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Cracolandia. Lettera aperta di Padre Renato alla Ministra Maria do Rosario

Da Unaltrosguardo @maurovillone

Lettera aperta di Padre Renato Chiera alla Ministra Maria do Rosario della Segreteria per i Diritti Umani della Repubblica del Brasile

Trad. It. Mauro Villone. Pubblico qui in italiano e anche nella versione in portoghese la lettera di Padre Renato (che mi ha autorizzato) sulla situazione droga in Brasile, in particolare a Rio. Insistiamo su questo non solo per la gravità della situazione in sé, ma anche perché essa stessa è un allarme per tutta l’umanità che ovunque sta vivendo un periodo difficile che necessita di un grande cambiamento. “Le cracolandie – scrive Padre Renato e noi concordiamo, sono lo scomodo specchio delle nostre famiglia e di una società malata e drogata”. E’ una lettera accorata, tosta, scritta da un professionista del settore, che non risparmia denunce e accuse gravissime. Alcune cose le avevo già riportate nel mio articolo precedente. Chi ha il tempo, la voglia e lo stomaco per leggerla potrà approfondire il tema.

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INTRODUZIONE

Sono Padre Renato, fondatore della ”Casa do menor”, con sede nella  Baixada di Rio e con filiali in Rio, Alagoas, Fortaleza, Pacatuba, 70 anni, di cui 34  passati in  Brasile a contatto con  gli  esclusi e  da  26  anni impegnato nell’accoglimento  di  bambini  e  adolescenti che si trovano in situazioni di alto  rischio  sociale e  personale,  di strada e di dipendenza chimica. Da 1 anno frequento la Cracolandia de Manguinhos  e Jacarezinho con un gruppo di volontari della Casa do menor e altre associazioni della rete.  Dopo l’espulsione di dipendenti da crack, visito settimanalmente con enfermieri e barbieri, portando alimenti e vestiti, nella nuova “cracolandia volante”, che si è creata nella Avenida BRASIL e nell’entrata della Ilha do Governador, dove si trova l’aeroporto internazionale. Conosco e stimo la Ministra per la sua sensibilità, fin dall’incontro a  Rio per l’anniversario della strage della Candelária (chiesa davanti alla quale vennero uccisi numerosi bambini di strada dalla polizia N.d.T.).

Le mie osservazioni non sono contro alcuno; sono in difesa della vita e della dignità di ogni essere umano; è un piccolo contributo di chi conosce da vicino questa realtà e segnala possibili cammini   per dare risposta a questa triste realtà  di cracolandia e  del  crack. Sono un appassionato della vita e un po’ conoscitore dell’umanità, dovuti alla mia formazione filosofica a quasi 35 anni di baixada fluminense (la Zona Norte di Rio N.d.T.), vicino ai più esclusi.

...notare il ciuccio che succhiano di notte per confortarsi...

…notare il ciuccio che succhiano di notte per confortarsi…

CRACK: IL GOVERNO DILMA E IL GOVERNO DI RIO

1- I problemi droga, narcotraffico, violenza, favelas, crack non è di oggi in Brasile, ma finora non è stata avviata nessuna iniziativa, fingendo per molto tempo che non esistessero.

2 – Il governo DILMA aveva collocato questa problematica come prioritaria dimostrando preoccupazione per questa tragedia, vera e propria malattia del secolo. Necessitano però preparazione e professionalità.

3 – Il governo di Rio ha di recente sollevato questo problema. Perché? Per mostrare una “cidade maravilhosa” e sicura in vista di eventi importantissimi e dunque pulizia etnica e sociale? Ci sono molte cose che ci farebbero pensare proprio questo, ma speriamo che non sia così e che in Rio possa nascere qualcosa che sia un punto di riferimento per il Brasile, spaventato e impotente davanti alla diffusione capillare del crack, che raggiunge città della costa e dell’interno, bambini e anziani, poveri e ricchi.

