Magazine Cultura
Ogni volta che chiudo un libro di Mario Calabresi non riesco ad impedirmi di sentirmi un'idiota almeno per qualche minuto. E sono abbastanza sicura che il suo intento sia proprio questo, ovvero dire alle persone di smettere di piangersi addosso, di rimboccarsi le maniche e di pensare a costruirsi un futuro. Un futuro che bisogna costruirsi e inventarsi anche se la situazione moderna, politica e sociale, non è sicuramente delle più rosee. Lamentarsi non serve a niente, non ci aiuterà a trovare lavoro, ad avere uno stipendio fisso o a essere soddisfatti della propria vita. Sono i sogni che ci servono. Quelle passioni che abbiamo da quando siamo nati e che fanno parte di noi. Quei sogni che troppe volte lasciamo chiusi in un cassetto per paura di osare, di provare, di fare...
Mario Calabresi, seguendo la stessa formula già utilizzata per "La fortuna non esiste", ovvero un insieme di piccoli saggi, che sono in realtà storie di persone comuni che ce l'hanno fatta, ci mostra come non è vero che nel passato si stava meglio, sfatando un po' il mito de "si stava meglio quando si stava peggio" e mostrandoci la felicità e la passione di chi ha inseguito i propri sogni. A parlare, a raccontare questa voglia di riuscire e la felicità che ne consegue, sono diversi personaggi, alcuni più noti, altri meno. Colpisce è ad esempio quanto racconta Umberto Veronesi, pioniere nella cura del cancro, che fino agli anni 80 rappresentava una sentenza di morte certa. Certo, ancora oggi si muore di tumore, ma in percentuale drasticamente ridotta (argomentazione che fa ancora più effetto ad esempio nel saggio in cui a parlare Giuseppe Masera, medico specializzato in leucemia infantile). Fa sorridere e riflettere invece la storia Amal Sadki, che ha 13 anni ed è nata in Italia, ama il cous cous e i gnocchi al pesto, ed è stata scelta per rappresentare dalla sua scuola per rappresentare la Liguria per i festeggiamenti dei 150 anni dell'Unità d'Italia. Una bambina che ama studiare, che vuole diventare medico e di cui i genitori sono molto orgogliosi. Curiosa è stato invece scoprire, per me che adoro GROM, come è nata questa gelateria: due ragazzi neanche trentenni hanno deciso di inseguire un sogno, basandosi su un principio che ha fatto scuola: la qualità assoluta delle materie prime. Un principio che può sembrare quasi banale e scontato ma che mai prima del 2003, anno in cui è nata la prima gelateria a Torino, era stata considerata e che ne ha decretato il successo. Così come è stato piacevole leggere di come Mario Calabresi è diventato giornalista, di quando appena laureato cercava in ogni modo di lavorare per un giornale, di come ha dovuto spendere tutti i suoi risparmi per andare in cerca di lavoro, di come abbia osato (bellissimo l'aneddoto su Bossi) e rischiato. E dove è arrivato lo sappiamo tutti. A queste storie se ne aggiungono molte altre, altrettanto significative e tutte con lo stesso principio: ce la si può fare, se si seguono i propri sogni e le proprie passioni. Non bisogna avere paura di rischiare, non bisogna nascondersi troppo dietro alla scusa della brutta situazione attuale per giustificare la propria paura di osare. Non bisogna lasciarsi scoraggiare da un futuro che a prima vista potrebbe sembrare nebuloso, perché siamo noi (SOPRATTUTTO NOI GIOVANI) a decidere come, quando e quanto schiarirlo. Certo, forse a volte Mario Calabresi la fa un po' facile. Ci sono ragazzi che sognano, ragazzi che osano e che rimangono delusi lo stesso. Ma purtroppo ci sono anche ragazzi (e temo di farne parte) che si sono dimenticati come si fa a sognare, che si sono abbattuti dopo i centinaia di curricula rimasti senza risposta, che sono stanchi di sperare e di osare. O che semplicemente ancora non hanno capito che cosa vogliono.
Una ventata di ottimismo, assolutamente da leggere, che è anche un buon incoraggiamento a non arrendersi di fronte alle difficoltà e a osare. Merita!
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