E Besson esperto lo è sicuramente, sa cosa piace al pubblico e sa come fargli piacere persino quel che non è cucinato con ingredienti di prima qualità. Ma questo, va detto, non è assolutamente il caso di "Cose Nostre: Malavita", il romanzo di Tonino Benacquista da cui è tratta la pellicola che riporta il regista francese dietro la macchina da presa e che - usando una frase comune alla mafia - per lui equivale ad un colpo facile e sicuro a cui rinunciare sarebbe stato difficile e poco intelligente. Nessuna svista da parte della vecchia volpe Luc quindi, che dopo aver visto accettarsi il copione da Robert De Niro, Tommy Lee Jones e Michelle Pfeiffer è tornato sui suoi passi, sbarazzandosi in men che non si dica della lista dei papabili registi a cui aveva pensato di affidare il progetto, posizionando lui stesso in prima linea.
Dirigere una ganster-comedy accattivante e piacevole d'altronde non è qualcosa che capita tutti i giorni e lo stesso vale quando puoi dire di avere Martin Scorsese arruolato produttore esecutivo. "Cose Nostre: Malavita" infatti è stato appoggiato cinematograficamente da chi il tema della criminalità nella sua carriera lo ha calcato e affrontato con classe, dai grandissimi vecchi, che nel riprendersi i ruoli che li hanno resi celebri in giovinezza non si son fatti pregare troppo, ironizzandoci un po’ su ora che l'età avanza e sorreggendo la cosa con un velo di leggerezza e sottilissima rievocazione. De Niro dunque può tornare a mettere la maschera del mafioso senza risultare macchietta (come fu in "Terapia e Pallottole"), un mafioso pentito, che ha voglia di mettere per iscritto la sua storia ora che è finito sotto protezione testimoni insieme alla moglie Pfeiffer e ai due figli adolescenti (bravissimi a badare a loro stessi) per aver venduto i "vecchi amici" del giro all’FBI che adesso li sorveglia e tutela tramite l'agente burbero e severo Tommy Lee Jones ed il suo team.
Non essere riuscito a resistere alla tentazione di farsi coinvolgere dall'elemento comodo e consumato della resa dei conti conclusiva conduce però Besson a non smentirsi mai ancora una volta. Come cuoco ribadisce di preferire per il suo ristorante un menù con ricette semplici e poco rischiose, non osando neppure quel tantino che basta e che poteva essergli utile a guadagnare una stellina in più sulla famosa guida dedicata. Punta sulla simpatia lui, magari accaparrandosi il cliente con una battuta di spirito che vede omaggiare Martin Scorsese e uno dei suoi cavalli di battaglia mentre Robert De Niro gli fa da spalla. L'effetto presa ovviamente riesce e, pur senza eccessi, l'astuto Luc strappa sorrisi e strette di mano assicurandosi per la sua attività un futuro prospero e sano. Mai in perdita, nonostante la crisi.
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