4 – Il governo di Rio merita rispetto nel voler affrontare questa tragedia ed epidemia del secolo, ma non è minimamente preparato con le strutture di appoggio necessarie, e persone davvero coinvolte in questa causa. E non penso sia utile cercare di affrontare questa enorme sfida con continue improvvisazioni. Non si comincia un’azione di questa complessità e difficoltà senza programmare prima una  metodologia  e  i passi  essenziali e le strutture indispensabili per la sua realizzazione. Non si comincia una guerra (contro il crack) senza soldati, equipaggiamento e retroguardia. Si raccoglie solo…e non si può accogliere. Il resto è superficialità inammissibile e irresponsabilità. È necessario un dialogo permanente governo-società coinvolta.

Volendo potrei suggerire una propaganda, IMBELLETTARE LA CIDADE MARAVILHOSA IN VISTA DI GRANDI EVENTI, NASCONDENDO LA SPAZZATURA SOTTO IL TAPPETO, non si arriverà a nessun risultato e non si troverà alcuna soluzione.

OCCUPAZIONE DELLE FAVELAS CON L’UPPs (Unità Polizia Pacificadora – N.d.T.) e INVASIONI DELLE CRACOLANDIE: VERE SOLUZIONI?

5 – Nel 2010 il governo di Rio cominciò a invadere le favelas (o…a pacificare le favelas!) e con questo migliorò un po’ il problema della sicurezza pubblica e diminuì la visibilità delle armi dei trafficanti, ma aumentò la visibilità delle armi della polizia, dando la dura sensazione di trovarsi in zone di guerra. La diminuzione della violenza fino a quando durerà?

L’aumento della violenza in San Paolo e la violenza che sta ritornando nel Complexo do Alemão (una favela di Rio – N.d.T.) dovrebbero insegnare. La violenza non può risolvere la violenza. È diminuito il traffico evidente nelle favelas, ma non l’organizzazione del traffico che si è spostato altrove, espandendosi nella Zona Nord e nel resto del Brasile, aumentando spaventosamente la violenza. Il traffico continua, in forme diverse, nelle stesse favelas, addirittura coperto, ora, proprio dalla polizia, o coinvolgendo i miliziani (la milizia è una feroce polizia clandestina – N.d.T.), uomini di guerra, (e non più gli adolescenti, poverissimi), ancora peggiori dei trafficanti, senza radici in queste favelas. Contano sulla copertura della polizia  e perfino del governo, che non ha ancora invaso nessuna favela occupata dai miliziani. Gli abitanti di questi posti mi confidano: ”i miliziani e la polizia vengono da fuori, mentre i trafficanti sono cresciuti in queste favelas”. Sappiamo che i miliziani stanno imponendo una vera mafia e terrore con l’apparenza di una falsa pace e liberazione dal traffico, che ora sono loro a controllare. E nelle favelas ”recentemente –pacificate”, si  respira   si un altro clima, ma   si  teme  e si  parla  di consegna ufficiale del traffico nelle mani di agenti della polizia o ex-poliziotti. Si cambierebbe così solo padrone?

6 – Ultimamente il governo di Rio ha invaso le cracolandie di Manguinhos e Jacaré, che visitiamo da più di un anno: cimiteri di vivi, che aspettano la morte e si uniscono per superare la solitudine, il rigetto, la perdita, l’abbandono da parte di tutti  e si consolano fumando la “pedra maldida” (nome in gergo del crack – N.d.T.).

Le sparatorie sono violente ed è facilissimo essere colpiti da una pallottola vagante

Le sparatorie sono violente ed è facilissimo essere colpiti da una pallottola vagante

BENVENUTI ALL’INFERNO

”Ben venuti all’inferno” si trova scritto all’ingresso di una di queste cracolandie.  Entriamo in questi luoghi di morte e di disperazione per portare speranza, semplicemente ascoltando e condividendo la loro sofferenza e far sentire a queste persone escluse, disprezzate, robot schiavi di questa pietra maledetta, che essi sono amati, e molto, da Qualcuno e da noi e che hanno diritto a una vita da esseri umani e che noi siamo a disposizione per aiutarli a uscire da questo mondo di morte, se riescono ancora a sognare qualcosa di meglio. Senza prelevarli con la forza  o la presenza massiccia di guardie e polizia, un buon numero di donne e uomini è già riuscito a uscire da questo inferno.

