Con una sentenza scontata, la Corte centroamericana di giustizia ha ordinato alla Costa Rica di sospendere ogni opera della strada ¨Juanito Mora¨, il cui percorso costeggia la linea di frontiera con il Nicaragua. Un confine particolare, questo, rappresentato dal fiume San Juan, il principale emissario del Gran Lago del Nicaragua e via d’acqua dal fragile ecosistema, che il Tribunale ha ritenuto in pericolo per i residui ed il disboscamento causati dai lavori occorsi sulla riva costaricana.
La sentenza è solo l’ultimo atto di una disputa tra Costa Rica e Nicaragua che data dal novembre 2010, quando effettivi dell’esercito di quest’ultimo paese occuparono l’isola fluviale di Calero, situata sulla sponda meridionale del fiume San Juan e reclamata come territorio costaricano. Un incidente mai risolto per le vie diplomatiche e che si trova al vaglio della Corte Internazionale dell’Aja che, in vista della risoluzione finale, ha proibito temporalmente che l’isola sia occupata per fini militari e propagandistici.
Lungi dal dare segnali di distensione, sia Managua che San José hanno insistito sulle loro posizioni. Dal lato nicaraguense sono continuate le incursioni nella zona, mentre da quello costaricano si è proceduto alla costruzione di una strada che costeggia il fiume, con il proposito di dare un segnale forte sia alle comunità di confine – da lungo tempo abbandonate al loro destino- che alla nazione vicina.
La decisione, avallata dalla presidente Laura Chinchilla, ha dato vita ad una strada sterrata di 163 chilometri, chiamata patriotticamente ¨Juanito Mora¨ dal nome del presidente che fronteggiò con successo l’invasione delle truppe dell’avventuriero William Walker nel lontano 1856. Costruita in fretta e furia, l’opera si è presto rivelata un obbrobrio, sia dal punto di vista dell’impatto ambientale che per il conato di corruzione che ha portato con sè. Voluta come un capriccio dal governo in cerca di consenso patriottico la strada, che attraversa una suggestiva regione subtropicale di foreste e di pascoli, è un compendio di brutture ambientali ed amministrative. Le indagini hanno scoperto che le contrattazioni delle imprese costruttrici sono avvenute al di fuori del sistema delle licitazioni e la magistratura ha proceduto ai primi arresti dei funzionari pubblici coinvolti nello scandalo.
Frutto della demogogia che ha caratterizzato il governo della Chinchilla, la ¨Juanito Mora¨ attualmente sta cadendo a pezzi, complice la stagione delle piogge ed i materiali scadenti che sono stati usati per la sua costruzione. Ciononostante, il governo della Costa Rica continua ad appoggiare un’opera –costata 40 milioni di dollari- che considera essenziale per ribadire il concetto di sovranità di fronte a quelle che reputa le continue invasioni delle pattuglie nicaraguensi nel proprio territorio.
La decisione della Corte Centroamericana non sarà nemmeno presa in considerazione da San José, che non ha intenzione di riconoscere l’autorità del tribunale. Il cancelliere tico, Enrique Castillo, è stato enfatico al proposito: ¨Quello che decida la Corte è per noi inconsistente ed assolutamente nullo¨ ha detto. Allo stesso modo i funzionari costaricani hanno negato che la costruzione della ¨Juanito Mora¨ abbia causato danni ambientali, indicando che le accuse sono il frutto della propaganda nicaraguense. Non è d’accordo, però, lo stesso Tribunale ambientale della Costa Rica, che in un documento preliminare sullo studio effettuato nella zona, ha rilevato il deterioramento dell’ecosistema: ¨Lo stesso governo della Repubblica ha trasgredito tutte le norme ambientali¨ afferma il Tribunale ¨sia nazionali che internazionali¨.
La situazione, a questo punto, è abbastanza paradossale. Da un lato la Costa Rica è membro del Sica (Sistema de Integración Centroamericana), l’organismo che controlla la Corte Centroamericana, però dall’altro non ne ha mai riconosciuto la validità giuridica. Da Managua, dove ha sede la Corte,
fanno sapere che al rifiutare quanto espresso dalla sentenza, la Costa Rica si espone ad un pacchetto di sanzioni, soprattutto di indole commerciale, che potrebbero avere forti ripercussioni sull’economia del paese. La regione centroamericana è un istmo e geograficamente obbliga le varie nazioni ad interagire ed a collaborare tra loro: la chiusura di una frontiera o l’applicazione delle sanzioni implicano, di fatto, l’isolamento di un paese dal resto della comunità.
Chi invece gongola è il presidente nicaraguense Daniel Ortega, che ha usato la crisi dell’isola Calero e della ¨Juanito Mora¨ a suo piacimento. Sulla vicenda del fiume San Juan è stata montata una proficua campagna di propaganda nazionalista, che ha come proposito ottenere l’appoggio popolare sul progetto del Canale tra gli oceani che il Nicaragua sta ufficialiazzando proprio in questi giorni. Le spedizioni della gioventù sandinista, che regolarmente raggiungono la zona del conflitto, sanno più a scontato populismo che a genuino ambientalismo ed amore per la natura. Tanto per aggiungere carne al fuoco, il governo di Managua ha inviato alla Corte Internazionale dell’Aja anche tutta la documentazione riguardante la costruzione della ¨Juanito Mora¨, sperando di ottenere una nuova condanna internazionale per i vicini.
Magazine Attualità
Costa Rica e Nicaragua: nazionalismo e demagogia corrono sulla frontiera
Creato il 02 agosto 2012 da EldoradoPossono interessarti anche questi articoli :
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