Traino o Vanguard? Questo è il problema, almeno per l’ambiente. La scelta sul porto di destinazione della Costa Concordia, infatti, aiuterà a comprendere meglio gli scenari di rischio, visto che ”sulla nave ci sono ancora almeno 100 tonnellate di olio pesante” alle quali si aggiungono altre sostanze inquinanti.
(abqjournal.com)
A tracciare il quadro all’Adnkronos è Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente, sottolineando che nella discussione si sta ponendo poca attenzione ai danni ambientali e che la soluzione ‘traino’ è quella auspicabile. Per lo smantellamento della Concordia, “come abbiamo più volte ribadito, ci auguriamo che la scelta ricada sul porto attrezzato più vicino, che per noi significa Italia”. Se poi sarà Piombino, Genova o Civitavecchia poco importa: “sarà la compagnia, insieme al governo, a decidere”. Certo è che, secondo Venneri l’Osservatorio sul recupero della Concordia, “ha fatto bene a pretendere chiarezza da parte del privato chiedendo finalmente dove intende trasportare questa nave”.
Sapere dove verrà trasportata la nave “è importante ai fini ambientali”, visto che “ci sono almeno 100 tonnellate di olio pesante, che non è stato possibile aspirare quando è stato prelevato il carburante, più altre sostanze inquinanti acclarate”. Il montaggio dei cassoni galleggianti, però, “avrebbe di fatto sigillato la nave, impedendo la fuoriuscita di questi inquinanti”. Da un punto di vista ambientale, quindi, ”la soluzione ‘traino’ è quella preferibile”. Trasportare il relitto in Turchia con la Vanguard, invece, “sarebbe un vero e proprio disastro ambientale”. “Sollevare la nave su una piattaforma galleggiante comporterebbe la fuoriuscita delle acque interne con tutto il suo carico di veleni” e in questo caso, “il rischio ambientale è notevole”.
Secondo Venneri, dunque, è arrivato il momento di essere chiari, anche perché “l’Italia ha già sprecato 2 anni e mezzo”. La partita sul porto di destinazione, dunque, è importante ed “evita una vergogna mondiale”. I costi in Italia sono più alti della Turchia e dell’India? E’ vero, ma “il rispetto dell’ambiente e dei lavoratori si pagano”. Al di là del toto nome sul porto, però, “nessuno tira fuori il tema del danno ambientale: a quanto ammonta e, soprattutto, chi paga?”. L’Ispra ha quantificato il danno in 13 mln di euro “ma fino a quando non si toglie il relitto, non è possibile conoscere la vera entità del danno e avviare la bonifica”. Il problema ambientale “deve essere tirato fuori. Il ministero dell’Ambiente dovrà quantificare il danno e presentare il conto”.
(adnkronos.it)