Quando chiedevo loro se qualcuno era già entrato per incontrarli semplicemente per ascoltarli parlare della sofferenza che li aveva portati a entrare in questa vita schiava la risposta era: “No padre. Qui entra solo la polizia per sparare alla gente. Non si vede medico. Né assistenza di qualsiasi tipo. Il governo e molta gente vorrebbe solo che noi morissimo. Lei è il primo che ci viene a trovare. Nessuno, né della prefettura, né della chiesa, viene a chiederci cosa ci ha portato in questo inferno, di cosa abbiamo bisogno”. Non ho mai visto nella mia vita una realtà tanto orribile e disumana, peggiore dei campi di concentramento nazisti che ho visitato.

Cosa è stato fatto finora per questi “cracudos”? Semplicemente espulsi con azioni di forza e costretti a migrare in altri territori per pulire le aree che interessavano, così come un tempo si confinavano i lebbrosi nelle isole maledette perché non contagiassero altri. Ma il tiro ha dato un contraccolpo…si sono espulsi i tossici da cracolandia de Manguinhos, che stazionavano in piazze orrende mischiati a porci e ratti e pozze d’acqua lurida e spazzatura, ma stavano insieme e si sentivano “famiglia” nella disgrazia comune, e ora gli stessi ragazzi si accampano nell’Avenida Brasil,  all’altezza di Parque União e dell’entrata per l’aeroporto internazionale, offrendo uno spettacolo terrificante sotto gli occhi di tutti. Non si poteva dare maggiore visibilità a questo spettacolo certo non degno di un paese, sesta potenza economica mondiale, che si appresta a fare ingresso nello scenario dei “grandi del mondo”.

Quasi tutti i giorni, con il concorso di polizia e guardie municipali, gruppi di professionisti e membri del dipartimento di giustizia e per la difesa di bambini e adolescenti (immaginatevi il costo di tutto ciò!) e copertura mediatica di TV e giornali, si fa la raccolta coatta di bambini e adolescenti (cosa applaudita por alcuni e condannata da altri) e pure di adulti (altra attività, praticata e ora momentaneamente sospesa, sulla quale si potrebbero avanzare molti dubbi circa la legalità e costituzionalità), con l’intento di recuperarli e salvarli dalla morte. In maniera più o meno violenta e rispettosa di esseri umani, sono caricati su autobus e spediti in un centro di raccolta(500 persone?)  vicino a PACIENCIA, regione Ovest della periferia di Rio, vero deposito umano  della Prefeitura (il Comune N.d.T.), senza tener conto dell’orrore del posto, dove mangiano, fanno il bagno, la maggior parte fugge il giorno dopo,  ma non senza aver prima comprato una dose di crack di fianco al centro di “accoglienza” dove la “boca de fumo”  (“luogo di spaccio” nello slang locale N.d.T.) di ANTARES ringrazia per tanta possibilità di smercio. A proposito di questo guardate le foto e le immagini televisive..

Visiti, segnora ministra, questi ”centri di recupero”, moderni campi di concentramento. Persino i tossici si ribellano e fuggono, mostrando così di avere ancora un minimo di dignità e salute mentale! La strada è molto meglio.

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LE PERSONE SI ACCOLGONO… È LA SPAZZATURA CHE SI RACCOGLIE

Rispetto tutti e credo nelle buone intenzioni, ma ripeto: è strano che un governo che intenda risolvere problemi difficili e di una tale complessità, non abbia organizzato nulla o quasi che non sia un apparato militare per l’espulsione. La nostra lunga esperienza di accoglienza di bambini e adolescenti tossicodipendenti, ci ha insegnato che servono spazi per l’accoglienza e il recupero dell’identità e per “ricostruire” le persone, infrastrutture sanitarie, centri di disintossicazione, comunità terapeutiche, persone che abbiano sia la vocazione all’aiuto che la preparazione professionale, capaci di amare e accogliere. Le persone non si raccoglono, si accolgono.  “E’ la spazzatura che si raccoglie”! E’  strano che dopo queste azioni e decisioni non siano state viste e condivise con i segmenti più sensibili della società, che hanno preparazione ed esperienza in questo settore. Lo stato è molto orgoglioso e crede si sapere e potere tutto. Ho saputo ora che è allo studio, a Brasilia, un progetto di legge per il raccoglimento compulsivo (al momento della traduzione il progetto è stato approvato N.d.T.) che avrà l’approvazione di tutti o quasi. I nostri deputati non si sono mai concentrati nella ricerca di una soluzione adeguata per risolvere una situazione così difficile e complessa e trovare vere soluzioni. Adesso però sono tutti d’accordo per raccogliere la gente come spazzatura in qualsiasi modo. Temiamo i figli che abbiamo generato e che ora demonizziamo per sentirci innocenti personalmente.

