Un Dossier della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile analizza le performance economiche di un settore, quello energetico, che rappresenta quasi il 20% del PIL e 500 mila posti di lavoro.
La ”bolletta energetica” pagata da famiglie e imprese in Italia è del 18% più alta rispetto alla media europea e allineare i prezzi dei prodotti energetici italiani (energia elettrica, gas e carburanti) a quelli medi europei vorrebbe dire risparmiare ogni anno 25 Mld€. Su questo dato pesano tasse elevate, una dipendenza dai combustibili fossili tra le più alte in Europa, un mercato del gas e dell’elettricità con prezzi molto più alti rispetto alle altre piazze europee. Ma per capire a fondo un settore complesso come quello dell’energia e prendere decisioni strategiche che avranno ripercussioni nei prossimi decenni, ad esempio sulle tecnologie che è più opportuno promuovere, basarsi solo su una analisi dei prezzi non è sufficiente e può trarre in inganno. Queste solo alcune delle valutazioni che emergono dal Dossier presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile nel corso del Convegno “I Costi dell’ Energia in Italia”, organizzato in preparazione degli Stati Generali della Green Economy 2013.
Il Dossier prende le mosse proprio dall’analisi comparativa dei prezzi dei prodotti energetici, arrivando a stimare una bolletta di gas, elettricità e carburanti pagata dagli italiani nel 2012 di oltre 160Mld€ e in crescita, a causa dell’ aumento dei prezzi petroliferi, del 10% rispetto all’ anno precedente, nonostante la contrazione dei consumi. L’analisi iniziale evidenzia come le famiglie siano particolarmente penalizzate nei consumi di gas naturale, che pagano dal 24 al 35% in più della media europea (circa 300€/anno per famiglia). Le imprese, specie quelle medio-piccole, risentono invece degli alti costi dell’ elettricità, dovendo fare i conti con un kWh dal 30% fino all’ 86% più della media europea. A questo si aggiunge che i prezzi di benzina e diesel, che rappresentano la voce principale di spesa della bolletta energetica, sono mediamente più alti del resto d’Europa e questo differenziale è aumentato in modo sensibile negli ultimi anni .
“Quello energetico è uno dei settori produttivi più importanti a livello nazionale, con un giro d’affari, in crescita, attorno al 20% del PIL e quasi mezzo milione di posti di lavoro creati. Renderlo più efficiente dal punto di vista economico riducendo i costi dell’energia per il Paese richiederà, ad esempio, di intervenire sul mix energetico riducendo la dipendenza dai fossili che, negli ultimi vent’anni, è già costata al Paese 45 Mld€ in più, tutti soldi dati all’estero, e che se non affrontata potrebbe portare a un ulteriore aumento della fattura nazionale dell’import nei prossimi vent’anni da 3 a 12 Mld€.” L’alta dipendenza dell’Italia dai combustibili fossili, che soddisfano l’82% della domanda interna, uno dei valori più alti in Europa, ha rappresentato il primo driver dell’aumento dei prezzi energetici negli ultimi anni: tra il 2000 e il 2012 i prezzi del petrolio sono aumentati di oltre il 200% (triplicati), quelli del carbone del 160% e del gas sul mercato europeo di circa il 300%. A parità di consumi e al netto dell’inflazione la fattura pagata dall’Italia per l’import dei fossili è passata da metà degli anni ’90 a oggi da 20 a 65 Mld€. Gli scenari mondiali più accreditati prevedono che per i prossimi vent’anni i prezzi dei fossili, a meno che non si riduca drasticamente la domanda, rimarranno alti o addirittura continueranno a crescere, sancendo la fine dell’epoca dei combustibili fossili a basso costo. Il Dossier rivela come negli scenari internazionali l’effetto dello shale gas americano si vada ridimensionando rispetto alle aspettative iniziali, con prezzi del mercato americano che riprenderanno a crescere, benché ancora molto più bassi di quelli europei; ma anche come secondo il Dipartimento dell’Energia statunitense la generazione elettrica da carbone e nucleare sia più costosa del gas o del vento. Ma i prezzi dei prodotti energetici non dicono tutto circa i costi che i cittadini e le imprese devono pagare per soddisfare il proprio fabbisogno energetico. La Fondazione propone per questo di passare da una analisi dei prezzi a una dei veri costi dell’energia, includendo ad esempio i sussidi che in Italia vengono pagati ai combustibili fossili, attraverso agevolazioni fiscali o quant’altro, e che, a differenze di quelli per le rinnovabili, non rientrano in bolletta e non contribuiscono a formare i prezzi dell’energia (ma vengono comunque pagati dai cittadini e dalle imprese ad esempio attraverso la fiscalità generale). Eppure questi sussidi non vengono monitorati dal Governo, nonostante siano ingenti: secondo l’OCSE sono 2,1 Mld€/anno su alcuni settore chiave, che salgono secondo il Fondo Monetario Internazionale a 5,3 Mld€/anno includendo altre voci tra cui alcune esternalità. E sono proprio le esternalità l’altra voce importante dei costi nascosti dell’energia. Anche in questo caso non esistono studi ufficiali sull’argomento, ma uno studio condotto sulla Germania stima che l’inclusione dei costi esterni, a carico principalmente di nucleare e carbone, farebbe aumentare la bolletta energetica di 40 mld€, con un +40% per una famiglia tipo. Il Dossier prende anche in esame l’incidenza degli incentivi alle rinnovabili sui prezzi e sui costi dell’energia in Italia analizzando i costi diretti, i costi e i benefici indiretti e le implicazioni sul piano strategico. Per quanto riguarda i costi diretti, gli incentivi alle rinnovabili del settore elettrico (che rappresentano la maggior parte degli incentivi) hanno raggiunto nel 2012 circa 10 milardi di Euro, il 16-17% della bolletta elettrica nazionale. Ma questi hanno inciso sull’aumento del prezzo del kWh degli ultimi anni solo per il 33%, mentre per il 57% questo è stato causato dall’aumento dei prezzi dei fossili. Sul piano dei costi e dei benefici indiretti il saldo economico è senz’ altro positivo. Tra i benefici da ascrivere alle rinnovabili c’è infatti la riduzione del prezzo medio orario dell’ energia elettrica (a maggio si è quasi dimezzato tra il 2006 e il 2012) e la creazione di ricchezza e occupazione nazionale (su 1000 euro spesi sulle rinnovabili ne rimangono in Italia 500-900, mentre su 1000 euro investiti sulla produzione elettrica da gas ne restano sul territorio nazionale 200, il resto va alle economie straniere). Per non parlare poi del lato ambientale: 70Mt di CO2 risparmiata ogni anno e un minore inquinamento atmosferico.
Il settore energetico è nel pieno di una trasformazione epocale, e se come Paese non saremo in grado di comprenderne a pieno tutte le implicazioni e operare le scelte più giuste, rischieremo alla fine di pagare un conto molto alto. Quello dei costi dell’energia è un tema strategico che va affrontato seriamente, anche perché tali costi sono molto probabilmente destinati a crescere e a incidere sempre di più sulla nostra economia. Guardare solo ai prezzi dei prodotti energetici è fuorviante, e i risultati di una analisi esaustiva sui veri costi dell’energia potrebbe fornire una rappresentazione molto diversa da quella usuale, con una situazione per l’Italia molto migliore di quanto generalmente si pensi.”