"Cosmologia e Cosmogonia Induista"
Da Risveglioedizioni
La cosmologia induista è la versione presentata da questa cultura per quanto riguarda la creazione, l’evoluzione, la fine dell’universo, ma anche la cosmografia, ovvero la concezione della conformazione geografica del cosmo. Quando si parla di geografia e cosmogonia, in genere, le si associa a materie noiose, mentre in questo caso ci ritroviamo di fronte a racconti estremamente affascinanti, tal volta a carattere mitologico, ma sempre dall’alto valore simbolico e filosofico. Come ogni altro aspetto dell’induismo, anche la cosmologia non ha una forma omogenea e definitiva, uguale per tutti i testi sacri e le correnti di pensiero, ma è il frutto di una serie di miti e concetti filosofici evolutisi nel tempo. Pur avendo origini vediche, la spiegazione della genesi universale si è definita con il tempo grazie alla letteratura raccolta nella Smṛti, in particolar modo nel gruppo di testi denominati Purāṇa, ma un contributo importante è stato dato anche dalle Upanishad e le varie epopee. Una delle teorie che accomunano tutte le correnti di pensiero raggruppate sotto il nome di Induismo è quella che concepisce il tempo come ciclico e non lineare come siamo, invece, abituati a considerarlo in occidente. Nel capitolo precedente, riguardante proprio i cicli cosmici, abbiamo spiegato la suddivisione del tempo in ere che si susseguono ritmicamente: durante ogni "giorno" di Brahmā l’universo è nel suo periodo di manifestazione, la “notte” viene parzialmente distrutto per riemergere poi, nel nuovo “giorno”, completamente trasformato; mentre al termine del più grande ciclo, rappresentato da 100 anni di Brahmā, avviene una distruzione totale della forma e l’esistente torna nel suo stato divino originale. Tutto questo accade da sempre e, per quanto riguarda il gioco cosmico (līlā) - quindi l’illusione - sempre accadrà. L’unico modo che abbiamo per uscirne è cercare in noi stessi il divino, il principio eterno e inconcepibile poiché si trova oltre la mente, che può garantirci la libertà suprema. A tale essenza divina sono stati attribuiti molti nomi, tra cui Brahman, Nārāyaṇa o nella sua forma più generica Bhagavat, il non generato. La divinità Nārāyaṇa è indicata in un testo sacro dei Brāhmaṇa (il Śatapatha Brāhmaṇa o “Brāhmaṇa dei cento sentieri”) come il Puruṣa supremo, l’uomo primordiale cosmico origine di tutte le cose, riconosciuto anche nelle Upaniṣad come divinità principale e meta di tutti gli esseri viventi, identificato con Viṣṇu nel Vaishnavismo. Nei Purana viene detto che ebbero luogo diverse creazioni, poiché nella prima gli esseri avevano insufficienti stimoli a prolificare e finirono per estinguersi. La Bhagavata Purana propone un interessante idea per la quale Maha-Viṣṇu, l’aspetto di Visnu che si sovrappone a Brahman, giace nell'oceano causale e quando espira innumerevoli universi vengono emessi dai pori della sua pelle, mentre attraverso l’ inspirazione gli universi vengono riassorbiti nel suo corpo. In una scuola del Vaishnavismo questo concetto si è ulteriormente sviluppato, arrivando alla descrizione di tre diverse forme, o aspetti , che compongono Vishnu: in ordine dal più cosmico al maggiormente vicino a noi sono Maha-Viṣṇu , Garbhodakśayī - Visnu e Ksirodakasayi Vishnu. Il primo rispecchia l'Assoluto che è al di là della comprensione umana, di tutte le etichette e classificazioni, rappresentante la verità assoluta, lo Spirito Supremo e collettivo di tutti gli esseri viventi abitanti in tutti gli universi materiali. Il secondo aspetto, Garbodakshayi Vishnu, incarnata invece lo Spirito collettivo di un singolo universo materiale, attraverso cui Viṣṇu entra in ognuno degli universi creati attraverso l’espirazione. La terza forma, invece, risiede nelle