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Sabato 9 maggio vicino a Kumanovo – nel nord della Macedonia, vicino al confine con la Serbia e con il Kosovo – ci sono stati degli scontri tra la polizia e un gruppo di uomini armati. Gli scontri sono proseguiti in parte anche domenica, per una durata totale di circa 30 ore, e si sono conclusi con un bilancio di 22 morti (8 poliziotti e 14 assalitori) e 37 feriti. Gli uomini armati erano una quarantina e hanno attaccato i poliziotti con bombe e armi automatiche. Circa 30 assalitori si sono arresi tra sabato sera e domenica mattina e sono stati arrestati. I civili sono stati allontanati dalla zona degli scontri ma diverse abitazioni sono rimaste colpite dagli spari.
A seguito dei primi interrogatori le autorità macedoni hanno iniziato a capire qualcosa in più sull’identità degli assalitori e su come è andato l’attacco. Secondo il ministero dell’Interno si è trattato di un attacco terroristico ideato da un gruppo di circa quaranta persone albanesi di origine macedone e kosovara (gli scontri si sono verificati a Divo Naselje, un quartiere della periferia di Kumanovo abitato prevalentemente da albanesi). Secondo la Macedonia l’attacco sarebbe stato organizzato dagli indipendentisti albanesi, un gruppo estremista di cui fa parte ancora oggi ciò che rimane dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UCK), l’organizzazione terroristica nata durante gli anni della guerra del Kosovo.
La Macedonia è un paese abitato circa al 25 per cento da albanesi e le tensioni etniche non sono certo una novità per una città come Kumanovo, che è la seconda più grande del paese. Il mese scorso un gruppo di circa quaranta albanesi provenienti dal Kosovo – che è invece un paese a maggioranza albanese – ha occupato per alcune ore una stazione di polizia nel villaggio macedone di Gosince, vicino al confine col Kosovo, chiedendo la creazione di uno stato albanese in Macedonia. Nel 2001 una rivolta degli albanesi macedoni si concluse con un accordo di pace che portò a un maggior riconoscimento dei diritti degli albanesi nel paese. Sono stati proclamati due giorni di lutto nazionale in onore dei poliziotti uccisi durante gli scontri, mentre il presidente Gjorge Ivanov ha convocato un consiglio straordinario per discutere, anche con i capi dell’opposizione, le strategie per difendere il paese da attacchi di questo genere.
Intanto gli scontri di sabato si inseriscono in un contesto più ampio di tensioni politiche che stanno interessando la Macedonia ormai da giorni, per quanto le due cose non siano direttamente collegate. Martedì 5 maggio circa 2.000 manifestanti si sono scontrati con la polizia fuori dall’edificio del governo di Skopje, la capitale della Macedonia. Chiedevano le dimissioni del primo ministro, Nikola Gruevski, coinvolto in un recente scandalo causato dalla pubblicazione di alcune registrazioni audio. Nikola Gruevski, conservatore, è al potere da nove anni e è stato coinvolto di recente in un conflitto con il leader socialdemocratico dell’opposizione Zoran Zaev. Zaev ha diffuso una serie di file audio in cui si sentirebbero Gruevski e altri importanti funzionari discutere per favorire e trovare un posto di lavoro ad alcuni rappresentanti del partito al governo (VMRO-DPMNE) nell’amministrazione pubblica. In un’altra conversazione diffusa da Zaev, Gruevski e il suo ministro degli Interni avrebbero tentato di coprire la morte di un ragazzo di 22 anni, picchiato da un agente di polizia durante i festeggiamenti post elettorali del 2011 (l’agente è stato poi condannato a 14 anni di carcere per omicidio). Il primo ministro ha sempre negato le accuse dicendo che si tratta di un complotto straniero contro il suo governo allo scopo di sfruttare un tragico evento per ottenere un guadagno politico.
Fonte: Il Post
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