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Cosmopolis – Don DeLillo (estratto)

Creato il 08 luglio 2012 da Maxscorda @MaxScorda

8 luglio 2012 Lascia un commento

(Recensione completa qui)
-  Tu vivi in una torre che si eleva fino al cielo e che Dio ha lasciato impunita.
Kinski lo trovava divertente.
- E hai comprato un aereo. L’avevo quasi dimenticato. Sovietico o ex sovietico. Un bombardiere strategico. In grado di distruggere una città di piccole dimensioni. Giusto?
-  È un vecchio Tu-160. La Nato lo chiama Blackjack A. Veniva utilizzato intorno al 1988. Trasporta bombe nucleari e missili cruise, – disse lui. – Ma non erano compresi nel contratto.
Lei batté le mani, estasiata.
-  Però non te lo lasciano pilotare. Sapresti pilotarlo ?
- Certo, e l’ho anche fatto. Non me lo lascerebbero pilotare se fosse armato.
- Chi non te lo lascerebbe pilotare ?
-  Il Dipartimento di Stato. Il Pentagono. La Sezione Alcolici, Tabacco e Armi da Fuoco.
- I russi ?
- Quali russi? L’ho comprato al mercato nero e a prezzo stracciato da un trafficante d’armi belga in Kazakistan. È li che l’ho pilotato, per mezz’ora, sopra il deserto. Dollari Usa, trentun milioni.
- Dov’è adesso ?
- Parcheggiato in un deposito in Arizona. In attesa di pezzi di ricambio che nessuno riesce a trovare. E là, in mezzo al vento. Ogni tanto ci vado.
- A fare cosa ?
- A guardarlo. E mio, – disse lui.

Lei chiuse gli occhi e pensò. Gli schermi mostravano diagrammi e grafici, aggiornamenti di mercato. Si afferrò una mano con l’altra e la strinse, forte, schiacciando le vene e facendo defluire il sangue dalle nocche.
-  Nessuno morirà. Non è questo il credo della nuova cultura ? Verranno tutti assorbiti dentro flussi di informazioni. Non ne so nulla. I computer moriranno. Stanno morendo nella loro forma attuale. Sono quasi morti come unità distinte. Una scatola, un monitor, una tastiera. Si stanno fondendo nel tessuto della vita quotidiana. E vero o no ?
- Persino la parola computer.
- Persino la parola computer suona stupida e antiquata.
Aprì gli occhi e sembrò trapassarlo con lo sguardo, mentre parlava con calma, e lui la immaginò rannicchiata contro il proprio petto a notte fonda, a lume di candela, non mossa da un impulso sessuale o demoniaco ma pronta a parlargli nel sonno intermittente, a turbare i suoi sogni con teorie.
Parlava. Era il suo lavoro. Era nata per questo e per questo veniva pagata. Ma in cosa credeva ? I suoi occhi erano inespressivi. O almeno lo erano per lui, grigi, spenti, distanti e vuoti, per lui, vivaci di tanto in tanto ma solo nell’impeto di un’intuizione o congettura. Dov’era la sua vita? Cosa faceva quando tornava a casa? Chi c’era in casa oltre al gatto ? Doveva esserci un gatto, pensò. Come potevano parlare di queste cose, loro due? Non erano competenti.
Sarebbe stato un abuso di fiducia, pensò, chiederle se avesse un gatto, e tantomeno un marito, un amante, un’assicurazione sulla vita. Che programmi hai per il fine settimana ? La domanda avrebbe rappresentato una forma di aggressione. Si sarebbe girata dall’altra parte, offesa e umiliata. Era una voce con un corpo aggiunto per un ripensamento, un sorriso obliquo che veleggiava in mezzo al traffico intenso. Attribuirle una storia significava farla scomparire.
- Non ci capisco niente, – disse. – Microchip così piccoli e potenti. Umani che si fondono con i computer. Questo è fuori dalla mia portata. È l’inizio della vita eterna -. Si fermò un momento a guardarlo. – La morte gloriosa di un grande uomo non dovrebbe contraddire il suo desiderio di immortalità ?
Kinski nuda contro il suo petto.
-  Gli uomini pensano all’immortalità. Non importa quello che pensano le donne. Siamo troppo piccole e concrete per avere voce in capitolo, – disse. – I grandi uomini della storia si aspettavano di vivere per sempre, anche mentre sovrintendevano alla costruzione del loro monumento funebre sulla sponda opposta del fiume, la sponda occidentale, dove tramonta il sole.
La vivida immagine di Kinski che commenta gli eventi nei suoi incubi.
- E tu, con il tuo grande intuito e i tuoi atti di superbia. Perché morire quando puoi vivere su disco ? Un disco, non una tomba. Un’idea al di là del corpo. Una mente che è tutto ciò che sei stato e sarai, senza mai essere stanca o confusa o indebolita. Per me è un mistero, come possa accadere una cosa del genere. Accadrà prima o poi? Prima di quanto pensiamo, perché tutto succede prima di quanto pensiamo. Oggi stesso, magari. Forse oggi è il giorno in cui accadrà tutto, nel bene o nel male, ta-boom, così.
La luce era quella del crepuscolo, solo più fioca, con una fitta argentea nell’aria, e lui era in piedi accanto alla macchina a guardare i taxi tirarsi fuori dalla mischia. Non sapeva da quanto tempo non stava così bene.
Da quanto tempo ? Non lo sapeva.
La teleborsa era tornata al suo normale funzionamento, e lo yen appariva rinvigorito, in salita rispetto al dollaro con un incremento microdecimale ogni sestilione di secondo. Andava bene così. Era giusto e opportuno. Lo eccitava pensare in zeptosecondi e guardare la corsa incessante dei numeri. Anche la teleborsa gli piaceva. Guardava sfrecciare le principali emissioni e si sentiva misteriosamente purificato nel vedere i prezzi precipitare in una caduta lasciva. Si, gli faceva un effetto sessuale, di cunni-linguo per la precisione, ed Eric piegò la testa all’indietro e apri la bocca sotto il cielo e la pioggia.
La pioggia cadeva a scrosci sulla distesa semivuota di Times Square, con i cartelloni pubblicitari rischiarati da una luce spettrale e le barricate di copertoni quasi rimosse, proprio di fronte, che lasciavano sgombra la Quarantasettesima Strada verso ovest. La pioggia era gradevole. La pioggia era assolutamente perfetta. Ma la minaccia era ancora meglio. Vide alcuni turisti avanzare furtivamente lungo Broadway sotto un grappolo di ombrelli per fissare la chiazza annerita sul marciapiede nel punto in cui uno sconosciuto si era dato fuoco. Era una cosa grave e indimenticabile. Adeguata al giorno e al momento. Ma la minaccia attendibile era ciò che lo spingeva e lo stimolava. La pioggia sul viso era gradevole e l’odore acre era giusto e opportuno, il tanfo di urina che maturava sulla carrozzeria della sua macchina, e si poteva trovare un piacere trepidante, e una gioia a dispetto di ogni disgrazia, nel repentino crollo dei mercati. Ma era la minaccia di morte al sorgere della notte che gli parlava con maggior sicurezza di una regola del fato che, l’aveva sempre saputo, si sarebbe chiarita col tempo.
Adesso poteva cominciare il lavoro di vivere.


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