Leggendo un post dell'amico Ubi Minor, mi è venuto da riflettere su quella sconsiderata e ricorrente abitudine che ho notato in voi terrestri, di tenere la TV accesa, ma col volume a zero, o tipo bisbiglio devozionale, o mentre siete intenti a fare altro, o quando vi trovate addirittura in un'altra stanza, per cui non c'è modo che stiate seguendo sul serio quello che stanno blaterando lì dentro. Dunque la prima cosa che m'è venuto da domandarmi, la più banale, è come diavolo fate a essere così atterriti dalle grinfie della solitudine (o del silenzio, per coloro cui piace comunque tenere il volume alto) da prediligere questi surrogati di luce di cui - è evidente - non vi importa alcunché, tranne dell'animazione delle vostre pareti con bagliori di pseudoumanità.
Del resto, il fatto che, in un modo o nell'altro, voi non seguiate i suoi discorsi, è indice di quanto in realtà quello che si dice lì dentro abbia una qualche reale importanza per voi. E questo, andando in parte a vostro merito, forse dice qualcosa anche sulla qualità media di ciò che accende gli schermi. Poi non si può negare che ci sia di mezzo anche quella triste faccenda di volervi costruire un comodo alibi all'attenzione, per evitare di dovervi confrontare con le persone, quelle reali, che gironzolano intorno a voi. Ma qui non scopriamo niente di nuovo. In ultima analisi c'è da considerarne la sua equivalenza alcolica, quella distrazione permanente del pensiero, ma senza gli effetti collaterali della cirrosi.
Forse è venuto il momento che qualcuno istituisca la "Telespettatori Anonimi".