Prime distribuzioni di cibo e bevande

Prime distribuzioni di cibo e bevande

PECCATO CHE I ” CRACUDOS” NON SIANO CANI!

DOMANDO: che succederebbe se il Brasile o Rio de Janeiro trattassero i loro cani come si sta facendo con i consumatori di crack e si raccogliessero con azioni di polizia, usando, come successo le scorse settimane, persino choc elettrici e spray urticanti (lo visto fare personalmente e mi è stato riferito anche da miei collaboratori? Il mondo intero, governi, ONU e ONGs che difendono gli animali si rivolterebbero, denunciando questa enorme barbarie brasiliana. Peccato che i” cracudos” non siano cani, ma solo esseri umani caduti nella spirale della droga  e  del crack a causa della mancanza di presenza di qualcuno che li facesse sentire figli amati e  desse loro importanza e cittadinanza.

on the road

on the road

LE CRACOLANDIE: SCOMODO SPECCHIO DELLE NOSTRE FAMIGLIE E DI UNA SOCIETA’ MALATA E DROGATA.

Siamo così disperati e disorientati che espelliamo in continuazione i nostri figli, questo è lo specchio e il risultato delle nostre famiglie distrutte e della nostra società malata e drogata. Ce ne liberiamo per non sentire il grido che ci accusa tutti. Criminalizziamo persone entrate nel crack e nella droga per disperazione e che sono perfettamente consapevoli di essere su una strada che non porta da nessun altra parte che alla morte e nessuno unisce le forze per cercare tutti insieme, con umiltà, cammini e risposte non facili alle necessità degli esclusi, vittime di grandi trafficanti e delinquenti dal colletto bianco, che si arricchiscono alle spalle di questi disperati. “Il crack è invenzione del diavolo. Poiché gente, già ricchissima, cerca di guadagnare ancora più denaro con questa “pietra maledetta” che riduce la gente come schiavi e robot, cancellando ogni dignità, condannati a rubare e a prostituirsi per comprare una dose? Speriamo che i nostri figli non cadano in questa disgrazia”. Questo è ciò che ho sentito dire con le mie orecchie da alcuni tossici.

Dobbiamo interrogarci tutti su cosa sta accadendo nel nostro caro Brasile che rifiuta esseri umani, con la loro scomoda presenza. Chiederci tutti come è possibile aver paura dei figli che abbiamo generato, ma forse non educato, non amato, non cresciuto.

IL PROBLEMA CRACK: UN PROBLEMA DI POLIZIA?

Il problema del crack non è un problema di polizia… Senza dubbio si tratta anche di un problema di sicurezza, ma lo è anche di salute, di politica pubblica che vede le famiglie dei miserabili, distrutte, incapaci di dare amore; si tratta di un problema di perdita di valori della società intera, delle famiglie, delle scuole (“stato” laicista, non laico, che vuole bandire la religione dai suoi valori); è un problema di rigetto e di mancanza d’amore, di educazione e di scolarità; è un problema, nell’immediato, di disintossicazione, di trattamento e recupero in comunità terapeutiche e poi un problema de scolarizzazione, professionalizzazione e di inserimento nella società , nel mercato del lavoro. È  anche un problema di abitazione.  Tutto questo richiede persone “di vocazione”, capaci di ascoltare, accogliere, amare.

Ministra, tutti raccontano di storie terribili di abbandono, di rifiuto, di violenze subite, di mancanza d’amore, di mancanza di qualcuno che li faccia sentire figli, di mancanza di opportunità, scuola, lavoro, casa.

