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Così la Cgil esce dal fortino...

Da Brunougolini

Così la Cgil esce dal fortino...
Non è certo, questo della Cgil, un congresso di nostalgici di un passato non resuscitabile. Senti gli interventi, di decine di funzionari e delegati, e capisci la voglia di uscire dalla “palude” (questa sì “palude”) delle rampogne e delle incomprensioni, per testimoniare quel che davvero si fa per cambiare se stessi, il proprio operato, i propri strumenti, per cambiare meglio il Paese. Nessuno – non solo l’appassionato e spesso lucido leader dei metalmeccanici Landini - è contento di come va il mondo e di come va il sindacato. Non solo lui ha voglia di atti veri e concreti per rivoluzionare anche il sindacato. E il cronista non può non ricordare i lontani assilli di Lama per passare dai contratti alle riforme, le voglie di rifondazione di Pizzinato, le sofferenze di Trentin onde combattere gli interni “mali oscuri” e le sue decisioni spesso impopolari mirate a creare un nuova strategia che collegava la persona al movimento.
Ora siamo, nella tempesta della crisi, a un nuovo crocevia. Rimarrà deluso chi presta tutta la sua attenzione al peso maggiore o minore del tempo dedicato al rapporto nervoso col poco cortese presidente del Consiglio. Anche se tutti applaudono quando Mirko reduce da Piombino gli ricorda che “quando si corre si rischia d’inciampare”. Ma il modo migliore per interloquire con Renzi, senza imporgli quella terribile prova della “concertazione”, appare riassunto nella proposta di Susanna Camusso che sta diventando unitaria. Sono le quattro riforme: pensioni, ammortizzatori sociali, fisco, “lavoro povero” (compreso il lavoro atipico e precario). Una scesa in campo che potrebbe far ritrovare fiducia ed energia a tanti delusi.
E’ la ricetta della proposta e dell’innovazione che prende piede. Uno degli esempi che più colpisce è quello del pubblico impiego, la macchina dello Stato. Qui la sfida del governo è accettata, purché non si intenda, come pretende Rossana Rettori, segretaria della “Funzione Pubblica”, ripercorrere i sentieri sdrucciolevoli dell’ex ministro Brunetta Qui ai rivendica una primogenitura. Ovvero proposte, piani, avanzati da tempo senza nascondere anacronismi, sedimentazioni burocratiche in cui anche i rappresentanti sindacali spesso sono coinvolti. Se si vuole però entrare in quel mondo complesso e agire non si può fare a meno di allearsi con le forze sane presenti.
E’ uno dei passaggi del crocevia imboccato dalla Cgil con il suo processo di critica e autocritica. E forse almeno in questo le poco eleganti sferzate di Renzi non hanno provocato solo un far quadrato, un serrare le fila, un rinchiudersi nel proprio fortino. C’è stata sì la risposta piccata al più o meno presunto “riformatore” che vorrebbe riformare il lavoro, ignorando chi nel lavoro opera. Inizia così una nuovo percorso che può portare a traguardi importanti. Soprattutto facendo valere, nel discusso accordo sulla rappresentanza, quel che esso offre: la possibilità finalmente di sapere chi rappresenta chi, con la fine degli accordi separati dando l’ultima parola a tutti coloro che sono l’ossatura del sindacato ovvero donne e uomini artefici del lavoro. Spero che alla fine anche Landini e la Fiom si convincano, almeno, che per esempio nell’esperienza reale si potranno portare correzioni. E che la Cgil ha bisogno di loro e loro hanno bisogno della Cgil. Per far fronte al “terremoto” (parola sempre di Landini) che rischia di travolgere tutti.
Bruno Ugolini

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