Dagli applausi per il personale sanitario alle canzoni e gli inni: dai balconi e dalle finestre italiane, i cittadini hanno imparato a partecipare a flash mob per farsi reciprocamente coraggio in un momento storico difficilissimo. Un gesto semplice che ora potrebbe risultare utile anche alla ricerca scientifica.
Una versione ridotta di qusto articolo è stata pubblicata da Corriere.it
Dagli applausi per il personale sanitario alle canzoni e gli inni: dai balconi e dalle finestre italiane, i cittadini hanno imparato a partecipare a flash mob per farsi reciprocamente coraggio in un momento storico difficilissimo. Un gesto semplice che ora potrebbe risultare utile anche alla ricerca scientifica.
#ScienzaSulBalcone è infatti un esperimento di citizen science lanciato dal Consiglio nazionale delle Ricerche. Nato anche come reazione a una bufala scientifica circolata nei giorni scorsi, Scienza sul balcone funziona così: tutti siamo invitati a fare una rilevazione della luce che dall’esterno penetra nelle nostre case, per tre serate consecutive (dal 23 al 25 marzo dopo le 21). Un gesto semplice che potrebbe essere prezioso per un esperimento mai tentato prima. Ce ne parla Luca Perri, astrofisico e divulgatore scientifico, che insieme ad Alessandro Farini, ricercatore dell’Istituto nazionale di ottica del Cnr, ha ideato l’iniziativa.
Cos’è scienza sul balcone e come nasce?
Scienza sul balcone nasce in parte dalla volontà di smontare una bufala circolata alcuni giorni fa. In particolare, in uno dei flash mob sul balcone, è stato chiesto ai cittadini di illuminare il cielo con la torcia del cellulare. Sostenendo che in questo modo il nostro Paese sarebbe apparso più luminoso nelle foto satellitari. Un’affermazione che non ha nessuna base scientifica perché i satelliti non hanno la sensibilità tale per rilevare la debole luce di un cellulare. I satelliti riescono a rilevare solo l’illuminazione stradale, e nemmeno tutta. Quando mi sono arrivate le foto taroccate di presunte immagini satellitari ho dovuto spiegare che si trattava di una bufala. E sono stato accusato di minare il sentimento di unità nazionale. Da lì ci è venuta l’idea di lanciare un’iniziativa simile ma che avesse una reale base scientifica e fosse utile. E quindi chiediamo a chiunque voglia di misurare l’inquinamento luminoso, con un’applicazione gratuita da installare sul cellulare.
Come si può partecipare?
È molto semplice. Basta spegnere tutte le luci in casa, lanciare l’app e rivolgere lo schermo del cellulare verso la principale fonte luminosa che si vede dalla propria finestra. Può essere un lampione o un’insegna, qualsiasi fonte. L’applicazione, sfruttando il sensore di luminosità del cellulare, darà come risultato una cifra in Lux, l’unità di misura dell’illuminamento. Chiediamo di fare questa misurazione dopo le 21, quando il cielo è totalmente oscuro e non c’è più nessun raggio del crepuscolo. L’ideale sarebbe ripetere questa operazione per tutte e tre le sere. Dopodiché chiediamo di inserire i dati sul sito www.cnr.it/it/scienzasulbalcone con altre informazioni anonime, ad esempio il CAP o di specificare se si abita in città o in campagna.
Perché è importante mappare l’inquinamento luminoso?
Innanzitutto, parliamo di spreco di risorse pubbliche. Abbiamo una stima dell’ordine del miliardo di euro. Questo perché In Italia si è sempre pensato che più illuminazione pubblica significasse più sicurezza, ma le analisi in materia dimostrano che non c’è nessun tipo di correlazione di questo tipo. Il nostro Paese ha il doppio dei lampioni degli altri paesi europei ma di certo non possiamo affermare di avere un tasso di criminalità molto inferiore. Si pensi ad esempio alla Slovenia. Lì hanno avuto un approccio completamente diverso con un livello di illuminazione minima e ciononostante non ci registra un numero di aggressioni più elevato rispetto a noi. C’è poi da dire che i nostri lampioni sono vecchi e un terzo dell’illuminazione di disperde verso l’alto, il che è completamente inutile. Oltre a ciò vanno considerate le implicazioni di tipo sanitario. Normalmente, gli astrofili parlano di inquinamento luminoso relativamente alla luce notturna che non consente di ammirare le costellazioni. Il nostro esperimento invece punta a rilevare l’intensità della luce intrusiva, quella che dall’esterno penetra nelle case. È un tipo di radiazione luminosa che ha conseguenze negative sul nostro ciclo sonno-veglia. Allo stesso tempo ha un impatto negativo anche sui cicli biologici degli alberi e delle piante che costituiscono il verde urbano
Che tipo di risultati vi aspettate e quando pensate saranno disponibili?
Non sappiamo esattamente che tipo di dati aspettarci perché molto dipenderà dalla partecipazione e da come sarà diffusa sul territorio. Di certo, una volta analizzati i risultati vorremmo produrre un articolo scientifico di dominio pubblico per avviare una discussione su questo tema. Ripeto: si tratta di un volume ingente di risorse che potrebbero essere risparmiate e reinvestite. In questo momento mi verrebbe automatico dire che potrebbero essere dirottate sulla sanità. Secondo uno studio condotto nel 2019 da CieloBuio, il Coordinamento per la protezione del cielo notturno con l’Osservatorio Conti Pubblici dell’Università Cattolica, in Italia c’è un ricorso eccessivo all’illuminazione pubblica. 58 province italiane su 110 rientrano nel 20% di province europee con il tasso più elevato di illuminazione pubblica sprecata pro capite. Anche se l’esperimento dovesse andare male con poca partecipazione, potremmo avere delle indicazioni importanti su come dovremo muoverci in futuro per coinvolgere meglio i cittadini. Sia per ripetere questo esperimento, sia per altri esperimenti condivisi. La citizen science può essere un vettore per mostrare come per eseguire un esperimento ci sia la necessità di affrontare problemi di strumentazione che in questo caso può essere un cellulare difettoso. E di interpretazione dei dati: se qualcuno abita attaccato a un lampione di un piccolo paese avrà un numero di lux maggiore di chi abita in centro a Milano ma lontano dal lampione. Insomma, per rendere i cittadini consapevoli e partecipi del metodo scientifico.