Molti con bambole o orsacchitti per un po' di conforto nelle notti per la strada

Molti con bambole o orsacchitti per un po’ di conforto nelle notti per la strada

NON E’ IL CRACK CHE UCCIDE, MA LA MANCANZA DI AMORE E DI OPPORTUNITA’.

Si tratta di storie tutte uguali, nelle quali cambiano solo i nomi. Sono grida che chiedono presenza e amore. Questa è la ragione di tutto. Vale sia per i poveri che per i ricchi (attualmente ci sono anche molti figli di ricchi nel crack). Ricchi di soldi, ma carenti dell’amore dei genitori, che non hanno tempo per i figli, e che poi dicono di dover guadagnare di più per i figli, sempre più poveri di amore e di presenza.

“Bambino, perché sei qui?” “Mia madre mi ha abbandonato; mio padre è violento; il mio patrigno non mi vuole; mi usa sessualmente; nessuno mi vuole”. Confesso che è difficile parlare con questi bambini folli per una dose. Molto più facile con giovani e adulti che hanno già perduto tutto a  causa  del  crack.

“e tu, giovane, perché sei qui, in questo mondo di morte?”  “Sono entrato in questo mondo da piccolo, adesso non ho studiato, non ho avuto educazione, non ho un lavoro. La mia famiglia non mi vuole più, è stanca di me.”

“E lei signora, che potrebbe essere la nonna di tutti?” (76 anni). “…. padre…avevo molti figli…mi hanno abbandonata tutti…mi rifugio qui per non stare da sola. Adesso so persino preparare il crack.”

“E tu nonno?” (79 anni). “Vengo qui per consolarmi. I miei figli mi hanno buttato fuori dalla casa che avevo costruito. È durissima crescerli e poi essere trattato così. Non saprei dove andare”.

“Padre, il nostro problema è il lavoro”, mi dice un padre di famiglia. Ho perso il lavoro al comune e ora sono qui. Ho tre figli; sono finito qui per disperazione. Adesso sono schiavo del crack.”

“Io avevo una casetta, costruita con tanto amore. La polizia ci ha mandati via senza tanti complimenti, il terreno non era nostro. Non so cosa fare, sono disorientato, se4nza niente, nemmeno i documenti, ho perso tutto durante l’espulsione della polizia. Dove vado?”

“Io ho tre figli, sono senza marito e senza lavoro. Questo è il mio problema. Non il crack.”

CRIMINALI O MALATI, DERUBATI DI TUTTO? ASCOLTARE PER SAPERE COME AIUTARE.

IL MUNICIPIO DI RIO iniziò questo processo antidroga nella maniera peggiore: espellendo con violenza e e obbligando compulsivamente i tossici ad andarsene dalla strada. Gente che, prima di tutto, non sono criminali, ma malati, esclusi, rifiutati in mille modi, reietti, non amati, frutto e ritratto di una società che genera, ma non cresce né educa e, soprattutto, non ama. Ma criminalizza e cerca di eliminare o solo per chiudere la bocca di quelli che accusano e sfidano. Criminalizza persone che soffrono senza colpa, che entrano nella droga  per  riempire i vuoti delle carenze, dei rifiuti, degli abbandoni, delle perdite e per sopportare dolore infinito. Sono violenti perché non amati: la violenza peggiore che si può subire è essere figli non amati. Vittime di violenze accumulate e dalla società e dalla famiglia e noi, con la scusa di aiutarli e farli uscire dal crack, perpetriamo ancora altra violenza. Alla richiesta di presenza e amore, che non vogliamo ascoltare, rispondiamo con violenza, disprezzo e punizioni e poi chiediamo che ancora ci ringrazino, perché li salviamo dal  crack. Sono loro che dovrebbero dirci di cosa hanno bisogno per uscire dalla dipendenza.

Senza questa presa di coscienza fondamentale, non andremo da nessuna parte, men che meno troveremo soluzioni.

Ho parlato di questo al segretario dell’assistenza sociale; mi guardava come se fossi un pagliaccio. Adesso i risultati danno prova di cosa gli dissi.