profondità di ogni essere vivente, essendo una specie di super Anima o super Spirito. Da Garbodakshayi Vishnu emerge Brahma che è il creatore secondario, mediatore e demiurgo dei pianeti dell'universo materiale, dei sistemi planetari all'interno del singolo universo. A questo punto risulta evidente che in ogni scuola di pensiero non si danno solo differenti nomi alle medesime energie, ma vengono espressi anche concetti simili attraverso diverse metafore e rappresentazioni. Nella maggior parte delle correnti, comunque, Brahma appare in veste di principio creatore, o meglio di Demiurgo plasmatore dell’Universo, ma parte anch’esso del gioco cosmico in veste di emanazione del Bhagavat, la divinità suprema. Per quanto riguarda l’obbiettivo della genesi, in questa visione, si pensa che il solo fine sia il gioco cosmico in sé, poiché l’essere supremo esiste sopra la Mente e quindi non può aver agito secondo gli schemi razionali. Possiamo paragonare la creazione all'avvio di un videogame, in cui la domanda vera non è “perché è stata compiuta?”, ma “perché non compierla?”, nel senso che non c’era alcun motivo per non farla, per non sperimentare ciò che fino a quel momento esisteva solo in potenza, per questo il problema non è il gioco in sè, in quanto l’essenza divina (Bhagavat, Braman o comunque la si chiami) non è soggetta ad alcun limite, ma il fatto che giochiamo da così tanto tempo da aver dimenticato che noi siamo l'essere reale che sta giocando, anziché che il personaggio olografico. Il mito della genesi in assoluto più diffuso è quello vedico dell'uovo cosmico. Il primo elemento che compare in tutte le versioni di questo racconto è l'acqua, presentata non come un elemento della materia, ma come essenza vitale, che attua il processo yogico del calore ascetico, il calore divino purificatore. L'oceano primordiale viene in seguito fecondato dal seme dell’Essere Supremo e da esso si origina l'Uovo Cosmico, avvolto dall'oscurità della non-esistenza, nel quale il Bhagavat prende forma come uno dei suoi aspetti, il principio demiurgico: Brahmā. Egli si mortificò, cioè rinunciò alla sua individualità, per tornate ad essere parte dell’Assoluto, producendo con ciò il calore ascetico da cui generò i deva, ed assieme ad essi nacquero il tempo, gli astri, i pianeti, le terre con i monti, gli oceani, i fiumi, tutti gli elementi naturali, ma anche la Mente, l’Ego e le potenze impersonali come l'Ascesi, la Parola, il Desiderio e gli opposti. Prima della creazione, il Bhagavat (nome generico della Divinità Suprema) viene presentato avvolto dal buio, alle tenebre, in una situazione di sonno indefinibile, incomprensibile attraverso la razionalità poiché ad essa precedente, inconoscibile attraverso l’intelletto, ma sperimentabile raggiungendo le alte vette della consapevolezza. Dal momento della creazione dell’uovo si originano al suo interno le varie aree: nella metà superiore del guscio (fatta d'oro) si crea il mondo celeste, dalla metà inferiore (fatta d'argento) la terra ed in mezzo lo spazio, l’etere. Le membrane interne del guscio formarono le montagne, quelle esterne le nuvole, mentre le vene e i liquidi costituirono i fiumi e i mari. Nei Veda viene anche narrato che l'universo è stato plasmato, all’interno dell’uovo, attraverso un suono. Le opere successive, come i Brāhmaṇa e le Upaniṣad, non si discostano in modo considerevole dalla cosmografica vedica, ed è solo con i Purāṇa che la cosmologia hindu assume la forma che oggi conosciamo. Secondo la geografia del cosmo esposta nei Purāṇa, il guscio dell'uovo d’oro rappresenta il limite entro il quale è circoscritto l’universo, in cui al centro si trova la Terra, che non è ritenuta la parte migliore seppur l'unico posto dove l'uomo possa ottenere la "liberazione suprema”. Nel