo è spesso quello di accrescere nella scala professionale, non sempre agendo per il bene del paziente. Medici asettici, più di una sala operatoria, distaccati e netti non solo nelle loro decisioni ma anche nell’accudire e curare i pazienti; questi dottori non si preoccupano della parte emozionale degli allettati, già fisicamente inermi, e che presto lo diventeranno anche mentalmente, un po’ per i sedativi ed i tranquillanti, ma anche per il loro stato penoso ed impotente. Pazienti deboli che non possono nemmeno controbattere alle affermazioni innervosite dei medici o degli infermieri, annoiati di dover sempre assistere ad allettati indifesi e senza stimoli.
“Insomma un “mi spiace tanto, lei era anche simpatico, oltretutto anche pagante, ma non c’è nulla da fare”. Sei fritto!”
Un romanzo che non tratta di avvenimenti realmente accaduti, non parla di persone reali, ma di situazioni altamente verosimili. La narrazione veritiera è resa possibile grazie al fatto che l’autore stesso, Marco Venturino, sia Direttore della divisione di anestesia e rianimazione presso l’Istituto Europeo di Oncologia dal 1997. Una lunga carriera tutt’ora in auge, gli ha permesso di imbattersi in diverse personalità, sia di pazienti, sia di colleghi ospedalieri. Ha voluto così raccontare la sua esperienza ed umanità in un libro che riesce a entrare nel cuore di chiunque lo legga: ci si immedesima alla perfezione nelle vite dei protagonisti, facendoci riflettere sulla valenza della nostra vita e su come la stiamo usando.
Queste situazioni veritiere ci portano ad una lettura scorrevole, meditativa e talvolta drammatica dell’esistenza. L’essere imprigionati in una stanza di ospedale, relegati ad un letto, senza possibilità di movimento o comunicazione. Il dolore che attanaglia il corpo e la mente, e affoga ogni speranza. Questo è lo stato in cui si è ritrovato per disgrazia il Tunesi. Mentre il dottor Gaboardi si è incatenato di sua volontà ad una vita senza stimoli e senza futuro.
“A volte rammento di avere avuto un’esistenza precedente, di cui, giorno dopo giorno, ricordo le minuzie e che sembra quasi impossibile mi sia appartenuta.”
Si dice che i pe
sci rossi abbiano una memoria limitata, circoscritta a pochi secondi. In realtà questi pesci sperimentano stimoli e conservano per diverso tempo le risposte apprese. Il modo in cui i pesci della stessa specie si raggruppano e nuotano insieme, fa riflettere sul fatto che i pesci siano davvero consci del proprio essere.Così lo sono anche i protagonisti di questo romanzo, intrappolati nel mare della loro esistenza.
“Cosa sognano i pesci rossi” è un romanzo che mi ha completamente assorbito nelle serate in cui decidevo di accendere l’abat-jour sul comodino e dedicare un momento per me, e quindi per la lettura; nonostante la stanchezza della giornata passata a lavorare riuscivo ad immergermi facilmente tra le pagine di questo libro così coinvolgente. La scrittura decisamente scorrevole si contrappone ai momenti riflessivi e di pausa che per forza di cose ti impone l’argomento. Ogni giorno ci sentiamo tutti un po’ dei pesci rossi, come i protagonisti del libro, impantanati nella quotidianità e nell’abitudine. Un romanzo da consigliare in particolare a tutte quelle persone che sono costantemente sommersi dal lavoro metodico e dai doveri; adulti che spesso si dimenticano di quali siano i veri valori e le vere gioie della vita.
“O meglio, non ti sei accorto di vivere perché disponevi, credevi di disporre, di un credito illimitato. E per la prima volta pensi, con una lucidità spaventosa, che il credito è finito. Resta solo la paura, una paura totale, soffocante, disperante”.
MARCO VENTURINO, (Torino, 1957), è direttore di divisione di Anestesia e terapia intensiva allo IEO, l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Nel 2005 ha pubblicato per Mondadori il suo primo romanzo, Cosa sognano i pesci rossi, libro amatissimo dai lettori e successo editoriale di lunga durata, cui è seguito nel 2008 Si è fatto tutto il possibile.