Einaudi *Einaudi. Stile libero big* (2011), 122 pagine, euro 14,50
È il momento di cominciare a raccontare daccapo la vita com’è.
Un libro sulla morte per parlare di vita, di tempo, di occasioni da cogliere.
Concita De Gregorio, donna – prima che giornalista, scrittrice, direttrice – saggia e di poche, ma fondamentali parole, anche questa volta (come in tutti i suoi interventi detti e scritti) centra perfettamente l’argomento e il modo in cui trattarlo.
Un libro dolcissimo che tocca un tabu più tabu del sesso – non pronunciare la formula per scongiurare l’incantesimo – la morte, in modo vivo, appassionato, che toglie la paura e allontana i fantasmi. Un libro che parla all’intimo di ognuno di noi, alle nostre esperienze, l’incontro con la morte che per quasi tutti inevitabilmente è avvenuto da bambini, portandoci per mano a conoscere il tema e affrontarlo, piuttosto che aggirarlo, come si fa sempre soprattutto con i più piccoli.
Ne viene fuori una visione non più solo consolatoria della morte, ma solare. A prescindere dal credo, dalla religione che vuole una vita dopo la morte (forse anch’esso espediente consolatorio), si legge la morte per leggere – e scrivere – la vita.
Un percorso che Concita De Gregorio vuole generosamente condividere con noi, raccontandoci di esperienze vissute, film, libri incrociati, visti, letti, amati; di persone – personaggi famosi e persone comuni che hanno qualcosa da dire, raccontare (gli anziani del suo condominio, i bambini) – che ha incontrato. Tutti “incontri” che hanno lasciato il lei una traccia che possiamo cogliere e seguire per intraprendere anche noi un cammino diverso.
Procedendo fra i capitoli, si percorrono strade che sembrano non avere a che fare con la morte, ma che in qualche modo sono legate a essa: la caducità del corpo più che della mente, la vecchiaia, da combattere a ogni costo (con diete, chirurgia, ideali di eterna giovinezza che toccano tutte le fasce sociali) come a voler allontanare e scongiurare l’arrivo della morte. Che prima o poi viene per tutti; come dicono le nonne, “Nella vita di sicuro c’è solo la morte”.
Ci sono libri che cambiano la vita. Una frase che per certi versi può risultare retorica, ma che in questo caso è vera e concreta. Forse non passerà la paura della morte, ma si vedranno la vita e la morte sotto un altro punto di vista. Alla fine, come ci dice Concita attraverso le parole della favola L’anatra, la morte e il tulipano, la morte può essere una compagna che ci cammina accanto, nel caso ci succedesse qualcosa e alla fine ci conduce teneramente verso l’ultimo viaggio.
Staccandosi per un momento dal senso del libro e dall’affetto che scaturisce sincero e inevitabile nei confronti della scrittrice, come se si fosse con lei davanti a un camino acceso e un bicchiere di vino in mano, potente spicca il contrasto stilistico fra i suoi editoriali, articoli e questo dolcissimo libro (saggio? Esperienza condivisa? Niente etichette per una volta).
Fermi, razionali, duri, misurati nella scelta delle parole, che bruciano di passione, di rabbia, che incitano, che sollevano i pezzi da giornalista pura; lirico, leggero, equilibrato il libro, dettato dal cuore, che a volte piega il suo volere alla tecnica e a volte rompe gli argini dello stile e va, libero di esprimersi e di emozionare chi legge.
Il libro si chiude con una Appendice incompleta dei libri memorabili, come a voler chiudere il cerchio di consigli, letture, film che adesso non possiamo non seguire, leggere, vedere.
Tempo fa avevo chiesto a una psicologa di parlare del modo di comunicare alla mia bambina la perdita delle persone care; non ne abbiamo parlato. Ma un po’ di risposte le ho trovate qui. Grazie Concita. Di cuore.
COMMENTI (1)
Inviato il 06 gennaio a 11:00
Ho acquistato e letto il libro in oggetto, che devo dire mi è piaciuto, salvo alcuni capitoli un po' lenti e noiosi, ma la cosa che mi ha stupito è il titolo: COSÌ è accentato in modo sbagliato, è un refuso o che cosa?