E di lui potete dire di tutto, per esempio che è un insensibile che non nota che ciclicamente ha a disposizione uno shampoo diverso sulla mensola angolare della doccia malgrado il flacone precedente non fosse esaurito, anzi era quasi pieno, per poi tornare in auge qualche giro di prodotti dopo e tutto perché in casa si seguono le stagioni dei capelli di sua moglie allo stesso modo in cui si pratica la rotazione delle colture, che poi andando alla radice – non dei capelli – tutto è deciso dalla disponibilità di coiffeur convenienti su Groupon anche dall’altra parte della città. Si, stavo parlando di me in terza persona per non fare quello che è sempre protagonista delle storie.
Comunque, tornando all’egli, in altri frangenti sta molto attento a cose come non lasciare l’auto con le quattro frecce dove non si può, piuttosto aspetta in macchina ed è da lì che vede seduti ai tavolini all’aperto del chiosco i due di prima, attenti che rischiate di prendervi una grandinata se oggi alle cinque fa come ieri e come ieri l’altro. Era fermo al semaforo ed erano passati a fianco, con il finestrino giù aveva sentito lei dire una cosa come “e ora potresti anche abbracciarmi un po'” e lui, di poco più alto, aveva fatto un tentativo ma vedendosi riflesso nella vetrina dell’agenzia viaggi – avete presente quelli che si abbracciano e tengono gli occhi aperti poggiando il mento sulla spalla altrui – aveva pensato alla partenza per le ferie programmata per l’indomani.
L’ultimo giorno prima delle vacanze funziona un po’ così, il back-up, le ciabatte spente per risparmiare dai dispositivi che altrimenti restano in stand-by, un controllo alle finestre. Si esce pure prima ma poi fuori sembra novembre e c’è una specie di tifone nell’aria, non lo diresti mai che stai per passare ventun giorni con quel tempo lì e senza lavorare. L’espositore dei Viaggi del Ventaglio sembra un po’ il poster che Baglioni cantava per andare lontano, così si vede e si stacca immediatamente proprio con la scusa di una folata di vento che non è nemmeno la più violenta.
Insomma poi li ritrovo lì al chiosco con due Becks stappate davanti e mi sembra che la situazione si sia fatta più drammatica ma non posso continuare a spiare, arriva l’82 che se non mi sposto non ci passa, lascio attraversare quel tizio glabro sulla settantina che gira sempre con il berretto militare, la camicia nera e i pantaloni mimetici e che poi, quando gli ho lasciato il posto in cabina alle primarie del PD, volevo chiedergli scusa per averlo sempre creduto un nazifascista, quindi metto la prima e agevolo lo scorrimento fluido del traffico.
Finisce che poi ci troviamo tutti alla fermata dell’82. Io ancora a fare l’autista, l’82 a scambiare passeggeri in entrata e in uscita, c’è pure un controllore che scruta sorpreso un viaggiatore senza biglietto che non ne vuole sapere di mostrare il documento e lo sfida a chiamare i Carabinieri. Ricompare infine quella specie di coppia mentre il cielo è sempre più nero e il vento è sempre più forte. Ora sono in piedi, si vede che lui sta per andare da un’altra parte restando a terra mentre lei salirà sull’autobus e non capisco se pianga o se si tratti di un effetto del mio parabrezza bagnato.
Lui fa di no con la testa, come a sottolineare il fatto che ci sia qualcosa che non sia vero, o qualcuno che non ha capito. Quando l’82 si allontana con lei che è salita su qualche istante prima che si chiudessero le porte, lui si siede sotto la pensilina perché si sta rovesciando un intero set di nuvole color cenere, estrae un telefono modernissimo dai bermuda con i tasconi e si vede che la chiama perché lei, che è seduta in fondo all’autobus che sta percorrendo il rettilineo, la vedo rispondere, sorridere e voltarsi indietro, verso il capolinea.