Niente di nuovo a prima vista. La visione di Cose nostre – Malavita (The Family il ben più significativo titolo originale) sembra infatti regalare soltanto l’ennesimo film sulla mafia e sui gangster. Questa volta però staremo dalla parte dei “cattivi”. Robert De Niro è il capo di un particolare nucleo familiare che saprà accattivarsi le simpatie dello spettatore e ci darà dieci motivi (in perfetto stile David Letterman) per considerarlo un “bravo ragazzo”. Tratta dal romanzo Malavita (2004) del francese Tonino Benacquista (pubblicato in Italia nel 2013 dalla casa editrice Ponte alle Grazie) e diretta da Luc Besson, la pellicola si presenta come una commedia nera, ricca di ironia e sarcasmo, che racconta le vicende della famiglia del boss Giovanni Manzoni costretta a spostarsi continuamente e a ricominciare sempre daccapo poiché soggetta al programma protezione testimoni. Il continuo girovagare e i continui cambi di identità sono anche e soprattutto dovuti al caratterino dei componenti della famiglia che non riescono a tenere un profilo basso e a passare inosservati. E così, nonostante la guardia attenta dell’agente dell’FBI Robert Stansfield (un sempre bravissimo Tommy Lee Jones), osserviamo i nostri protagonisti passare come un ciclone sul paesino della Normandia che li ospita e li conosce come Blake (ad esempio, mamma Maggie – una splendida Michelle Pfeiffer – fa saltare in aria un supermercato perché indispettita dall’antipatico gestore, il figlio in breve tempo prende il dominio della nuova scuola ricattando alunni ed insegnanti e la figlia, invece, protetta da un visino angelico, picchia senza pietà chi le ruba il portamatite o cerca di molestarla). Ed è forse in questo incontro-scontro tra due realtà che più distanti non potrebbero essere che l’opera trova la sua ragione di essere, nel mostrare appunto questi personaggi che per non smarrire la propria identità non possono far altro che comportarsi da criminali.
Il film ci presenta pertanto una famiglia fuori dal comune che tenta di vivere la propria (mala)vita in una zona tranquilla (fin troppo, almeno fino al loro arrivo). Ovviamente finiscono per essere osservati: e del resto da vicini americani ci si aspetta di tutto e se sanno anche cucinare bene la pasta si comincia a sospettare! Ecco serviti i cliché degli italo-americani mafiosi e la loro copertura sarà messa alla prova anche dai tanti curiosi che si uniranno ad un barbecue organizzato dai Blake per “ficcanasare” un po’ sui loro segreti. Perché non sai mai chi abita dall’altra parte del vialetto e qualcosa quei tipi così strani la nasconderanno di sicuro! Non mancano poi riferimenti al grande Martin Scorsese (qui nelle vesti di produttore) ed al suo capolavoro Quei bravi ragazzi. Se parecchi momenti strizzano l’occhio al film di Scorsese non è solo per la presenza del grande De Niro: a Besson riesce anche un divertente giochino metacinematografico quando il nostro protagonista, fintosi scrittore (una sorta di autoanalisi portata avanti mettendo nero su bianco le proprie memorie), si ritrova a commentare per un cineforum la pellicola che più lo rappresenta e in cui totalmente si riconosce. Ed allora non può non fare sue le parole del Ray Liotta di Goodfellas: «Che io mi ricordi, ho sempre voluto fare il gangster».
Ben presto comunque le situazioni più grottesche dovranno lasciare spazio ad una notte di sangue in cui i Blake sapranno dimostrare di non aver dimenticato di che pasta sono fatti. Qui il film cambia tono e si toccano le corde del dramma sia con la tormentata vicenda d’amore della figlia, sia con l’arrivo dei malavitosi che, venuti ad eliminare la nostra simpatica famigliola, appaiono inarrestabili ed invincibili (come fossero gli esecutori di una sorta di fato inesorabile e crudele che non può non compiersi). I colpi d’arma da fuoco però non spazzeranno del tutto via il divertimento e le scene ai limiti dell’assurdo. Le scene violente sono comunque ridotte al minimo, mai del tutto esplicitate, ed il film scorre senza risultare in tal senso mai “pesante” ed offrendo così un punto di vista ironico anche lì dove si nasconde il pericolo. In conclusione, Cose nostre – Malavita è opera piuttosto riuscita che, in bilico tra dramma e commedia nera, vale sicuramente due ore del vostro tempo.