In effetti non sono poi così poche le persone a cui non piace fare i preventivi. Mettere tra gli interessati e l’oggetto del loro interesse un costo non risiede nei temperamenti più comuni perché ci sono ancora in giro molte tracce di quella purezza un po’ romantica secondo cui le cose hanno un loro valore di per sé né identificabile tantomeno oggettivamente monetizzabile. Un po’ per lo sforzo impiegato per mettere a frutto lavoro, fatica e – perché no – creatività, al termine del quale l’idealizzazione del prodotto gioca un ruolo spesso fondamentale. Subentra però una visione assoluta dell’opera finita secondo cui il passaggio da materia prima – tangibile e non – a semilavorato non ha un prezzo e l’unica chance è mettersi a pesare l’uno con altri già valutati, anche appartenenti ad altri settori, e capire se tempo e sudore hanno sistemi di misurazione diversi a seconda della mano o della mente che è intervenuta. Ma questo, come sappiamo, costituisce uno dei fattori principali che regola l’economia credo sin dalla sua comparsa tra i passatempi del genere umano. Nonostante ciò, siamo ancora qui a stupirci di chi a lavoro compiuto – di qualunque tipo – anziché presentarci il conto con relativa fattura – sto chiedendo troppo? – anticipa il destinatario del prodotto volgarmente detto cliente con quel “faccia lei” che è destabilizzante quanto qualunque risposta vaga laddove si ha bisogno di certezza. Il rischio, si sa, in questi frangenti è duplice. Lasciare l’iniziativa di valutazione a chi è investito di un conflitto di interessi grande come una casa può da una parte umiliare l’artefice del servizio con una manciata di spiccioli, di fronte alla quale ci sono pure quelli che, in un impeto di orgoglio, rifiutano la mancia e rilanciano il primato della gratuità rispetto alla propria sottostima. D’altra parte, pagare un’enormità un qualcosa che ne vale come minimo il cinquanta per cento ti fa girare i coglioni perché insomma, non è che a uno i soldi glieli regalano. Resta il fatto che produzione e commercializzazione non sempre risiedono nella stessa indole, dal momento che il denaro puzza e l’ingegno no. Che poi mi dovete ancora spiegare di che cosa puzza, al massimo ti lavi le mani dopo averlo toccato ma se usi la carta di credito il problema non si pone nemmeno. È sull’ingegno, piuttosto, che invece avrei qualcosa da ridire.
Magazine Diario personale
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