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Così è deciso

Creato il 16 giugno 2011 da Marinobuzzi

Immaginate una coppia eterosessuale che decide di sposarsi. L’uomo e la donna si amano, forse hanno anche dei figli, portano avanti quello che la chiesa indica come “progetto divino”. Poi immaginate che, a un certo punto della propri vita, uno dei due coniugi decida di cambiare sesso e l’altro scelga di rimanergli accanto.
Secondo voi cambia qualcosa? L’amore, l’affetto, l’amicizia, la tenerezza che c’era prima del cambio di sesso svanisce? Il fatto che ci sia stato un cambio di sesso implica, necessariamente, la fine dell’amore?
È molto semplice, in questa cultura costruita dal maschio, etichettare e definire corpi e sentimenti. Se hai il pene sei un uomo e, come tale, devi amare le donne. Se hai la vagina, al contrario, sei una donna e devi amare un uomo.
Non esistono eccezioni, non ci sono sfumature.
O è bianco o è nero.
È ciò che deve aver pensato il giudice che ha annullato, d’ufficio, le nozze fra Alessandra Bernaroli e la sua compagna.
Nessun giudice annullerebbe mai un matrimonio fra persone di sesso opposto, non accade neppure nei casi di grave violenza di un coniuge sull’altro. Eppure questo matrimonio, un matrimonio che la chiesa e lo stato considerano contro natura, è stato annullato.
Secondo i giudici tutto quello che c’era prima del cambio di sesso è stato annullato da un’operazione chirurgica.
Anche questo, purtroppo, significa essere omosessuali (ma forse anche no, non sappiamo in effetti se Alessandra si consideri omosessuale o meno) in questo paese.
Non esistono diritti, le rivendicazioni non vengono accettate, per avere un minimo di visibilità dobbiamo ricorrere a stratagemmi mass mediali.
Non siamo persone, insomma.
Si nega il problema dell’omofobia, si nega la necessità di tutelare le persone GLBT, si nega il diritto all’amore e alla legalizzazione dello stesso.
La società dell’uomo, maschilista e omofoba, ci nega il diritto ad esistere.
Ci nega il diritto ad essere.
È come se ci dicessero: “esistete, ma non fate troppo rumore”.
Inutile negare che la maggior parte delle colpe va alla cultura oppressiva della chiesa e alle posizioni omofobe dei vertici vaticani e di buona parte della classe politica. Le reazioni isteriche e violente che queste persone hanno ogni volta che si parla di diritti e uguaglianza ne sono una chiara dimostrazione.
Rimango dell’idea che una parte di colpa va anche a noi persone GLBT, incapaci di creare una vera e propria lobby in grado di opporsi a una cultura sessista e omofoba che ci nega, ogni giorno, un pezzetto di vita.
Marino Buzzi


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