Passerotti.
Smarrita da molti, da troppi, la solidarietà non è uno degli elementi che caratterizzano il panorama sociale italiano. Si attenuano, o scompaiono, le solidarietà tradizionali del quartiere, della fabbrica, della comunità religiosa o di partito. Sembra che si rafforzi di nuovo soltanto la solidarietà familiare. Ma troppo spesso, oggi, la famiglia non è un luogo dove lo spirito della solidarietà vive spontaneamente, ma piuttosto un ”rifugio in un mondo senza cuore” che nega ai giovani il lavoro o la casa costringendoli a più lunghe convivenze. Certo, il mondo cambia, e nelle grandi metropoli è vano sognare la solidarietà tra vicini del piccolo borgo di campagna. Proprio per questo, alle solidarietà spontanee si era cercato di sostituire solidarietà ”costruite”, quelle dei servizi sociali e del sistema pensionistico, di una sanità pubblica vista non solo come cura della malattia, e così via. La parola ‘’solidarietà” sta scritta nella Costituzione. E lo ”Stato sociale” non doveva limitarsi ad essere Stato assistenziale, ma appunto una nuova costruzione nella quale i cittadini potessero trovare solidarietà adeguate ai tempi che cambiavano. Questo è avvenuto solo in minima parte. Ma, invece di cercare correzioni e irrobustimenti, nella fase più recente ci si è buttati a teorizzare la fine e lo smantellamento dello Stato sociale. Via il sistema pensionistico, nel quale si esprime pure la solidarietà tra generazioni. Via un servizio sanitario generalizzato, che dovrebbe realizzare anche solidarietà tra ceti con diversa forza economica. Via una politica economica capace di offrire solidarietà alle zone meno avanzate. Tutto questo procedeva di pari passo con la proclamazione di una ideologia. Risuonava l’antico grido ”Arricchitevi!”, e rimbalzava dalle copertine dei mensili per i ceti ”rampanti”. La solidarietà rischia così di presentarsi addirittura come qualcosa di negativo. Chi deve duramente far carriera, e soldi, non ha tempo per gli altri. E la stessa richiesta di solidarietà può apparire come un segno di debolezza. Ma l’esigenza della solidarietà riemerge ogni giorno come grande problema. Chi deve risolverlo? Un libero gioco delle forze, affidato solo ad un ”privato sociale” che può divenire persino fonte di nuove separazioni e ghetti, se ciascuno agisce per offrire solidarietà soltanto ai ‘’suoi”? O, al termine della sbornia neoliberista, siamo in grado di riacchiappare il filo che ci porta a recuperare la solidarietà come valore? Dico valore, perché la solidarietà si pratica solo dov’è sentita, non può nascere da imposizioni. Se allora ci guardiamo intorno, ci accorgiamo da quante parti, e con quanta fatica, si cerchi di dar vita a forme nuove di solidarietà, sciogliendo anche molte ambiguità che accompagnavano questa parola. Ma questi sforzi generosi non possono essere lasciati a loro stessi: politiche di stimolo e di sostegno, istituzioni adeguate, sono oggi più che mai necessarie. (Meditazione su: L’Italia è un paese solidale? di Stefano Rodotà, maggio 1987).
P A N E D O N A T O
Questo pane
sapore particolare
mescola saliva
impasta labbra.
Candela rossa,
tenue fiamma,
con grande calore
brucia amarezze.
Illumina splendore
dei capelli rosso colore
e la rosina essiccata
fragrante profumo riemana.
Ricordo tavola imbandita
due gatte curiose adorna
la mano sulla mano calda
esalta nel giorno di festa.
Mette le ali un angelo
finalmente vola tremolando
come il verso lei pensiero
nella luce alito di bacio.
-Renzo Mazzetti-
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