È stato presentato ieri il rapporto realizzato dalla FIEG: “La Stampa in Italia 2011–2013″. La ricerca annuale sull’industria della stampa italiana analizza lo status quo dell’informazione quotidiana nel nostro Paese relativamente ai lettori, al mercato pubblicitario, agli indicatori economici e alla situazione occupazionale e retributiva del settore. Il rapporto si articola nelle diverse sezioni per 60 pagine complessive, come sempre, tutte da leggere.
A mio avviso il punto chiave è nell’evidenza che il taglio dei costi, pur essendo dolorosamente operazione necessaria, non è di per se stesso sufficiente a garantire la sostenibilità economica delle imprese del settore, delle testate giornalistiche. Ne deriva la necessità di identificare migliori e maggiori fonti di ricavo che suppliscano ala calo di vendita di copie e raccolta pubblicitaria.
Tra il 2011 ed il 2013 il peso dell’online, del digitale, passa da un’incidenza complessiva del 3.9% al 6.4%; il 93,6% dei ricavi deriva ancora dal cartaceo. L’incremento complessivo dei ricavi dal digitale è del 30% ma questo non riesce a compensare il crollo del totale delle revenues che è comunque del 20%.
Ancora più chiaro è il grafico di sintesi del rapporto costi-ricavi di 51 imprese editrici. Emerge come a fronte di un taglio dei costi di circa 220 milioni di euro si assista ad un calo delle revenues per 564 milioni di euro; ben oltre il doppio.Se è certamente possibile operare in termini di riorganizzazione del lavoro, area sulla quale osservando altri comparti non si può non notare quanti e quali interventi siano necessari in quest’ambito, il taglio dei costi tout court non presenta ampi spazi di manovra pena il decadimento del prodotto realizzato, dei giornali.
È dunque evidente che la leva sulla quale agire sia quella dell’aumento dei ricavi.
Il binomio vendite-pubblicità non è, e non sarà mai più, un modello di business in grado di sostenere l’economia delle testate, siano esse all digital o meno. Fondamentalmente, come ho provato a sottolineare ripetutamente, si tratta di passare dal piedistallo allo sgabello per chi ha la capacità di guardare oltre i soliti, obsoleti, modelli di business.
Se non esiste un modello di business unico ed univoco, esistono però, si possono ricercare e plasmare, dei modelli che nel loro insieme garantiscano ricavi apprezzabili. Non è mai troppo presto per inziare a lavorarci sopra.