Mentre noi tutti siamo distratti dalle pazze avventure di Amanda Bynes, c’è un movimento politico (guai a chiamarlo partito!) che zitto zitto sta assumendo le sembianze di una creatura pericolosa. Negli ultimi giorni, infatti, a cominciare dal loro portavoce (guai a chiamarlo leader!) Beppe Grillo, hanno iniziato a compilare una sorta di elenco di giornalisti cattivi. Un libro nero, che nemmeno le Plastic di Mean Girls, sul quale ci sono finiti Giovanni Floris, Milena Gabanelli (sì, proprio la stessa che volevano candidare come Presidente della Repubblica), Pierluigi Battista e Serena Giannini. Tutti accusati di diffondere falsità sul Movimento 5 Stelle.
A questo punto del post sarebbe azzardato tirare fuori eventi che hanno lasciato una triste firma sulla storia d’Italia, ma che per alcuni aspetti ricordano questi atteggiamenti. Infatti non è questa la mia intenzione. Quello che però voglio sottolineare è che la storia ci ha già insegnato come basta un attimo, ci si distrae, e un uomo dall’ego grande (e magari dalla piccola statura) prende il sopravvento e manda tutto in vacca con le sue manie di grandezza.
Comunque, al di là di queste riflessioni, il problema principale del Movimento 5 Stelle mi sembra sia tutto nell’assenza di contenuti e nella contemporanea eccessiva enfasi sulla forma. Ad esempio, nel voler utilizzare terminologie ben specifiche per definire i propri appartenenti. Non vogliono farsi chiamare “onorevoli” ma “cittadini 5 stelle”, quando ormai tutti sanno che l’unità di misura della qualità sono i gattini (vedi Questione di leaking). Quindi in vista delle prossime elezioni il mio consiglio è quello di cambiare il nome in “cittadini 5 gattini“.
Una delle principali battaglie del Movimento 5 Stelle è quella per l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Anche conosciuta come il grande inganno. Mi spiego. È piuttosto semplice scagliare i cittadini, soprattutto in questi tempi di crisi, contro il meccanismo che attraverso soldi pubblici permette ai partiti di avere i rimborsi elettorali. Sparare sulla casta è diventato più facile che sparare sulla Croce Rossa. Il problema è che, anche in questo caso, la questione non è stata affrontata a fondo, ma ci si è fermati sulla soglia della forma.
Il finanziamento pubblico ai partiti nasce con intenzioni più che nobili, ossia con l’idea di fondo che tutti possano partecipare alla competizione elettorale con le stesse possibilità. Abolendo il finanziamento pubblico ai partiti, questi ultimi devono per forza trovare risorse in altro modo. Lo si può fare chiedendo ai singoli cittadini, come ha fatto il Movimento 5 Gattini Stelle, oppure più realisticamente fare affidamento a grandi finanziatori privati, più o meno sul modello di quanto avviene negli Stati Uniti.
Ovviamente ho semplificato molto la questione, ma è importante secondo me capire che alcuni tipi di scelte comportano anche delle conseguenze ben precise. Un po’ come quando inizi a scrivere sul blog la lista nera dei giornalisti cattivi.
[L'archivio di Cosmopolis]