PALLEROSSE
Il problema ecologico, apparso sovente come denuncia degli inquinamenti degli ambienti lavorativi, dei corsi d'acqua, del mare, dell'aria ha in seguito investito un ambito più vasto, il cosiddetto “ambiente”, portando all'attenzione dell'opinione pubblica altri aspetti quali la tutela delle risorse naturali, l'assetto idrogeologico, la difesa del suolo, la conservazione del patrimonio florofaunistico e culturale, le caratteristiche di sviluppo degli insediamenti urbani. Si sono messi sotto accusa il tipo di uso del territorio, il metodo consumistico che è alla base del fenomeno urbano, le caratteristiche dello sviluppo tecnologico ed infine le stesse scelte sociali ed economiche che sono le cause prime dell'inquinamento, intese nel senso più lato. Il capitalismo è conciliabile con la stessa possibilità di sopravvivenza della vita sul pianeta, ovvero il capitalismo sviluppandosi distrugge intorno a sé tutto, prima le risorse umane e poi quelle naturali? D'altra parte si afferma che non è possibile andare indietro, pena la ricaduta nel buio dei tempi preindustriali (e qui si opera un palese ricatto sull'opinione pubblica): lo sviluppo tecnico-scientifico è inarrestabile nelle attuali linee di tendenza, e determina situazioni “obiettivamente” inquinanti. La fabbrica sarà “pulita” nella misura in cui non contrasti con la logica della produzione capitalistica. Lo stesso dicasi della riforma urbanistica: non vogliamo una città migliore, ma una città diversa; così la difesa del suolo passa necessariamente per la riforma agraria e per la sistemazione della montagna: presupposto anche della tutela del patrimonio culturale, degli abitati minori, della viabilità secondaria, condizione necessaria per il riassetto idrogeologico. La lotta per un nuovo assetto territoriale, per la salute, per la difesa della campagna, per il riequilibrio nazionale e all'interno delle singole aree, sono momenti essenziali della lotta di classe in quanto tendono ad un nuovo assetto sociale e quindi ad una diversa distribuzione del reddito, ad un diverso modo di produzione (sopprimendo quindi lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo), ad un'assistenza sanitaria diversa, ad una città diversa. Il modello di assetto territoriale italiano si è formato all'insegna della devastazione delle risorse naturali, culturali e umane; effetto, questo, più grave in Italia che in altri paesi proprio per la presenza di un patrimonio di risorse che discende da un ricco e caratterizzante processo storico.
L'ambiente italiano è un'area culturale, nella quale anche i caratteri fisici, sono, certamente più che altrove, denotati in maniera decisiva dal segno storico. Pertanto, anche una risorsa naturale come quella idrica ha l'aspetto e la struttura di un bene culturale. Nella società attuale tutto è organizzato in modo tale che è sempre l'uomo costretto ad adattarsi al mondo che lo circonda. Il bambino dovrà accettare una serie di condizionamenti nell'habitat familiare, scolastico, esterno, non rivolti al suo più alto sviluppo umano, intellettuale e sociale ma indirizzati a farne un futuro produttore e consumatore di “merci”. La società non gli consentirà di giocare secondo il proprio istinto (e cioè per analizzare, smontare per conoscere e per impadronirsi in fasi successive di tutti i “segreti” di cui la natura lo circonda). Al contrario gli negherà già nella casa dove è nato e poi all'esterno, le condizioni per cui possa realizzare la propria istintiva personalità. Se quindi già alla casa ci si dovrà adattare, non si capirebbe perché, essendo il profitto il centro dell'interesse sociale, non si dovrà adattare al resto dell'ambiente che sarà coerente con il “mito”. Cosi la speculazione edilizia “cancellerà” le aree verdi, il verde attrezzato, ed il suolo per la scuola verrà scelto tra i rimasugli o per usare il linguaggio dei venditori di merci, tra gli “scampoli”. Questi “ritagli” di suolo per servizi che dovrebbero avere priorità assoluta nella lottizzazione di una città a misura dell'uomo, saranno al contrario relegati ed insufficienti, come insufficiente è già la casa e tutte le strutture destinate ai servizi sociali. Se insufficiente è la camera ed il soggiorno dove di “regola” si vive in carenza d'aria e di luce, assolutamente insufficiente sarà l'aula, la palestra (quando c'è), il giardino, ecc. Una inchiesta condotta nelle scuole del comune di Roma ha permesso di stabilire che 6 bambini su 10 “diventano” miopi a causa della scarsa luminosità dell'aula, o per errata disposizione di lavagne e strutture varie: che molti alunni si ammalano di scoliosi per la forma e l'insufficienza dei banchi e quindi per la posizione che debbono assumere quando scrivono. Che ancora molti bambini subiscono gravi danni allo scheletro a causa del peso dei libri durante il trasferimento da casa a scuola, usufruendo di mezzi insufficienti o inesistenti. Del resto la carenza di mezzi pubblici di trasporto non spinge forse i genitori a “consumare” più mezzi privati per accompagnare i figli a scuola, e non si è rilevato che specialmente nei pressi delle scuole nelle ore di punta l'aria è fortemente inquinata da ossido di carbonio, da piombo, da vapori nitrosi, tutti veleni potenti per il sangue, ed in modo particolare nei riguardi dell'infanzia? Non a caso Marx aveva notato che il capitalista poteva reggere il sistema solo alla condizione di disporre di quella che oggi è stata definita l'economia “aperta”, o molto più pittorescamente l'economia del cow-boy. Con un modo di produzione fondato sul massimo sfruttamento e quindi sulla massima incidenza di malattie professionali ed infortuni invalidanti; la condizione perché il sistema si possa reggere è che la disponibilità di forza-lavoro sia infinita, che cioè l'economia sia “aperta”. Così apparve ed ebbe grande successo la teoria secondo cui più che di società dei “consumi” (in quanto in natura come è ben noto, niente si “consuma” ma tutto si “trasforma” si doveva parlare di società di rifiuti. (Meditazione su: Rapporto tra politica ecologica e politica delle riforme di Viviani, Tassinari, Casule. Frattocchie, novembre 1971).
[ P R O F I T T O ]
Masse di operai
addensate nelle fabbriche
ricevono una organizzazione militare.
Come soldati semplici dell'industria
vengono sottoposti alla sorveglianza
di una completa gerarchia di ufficiali e sottufficiali.
Non sono soltanto gli schiavi del capitale
sono tutti i giorni e a tutte le ore
gli schiavi della macchina, del sorvegliante
e soprattutto del singolo padrone.
Questo dispotismo è tanto più misero,
odioso, esasperante,
quanto più proclama apertamente il profitto
come suo scopo finale.
-Karl Marx - Friedrich Engels-
Vedi: LA MARMELLATA (21 ottobre 2015)