Magazine Cinema
Mel Gibson: “I film significano così tanto per te Homer?” Homer Simpson: “Sono la mia unica evasione dalle noie del lavoro e della famiglia.” Avviso ai lettori (AKA “mettiamo le mani avanti”): in questo articolo c'è la possibilità che si salti di palo in frasca, quindi non affaticatevi troppo a farmi notare che “una cosa non c'entra nulla con l'altra” e così via; tranquilli, lo so benissimo, ma è un articolo scritto più di pancia che di testa, quindi lasciatemi fare. Gary Salomon è una bella persona, o almeno penso lo sia, anche perché googlando rapidamente il suo nome non è che sbuchino fuori pagine di Wikipedia o quant'altro che ci parlino della sua vita o della sua carriera di psicoterapeuta; anche andando sulla biografia pubblicata sul suo sito, le informazioni appaiono sconnesse e frammentarie: è apparso in TV e alla Radio nazionali, insegna psicologia al College of Southern Nevada a Henderson, è stato nominato “Professore dell'anno” nel 2009, ha pubblicato un bel po' di libri, eccetera eccetera. Ormai vi starete chiedendo: perché se ne parla qui, in un blog di cinema? Perché Gary Salomon è il padre della cineterapia, una terapia di supporto basata sul concetto che diversi disagi psicologici, da uno stato d'animo a vere e proprie patologie della psiche, possano essere attenuati, i maniera più o meno marcata a seconda del contesto, dalla visione di uno o più film ben determinati, da vedere sia in ambito domestico che al cinema. In buona sostanza, in determinate situazioni di stress emotivo, guardare pellicole che raccontino storie simili a quella che stiamo vivendo può aiutarci in qualche modo, ma non è una regola universale: tutto l'impianto empatico, come si evince dalle parole del Dottor Roberto Cavaliere, psicologo e psicoterapeuta, è governato dalla cosidetta “risonanza emotiva individuale” dello spettatore, ovvero dalle barriere che lo spettatore innalza tra se e lo schermo e dalla capacità del film in questione di rompere quelle barriere. Tali barriere dipendono da fattori strettamente soggettivi, come l'età, la cultura e anche il contesto dello spettatore, ed è per questo che non esistono pellicole universalmente “terapeutiche”, non solo di soggetto in soggetto, ma anche in periodi diversi della vita del “paziente”. Insomma ci vuole il film giusto al momento giusto, come detto anche dal Dottor Ignazio Senatore, che in un articolo apparso su Vivere Sani e Belli del 2 aprile 2004, dice testualmente: <<Non è così automatico né che un certo film produca vantaggi su una determinata malattia, né che uno stesso film possa risultare benefico su qualsiasi spettatore. Qualsiasi film, anche il più frivolo, o il meno impegnato o il più modesto sotto il profilo artistico può, in linea teorica, aiutare a stare meglio. Così come il film più coinvolgente e ben realizzato può fare molto per qualcuno e nulla per qualcun altro. Tutto dipende non già dalla pellicola ma da come, in modo assolutamente personale, ciascuno vi reagisce.>> Sul sito http://www.cinemaepsicoanalisi.com/cineterapia_cinema_e_psyche.htm c'è anche un simpatico test (non mi prendo responsabilità in merito alla sua efficacia) con cui poter verificare se la visione di un film possa in qualche modo produrre effetti sul vostro spirito. Eh vabbè, veniamo a me. Quando sono triste, in qualsiasi situazione, che sia amorosa, “studentesca” o di altra natura, i miei due film terapeutici sono (RULLO DI TAMBURI)... Star Trek di J.J. Abrams e Transformers 2: La Vendetta del Caduto! Già, ho decisamente fatta mia la regola “qualsiasi film, anche il meno impegnato o il più modesto sotto il profilo artistico”, ma che ci posso fare? Mi rilassano, mi distendono i nervi, mi distraggono da tutto il resto e finita la visione mi fanno sentire meglio, da anni ormai.
So perfino dirvi con certezza il momento esatto in cui mi faccio un pisolino durante la visione di Transformers 2: avete presente quando i protagonisti trovano un Autobot artereosclerotico allo Smithsonian e quello li teletrasporta nel bel mezzo del nulla del deserto egiziano? Ecco, arrivato lì mi cala la palpebra e mi perdo lo spiegone del perché i Prime abbiano nascosto qualcosa da qualche parte bla bla bla.
Ora, non per spiattellarvi i cavolacci miei e urlarli ai 4 venti, però voglio farvi una confessione: quest'estate è stata un mezzo inferno, roba da 1 problema al giorno che non toglie il medico di torno, anzi, lo attira come la birra fa con le lumache, e non solo per me, ma anche per una persona cara molto vicina. Per farla breve, mi sono improvvisato psicoterapeuta cinematografò e ormai la visione del blu-ray/ DVD di turno in prima serata è un appuntamento semi-fisso: i film d'animazione vanno fortissimo e funzionano alla grande, Rapunzel è stato particolarmente efficace. Quel che più soddisfa è poter regalare un sorriso condividendo la tua passione. alexdiro
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