Viṣṇu Purāṇa la Terra, ovvero la nostra dimensione, è presentata come un disco piatto che si allarga, progressivamente raddoppiando, in sette cerchi concentrici altrimenti chiamati isole, poiché separati tra loro da oceani circolari, uguali alle terre per dimensione, composti rispettivamente di: acqua salata, succo di zucchero di canna, vino, burro chiarificato, cagliata e acqua dolce. L'isola più interna contiene al suo centro il monte Meru, di forma conica ma con la punta verso il basso, dove giace immobile la Stella del Nord, mentre tutte le altre le girano attorno ed insieme a loro, situati sopra la terra, si collocano anche i corpi celesti come il Sole e la Luna, trainati in cielo da carri. Le altre "isole", composte da anelli e intervallate dagli oceani, procedendo verso l'esterno sono: Plakṣdvīpa, Śālmaladvīpa, Kuśadvīpa, Krauñcadvīpa, Śākadvīpa e infine l'ultima isola, con la superficie maggiore, Puṣkaradvīpa. La più interna è suddivisa da catene montuose che corrono parallelamente da est verso ovest, costituendo nove regioni, una delle quali è quella in cui viviamo - la "Terra di mezzo"- identificata come terra di azione, dove chi compie le azioni è soggetto al karma e deve perciò realizzare la liberazione spirituale. Al di là di queste isole-oceani si presenta una catena montuosa indicata come Lokāloka, superata questa si incontra una regione di tenebre composta di elementi non mescolati (aria, terra, fuoco, vento) ed oltre ancora vi è l'oscurità, il nulla, ovvero si fuoriesce dall'uovo d'oro di Brahmā e quindi dall’universo. Anche la cosmografia purāṇica prevede sette "regni", concettualmente ampliati e stratificati verticalmente che, dal basso verso l’alto, si manifestano in questa sequenza: il regno delle sette isole, dove ci troviamo noi e sotto terra sono collocati i sette inferi, il regno del Sole, quello dei corpi celesti, uno intermedio, che non viene distrutto dopo ogni giorno di Brahmā, e quelli superiori. I primi tre mondi sono indicati come generati e vengono distrutti alla fine di ogni Kalpa, ovvero quando inizia la notte di Brāhma, per essere nuovamente generati al nascere del suo giorno. Gli esseri di questi tre regni vivono istantaneamente i risultati delle loro azioni (karma), ad eccezione dell'isola in cui viviamo noi, situata nel primo regno, dove invece si accumulano i risultati per le rinascite future. Le dimensioni superiori, invece, vengono definite ingenerate in quanto periscono solo alla fine dell'esistenza del Deva creatore e vengono considerati i mondi dove egli dimora, per questo nel loro insieme vengono rappresentati come “il regno di Brahmā”. Sotto la superficie del nostro regno si trovano, come accennato, le sette aree che possiamo chiamare inferi, costituiti da immensi territori sotterranei che si espandono per centinaia di migliaia di chilometri, pieni di maestosi palazzi ed ogni genere di bellezze; sotto di essi vengono collocati anche altri ventotto inferni. Terminati i cicli della manifestazione cosmica, alla fine delle ere, Shiva distruggerà con il fuoco ogni forma e Brahmā riassorbirà tutto in sé, addormentandosi e scomparendo, riportando l'intera esistenza alla sua origine di pura energia, indicata come stato di Nārāyaṇa poiché ad esso spetta il compito di mantenere e regolare la notte cosmica. Egli risiede nello stato yogico paragonabile al sonno, dove conserva nella mente gli esseri del passato e quelli che nasceranno nel futuro, coricato sull'Oceano del diluvio subentrato alla distruzione di Shiva.Autori: Ambra Guerrucci e Federico BelliniTitolo: "La Via delle Filosofie Indiane"Editore: Risveglio EdizioniData pubblicazione: 2015Formato: Libro 14,80x21Pagine: 300Prezzo: n/pInfo: risveglioedizioni@live.com
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