Come una città in crescita, la galassia che ci ospita si è formata dal centro fino ai sobborghi della più esterna periferia. È l’ultimissima scoperta di un gruppo internazionale di astronomi, che ha utilizzato i dati raccolti dal progetto Gaia-ESO (un’indagine spettroscopica su circa 100 mila stelle a cui partecipano 40 ricercatori INAF di sette osservatori, Arcetri, Bologna, Catania, Napoli, Padova, Palermo e Torino) per studiare l’origine della Via Lattea. E la risposta è stata chiara: le stelle più antiche sono quelle che oggi si trovano nelle regioni più interne. Utilizzando misurazioni ottenute dal Very Large Telescope, i ricercatori hanno individuato gli elementi chimici all’interno delle stelle prodotti più velocemente, in particolare il magnesio. Ne è risultata una classifica di “metallicità”, corrispondente alla differente quantità di elementi diversi da idrogeno ed elio, i due componenti principali delle stelle. Infatti subito dopo il Big Bang l’Universo era formato quasi interamente da questi due elementi, mentre il livello di “metalli contaminanti”, altri elementi più pesanti, crebbe lentamente nel tempo. Per questo le stelle più vecchie contengono complessivamente meno elementi, e di conseguenza hanno minore metallicità. “I diversi elementi chimici che formano le stelle – e noi stessi – hanno caratteristiche e tempi di evoluzione diversi” spiega Gerry Gilmore,Co- leader del progetto Gaia-ESO insieme a Sofia Randich dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri. “Alcuni si formano in stelle massive che si evolvono velocemente e muoiono giovani, altri in stelle come il Sole, con cicli di vita di svariati miliardi di anni”. Le stelle più grandi, che hanno vite brevi alla fine delle quali esplodono in supernovae, durante le loro ultime convulsioni producono una quantità elevata di magnesio: è così che può avere origine una stella di neutroni, un buco nero o persino una stella completamente nuova. Il gruppo di Gilmore ha dimostrato che le stelle più vecchie all’interno del cerchio solare, l’orbita di 250 milioni di anni circa che compie il Sole attorno al centro della Via Lattea, hanno livelli più alti di magnesio. Il che suggerisce che in questa zona ci sono più corpi celesti appartenenti alle stelle massive della categoria “si evolvono velocemente e muoiono giovani”. Al contrario, le stelle che si trovano in altre zone del disco galattico si sono formate più tardi, e contengono un livello di magnesio sorprendentemente basso se confrontato con la loro metallicità. Questa scoperta evidenzia differenze fondamentali nell’evoluzione stellare attorno al disco della Via Lattea, che nel corso dei millenni ha avuto una vera e propria formazione dall’interno verso l’esterno. “Abbiamo mostrato che le regioni più esterne del disco ci hanno messo molto più tempo a formarsi” dice infatti Maria Bergemann dell’Institute of Astronomy di Cambridge, prima firma dello studio che sarà pubblicato su Astronomy and Astrophysics. “Questa scoperta dà ragione ai modelli teorici secondo cui il disco galattico è stato originato da dentro a fuori”. Ma la conferma definitiva arriverà nel giro di un paio d’anni, sostiene il gruppo di ricerca di Gaia-ESO. Si aspetta cioè il confronto con i dati raccolti dall’omonimo satellite Gaia, in viaggio da un mese nella Via Lattea per fornire un’immagine senza precedenti della nostra galassia. Solo allora il quadro della città galattica in cui viviamo sarà davvero completo. Fonte: www.media.inaf.it
Come una città in crescita, la galassia che ci ospita si è formata dal centro fino ai sobborghi della più esterna periferia. È l’ultimissima scoperta di un gruppo internazionale di astronomi, che ha utilizzato i dati raccolti dal progetto Gaia-ESO (un’indagine spettroscopica su circa 100 mila stelle a cui partecipano 40 ricercatori INAF di sette osservatori, Arcetri, Bologna, Catania, Napoli, Padova, Palermo e Torino) per studiare l’origine della Via Lattea. E la risposta è stata chiara: le stelle più antiche sono quelle che oggi si trovano nelle regioni più interne. Utilizzando misurazioni ottenute dal Very Large Telescope, i ricercatori hanno individuato gli elementi chimici all’interno delle stelle prodotti più velocemente, in particolare il magnesio. Ne è risultata una classifica di “metallicità”, corrispondente alla differente quantità di elementi diversi da idrogeno ed elio, i due componenti principali delle stelle. Infatti subito dopo il Big Bang l’Universo era formato quasi interamente da questi due elementi, mentre il livello di “metalli contaminanti”, altri elementi più pesanti, crebbe lentamente nel tempo. Per questo le stelle più vecchie contengono complessivamente meno elementi, e di conseguenza hanno minore metallicità. “I diversi elementi chimici che formano le stelle – e noi stessi – hanno caratteristiche e tempi di evoluzione diversi” spiega Gerry Gilmore,Co- leader del progetto Gaia-ESO insieme a Sofia Randich dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri. “Alcuni si formano in stelle massive che si evolvono velocemente e muoiono giovani, altri in stelle come il Sole, con cicli di vita di svariati miliardi di anni”. Le stelle più grandi, che hanno vite brevi alla fine delle quali esplodono in supernovae, durante le loro ultime convulsioni producono una quantità elevata di magnesio: è così che può avere origine una stella di neutroni, un buco nero o persino una stella completamente nuova. Il gruppo di Gilmore ha dimostrato che le stelle più vecchie all’interno del cerchio solare, l’orbita di 250 milioni di anni circa che compie il Sole attorno al centro della Via Lattea, hanno livelli più alti di magnesio. Il che suggerisce che in questa zona ci sono più corpi celesti appartenenti alle stelle massive della categoria “si evolvono velocemente e muoiono giovani”. Al contrario, le stelle che si trovano in altre zone del disco galattico si sono formate più tardi, e contengono un livello di magnesio sorprendentemente basso se confrontato con la loro metallicità. Questa scoperta evidenzia differenze fondamentali nell’evoluzione stellare attorno al disco della Via Lattea, che nel corso dei millenni ha avuto una vera e propria formazione dall’interno verso l’esterno. “Abbiamo mostrato che le regioni più esterne del disco ci hanno messo molto più tempo a formarsi” dice infatti Maria Bergemann dell’Institute of Astronomy di Cambridge, prima firma dello studio che sarà pubblicato su Astronomy and Astrophysics. “Questa scoperta dà ragione ai modelli teorici secondo cui il disco galattico è stato originato da dentro a fuori”. Ma la conferma definitiva arriverà nel giro di un paio d’anni, sostiene il gruppo di ricerca di Gaia-ESO. Si aspetta cioè il confronto con i dati raccolti dall’omonimo satellite Gaia, in viaggio da un mese nella Via Lattea per fornire un’immagine senza precedenti della nostra galassia. Solo allora il quadro della città galattica in cui viviamo sarà davvero completo. Fonte: www.media.inaf.it
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