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Così parlò Zarathustracoop

Da Trentinowine

Zarathustra_FollowersDopo aver sentito il lamento del presidentissimo sulla scarsa partecipazione dei cooperatori a Comano e dopo aver letto del corvo  che scrive a Cavit & C. cose di cui nessuno sentiva il bisogno, ecco il big dei big che auspica pure lui la rifondazione del sistema sul periodico di casa, Cooperazione trentina, ripreso da Enrico Orfano sul Corriere del 12.12.12.

Concreto e risoluto come sempre, l’AD uscente di Mezzacorona, si è accorto che si sta perdendo un patrimonio, che si sta facendo un errore verso le future generazioni e che occorre rivitalizzare e far tornare entusiasmo ai giovani cooperatori. Parole sante, ma non nuove. O meglio: quanti hanno fin qui evidenziato situazioni critiche e proposto ricette per tornare sulla retta via sono stati sistematicamente sconfitti e ricacciati nei ranghi, mentre qui – a fronte di un’analisi condivisa – la ricetta è di inforcare tutti e con decisione la strada capitalistico-cooperativa che tanto denaro ha riversato nelle tasche dei soci del gruppo rotaliano. Essendo i soldi il fine ultimo di questo modello.

Banalizzando un po’ potremmo dire che esser riusciti a vendere ai soci azioni di società di cui erano già proprietari, non è cosa da poco. Una fidelizzazione che diventa camicia di forza e quindi, sempre banalizzando, non c’è da meravigliarsi se nelle assemblee nessuno ha più alzato la mano. Invece il manager ora si lamenta, dopo averli incerottati perché non bisognava parlare al conducente. Oggi vanno responsabilizzati e alla loro formazione potrà provvedere lui, nella terza età.

Secondo Emile Durkheim “non è possibile che una funzione sociale (quale è anche quella cooperativa, ndr) sussista senza una disciplina morale. Perché in caso contrario, ci sarebbero soltanto gli appetiti individuali e, siccome essi sono per natura infiniti e insaziabili, se nulla li regola non potrebbero regolarsi da soli”. La crisi in atto non fa altro che confermare questo giudizio sociale e morale per cui va individuato un itinerario per una rinnovata coscienza etica anche nel cooperare affinché torni ad essere un modello da seguire.

L’inizio della crisi, infatti, si fa risalire alla deregulation che altro non è che la consapevole scelta di eliminare il ruolo delle regole, a fronte del liberalismo classico che ha sempre propugnato una cultura delle regole e il bilanciamento dei poteri. Parafrasando pensatori disincantati si potrebbe dire che un sistema economico e finanziario, pertanto, può dirsi buono se ad es. non crea conflitti d’interesse, se non manipola notizie ed informazioni oppure se non avvia processi che portino alla concentrazione e al monopolio. Come nel caso, sia detto sommessamente, dell’agricoltura trentina che è cooperativizzata al 90% o, ragionando più estesamente, all’invadenza del pubblico in ambiti che dovrebbero rapidamente tornare al privato.

E dire che l’illustre e misconosciuto roveretano Antonio Rosmini formulava già nel 1838 nella sua “Filosofia della politica” la seguente idea di sussidiarietà: “Il governo civile opera contro il suo mandato, quand’egli si mette in concorrenza con i cittadini, o colle società ch’essi stringono insieme per ottenere qualche utilità speciale; molto più quando, vietando tali imprese agli individui e alle loro società, ne riserva a sé il monopolio”.

Forse ai politici vecchi e nuovi, ai dirigenti pubblici e privati uscenti ed entranti, a soci vincolati e produttori singoli, converrà ripartire da qui.

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