Ho deciso di titolare il mio post in questo modo dopo la segnalazione della mia collaboratrice Pina, la quale mi informa che Cosenza è tappezzata da questi cartelloni.
La Fiera dell’edilizia di Cosenza si pubblicizza con un’immagine femminile sessualizzata e ammiccante che nulla a che fare con la fiera ma molto con la pornografia.
Purtroppo si sa che in Italia le donne non vengono nemmeno assunte come muratori, in quanto vige quella discriminazione che ancora lo vede come un lavoro prettamente maschile, ragion per cui chiunque si sente legittimato a pubblicizzarsi in questo modo aggravando le gravi discriminazioni contro le donne sul lavoro.
Si tratta di svilimento professionale che ci colpisce quando andiamo a cercare lavoro e quando ci troviamo rappresentate in questo modo.
Nel nostro Paese le donne vengono svilite in tutte le professioni, anche quelle considerate femminili: dalla dottosessa sexy, che trova largo immaginario nelle fantasie erotiche maschili e che purtroppo sono andate a creare quella cultura che vede le dottoresse come dei corpi da abusare come testimoniano le tante denuncie, alla maestra ammiccante dei film di Pierino fino ai “lavori prettamente maschili” e allo sport.
Insomma, pare impossibile immaginare che la donna lavori senza essere rappresentata come un oggetto sessuale alla mercè di chiunque, come una prostituta (perchè nella mentalità occidentale, se una donna esce di casa per cercare lavoro viene automaticamente bollata come una puttana).
Non è un caso se l’unico “mestiere” che in pubblicità (non parlo di porno e di milf) non ci rappresenta come oggetti è quello della mamma o la casalinga, perchè secondo l’immaginario collettivo la mamma/moglie è sacra e non può avere una sessualità da ostentare, non perchè ha una dignità propria da difendere ma per difendere l’onore del marito.
Se fossi a Cosenza avrei tapezzato tutti i cartelloni con le etichette della Guerrilla Art di Lara e poi vedremo se qualcuno noterà ma che tutto ciò rappresenta un’attacco alla dignità femminile.
Intanto direi che bisognerebbe anche contattare i comuni (chedendogli di impegnarsi a promuovere l professioni femminili e arginare le discriminazioni di genere), l’azienda e lo Iap. Ora basta!
Mary