cosmogonia non aprioristica: le prospettive dell’emesi in un contesto non strutturato come dolorosa riflessione della fragilità interiore

Creato il 16 luglio 2010 da Nefarkafka666

Lavorare nella grande azienda raramente si rivela utile in termini di crescita umana e professionale. Semmai avviene il contrario. Poiché i neuroni vengano sollecitati in modo scarso e solitamente con stimoli di pessima qualità, le conoscenza acquisite in tanti anni di università o di formazione vengono portate alla piattaforma ecologica mentale per l’opportuno smaltimento. Di esse non rimane che qualche traccia, qualche vago ricordo che più che altro serve a far nostalgia e a far rimpiangere tempi in cui si riteneva di essere destinati ad un lavoro interessante e gratificante.

Tutti gli stage effettuati, i master, i corsi di perfezionamento nella più disparate discipline vengono vaporizzati in breve tempo. Esattamente come un peto che, per quanto fetido possa essere, dopo un po’ non lascia tracce olfattive. In fondo una delle similitudini più amate dai dirigenti della grande azienda è quella del posto di lavoro come un unico grande organismo. Pertanto rassegnatevi: il vostro potenziale è come una puzzetta. Per quanto possiate esservi impegnati nel maturarlo e nello sprigionarlo nel giro di qualche tempo verrà dimenticato e soffocato da ben altri miasmi.

Alla grande azienda voi sarete visti e valutati non come persone in grado di fornire innovazioni e creatività ma solo ed esclusivamente come risorse umane dalle quali attingere in termini di produzione e profitto. Tendenzialmente le due prospettive non si escludono a vicenda ma considerando il livello di lungimiranza intellettuale della dirigenza le speranze di vedersi gratificati per il proprio apporto di idee sono drammaticamente inesistenti.

Anche uno dei termini più amati dalla grande azienda “valore aggiunto” è utilizzato sempre a sproposito e distorto in senso maltusiano. Visto in termini ragionevoli il valore aggiunto dovrebbe essere la capacità di una azienda nell’utilizzare lo specifico di ciascun dipendente (le sue competenze, il suo retroterra, etc.) collocando la persona giusta al posto giusto con conseguente soddisfazione di entrambi. In altri termini una persona che è brava in un determinato compito viene assegnata ad esso, lo svolge volentieri e bene: il risultato? Il lavoratore è contento perché fa quello che gli piace e l’azienda si frega le mani perché ha qualcuno che produce.

In realtà la grande azienda ha come unico idolo a cui prostrarsi quello del numero da raggiungere a tutti i costi per cui simili considerazioni vengono considerate come vaneggiamenti filosofeggianti da comunistoidi. La grande azienda vede i dipendenti come una meravigliosa ed ubbidiente mandria di bestiame in cui ciascun capo può essere indifferentemente assegnato a tirare l’aratro del premio di produzione per l’amministratore delegato o a far girare la macina del mulino del benefit del responsabile di produzione. Perché bisogna fare tanto e subito. Subito e tanto. E qui scatta nuovamente ed istintivamente la similitudine con l’unico grande organismo. Tanto e subito, subito e tanto senza badare ad altro. Come una scarica di diarrea che devi mollare immediatamente se vuoi salvaguardare la sacralità delle tue mutande.

Il valore aggiunto quindi, per il grande organismo aziendale, è ad esempio, lo straordinario che dai. In termini biologici il lassativo che prendi per fornire prestazioni fecali esplosive.

Altra prospettiva amatissima dalla grande azienda è quella dei tempi di produzione. Da contratto devi timbrare alle 6.00, il che vuol dire che dopo aver timbrato vai nello spogliatoio, indossi la tuta da lavoro e vai a lavorare. Però normalmente ti presenti dieci minuti prima, timbri, ti vai a cambiare e sei già alla tua postazione alle 5.55 con il sorriso tra il beato e l’inebetito del responsabile di produzione. I cinque minuti che dai (e che non ti vengono retribuiti) e la produzione che fai (e che non ti viene pagata) diventano il valore aggiunto del quale tu e tutti i tuoi colleghi dovreste orgogliosamente ed aziendalmente essere fieri (oltre ad essere la ragione del sorriso da eroinomane soddisfatto del superiore di cui sopra). Tuttavia se un giorno timbri alle 5.59 e ti presenti alla postazione alle 6.04 il tuo capoturno di guarda come un gerarca nazista guardava uno zingaro omosessuale. E se un giorno timbri alle 6.01 perché hai avuto un improvviso attacco di diarrea e ti presenti alla postazione alle 6.06 devi firmare un permesso per farti decurtare i sei minuti.

Da ciò si deduce che il mondo della grande azienda accoglie in sé gli insegnamenti del relativismo scientifico e filosofico del Novecento: per la grande azienda il valore aggiunto è pinguedine dorata, mentre per chi ci lavora non è che la cifra che viene spesa in vaselina e supposte.


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