Ho visto anche io l'intervista televisiva di L. Costamagna a M. Carfagna. Ribattezzata duello, per il cliché delle donne-che-litigano riproposto. Vorrei, forse tardivamente, inserirmi nel dibattito che sta animando il web. Anche se ne condivido le note di fondo: dissento anch'io dal tono delle domande e dell'incedere della giornalista, e ho trovato la Carfagna d'una semplicità che buca lo schermo.Credo che l'errore principale della giornalista sia stato il non concedere all'intervistata alcuna stima. Di trattarla dall'alto in basso, come si suol dire. Sottolineando a più riprese la propria superiorità con un'ironia fastidiosa, restituitole dalla convinzione che il non aver dovuto piegarsi ai desideri sessuali di Berlusconi indichi una superiorità morale da far rivalere. E in questo ha sbagliato due volte. Non perché non si possa esprimere la difficoltà in una società disposta a tutto pur di far carriera, ma non si può scadere nella superiorità morale in questo modo. Il piano del confronto tra moralità, infatti, è scivoloso e si deve essere lievi nel proporlo o arguti nell'affrontarlo. Inoltre, secondo errore, ha sbagliato nel farsi trascinare nelle risposte dal tono della Carfagna; scadendo in un atteggiamento che passava dalla superiorità morale alla imbecillità di chi trovandosi incalzato da risposte nette non sapeva uscirne altrimenti che tirando in ballo molti luoghi comuni e Berlusconi.
Avrebbe potuto avere ben altro contegno; vuoi quello della compagna che consola l'amica che ha commesso un errore enorme; vuoi quello della giornalista spietata che di fronte alle obiezioni della Carfagna la inzigava senza pietà su tematiche scottanti; non ha fatto nessuno dei due, era più simile ad una canna sbattuta dal vento. Avrebbe, infatti, dovuto rimettere la palla al centro, evitando gli aggiramenti difensivi che la dialettica dell'ex-ministro attuavano. Una domanda su tutte, poteva rivolgerle: "Non si è sentita usata da una classe politica maschilista?"
Credo ne avrebbe guadagnato tantissimo: domande nette, precise. Senza tirare in mezzo il fatidico rapporto con Berlusconi: da donna avrebbe dovuto intuire che mai l'avrebbe ammesso.
Tuttavia, al di là degli errori della giornalista, non concordo col parere di coloro che hanno incensato la Carfagna; io qualcosa da imputarle ce l'ho. Mi sono abituato a valutare i talk show non solo per la dialettica politica, per lo scontro tra le parti, per le risposte che si danno alle domande, ma per le affermazioni in sé. E le frasi della Carfagna fanno rabbrividire.
Due ragionamenti, in modo particolare. Il primo, (a) non rimpiagno nulla. Perché c'è una nota di falsità nel non voler cambiare qualcosa di sé, come se la politica non potesse neanche ammettere i propri errori: debolezza di doversi mostrare sempre perfetti. Il secondo, (b) anche lei è come me. Secondo quel modello di macchina del fango per cui siamo tutti coinvolti, siamo tutti sporchi. E la giornalista tenta di difendersi, in qualche modo, con voce flebile: io ero giornalista anche prima. Sottointendendo di non esserlo diventata solo perché messa lì da un uomo potente qualsiasi.
Sono motivi che mi fanno disprezzare fortemente questa classe politica, anche quando, come in questo caso, si dimostra più equipaggiata ad affrontare una discussione televisiva e sa ammiccare al pensierio comune della gente.
Mi sono sentito in imbarazzo per quel modo di rispondere che non affronta davvero il nocciolo della questione, ma vi costruisce attorno una tela che ne nasconde il centro. Come se esso non riguardasse né la vita, né l'operato del politico, ma venisse sempre spostato un po' più in là dalla favella del politico di turno. E l'abilità di quest'ultimo, mi è parsa ben poca cosa. Costruita a tavolino, piuttosto che non un vero e proprio pensiero personale. Con l'ammiccamento finale: anche lei può fare carriera politica.
E se siamo arrivati al punto di apprezzare un politico che si difende dalle domande in questo modo, vuol dire che la nostra politica è ben poca cosa e che le nostre idee sono ben poca cosa. E allora ci sta bene il berlusconi di turno. Oppure si è solamente felici di sottolineare l'errore di una donna che è diventata famosa senza concedersi ai potenti ed essere oggetto del loro scherno (perché questo è stata la Carfagna): oggetto del desiderio di un'intera maggioranza, più che politico di un certo spessore.