I tossici sanno che disgrazia siano droghe e crack, la chiamano la “chimica del diavolo”, che rende come robot comandati da una sostanza maledetta, che li distrugge e li rende come bestie, li schiavizza e non li lascerà più uscire dalle gabbie che essi stessi si sono costruite. Vorrebbero uscirne, ma hanno bisogno di aiuto. Maledicono chi ha inventato il crack e si chiedono cosa faccia il  governo per contenere questo commercio orribile, certo non controllato dai poveracci, ma dai grandi del mondo politico, imprenditoriale, militare e giuridico. Non si vede tutta quella mobilitazione militare per con elicotteri e carri armati per contenere il contrabbando di droghe da Bolivia, Paraguay, Colombia. È un problema che coinvolge tutti i segmenti della società. Si dovrebbe fare un lavoro multidisciplinare in rete tra diversi ministeri, ma sto scrivendo solo al ministro della salute che porta avanti una filosofia molto discutibile. Il crack  non è solamente un problema di salute. Occorre agire in rete, a livello  federale, statale e municipale. I progetti del governo i miserabili non li sfiorano nemmeno, come mi diceva Patrus Ananias. I governi non sanno lavorare con gli esclusi. Per progetti di questa portata non bastano i soldi, servono amore, empatia, professionalità. Serve condivisione. Il governo ora, totalmente disorientato, accetta partnership con comunità terapeutiche di origine religiosa che convoca, solo perché sta annaspando, non perché condivide  metodologia  e  filosofia.

Si vive in mezzo ai rifiuti, utili anche per rimediare qualcosa.

Si vive in mezzo ai rifiuti, utili anche per rimediare qualcosa.

ALCUNE DOMANDE: mancanza di rispetto ai diritti umani.

Ministra, i diritti di queste persone non sono rispettati dalle azioni violente e compulsive, nella mancanza di ogni assistenza sanitaria, con l’uso di armi non letali, con il rifiuto, l’odio, lo schifo, il disprezzo mostrati nei loro confronti. Il problema più grave è sempre lo stesso, manca fin dall’inizio, fin dalla nascita, il rispetto dei diritti fondamentali, proclamati dalla Constituição-ECA (cibo, famiglia, scuola, educazione, lavoro, salute). Questo poi dura tutta la vita e adesso questi diritti sono loro negati fino alla raccolta come fossero spazzatura. Ho visto un sacco di poliziotti in tenuta professionale, armati. Mai vista la presenza di infermieri, che curassero con amore ferite nelle braccia, nelle gambe, malattie della pelle. Siamo noi che organizziamo anche in gruppo il taglio dei capelli o diamo loro da bere e da mangiare. Loro non mangiano e non bevono perché passano tutto il giorno e tutta la notte a cercare una dose e usano tutto il poco denaro che hanno per comprarla.

Quando arriviamo ci corrono incontro, ci abbracciano e si lamentano se non siamo andati nel giorno programmato. Quando arrivano i gruppi del comune, fuggono e tirano pietre. Con noi ci abbracciano e facciamo festa. Perché mai?

Una volta ho visto una signora, madre di tre figli, su un materasso distrutto, alla pioggia, pelle e ossa, 45 anni. Non pesava più di trenta chili, con  l’AIDS e dipendente dal crack, moribonda. Tutti i giorni viene avvicinata, all’alba o la mattina da polizia etc. Ma nessuno si è preoccupato di questa poveraccia, che io ho battezzato con l’acqua con un bicchiere usato dai cracudos per fumare. Siamo noi che l’abbiamo aiutata a uscire da quell’inferno e a ricoverarla. Molti hanno ferite di arma da fuoco, con problemi polmonari gravi e ci sono molte ragazze gravide. Persino la polizia ha lo sguardo perso nel vuoto. Alcuni poliziotti mi dicono sottovoce: ” Ci mandano qui, ma per fare cosa? La polizia non ha modo di aiutarli; si tratta di un problema governativo”. Poveracci pure i poliziotti! Chiamati a risolvere di tutto in queste città, solo con un revolver in mano!

Questa ragazza, incinta e abbandonata piange con Padre Renato

Questa ragazza, incinta e abbandonata piange con Padre Renato

RACCOLTA COMPULSIVA. PRATICA IGIENICA?

L’internamento forzato di adulti – come di bambini e adolescenti – che vivono per strada e che si suppone facciano uso di droghe a Rio è un’involuzione in molti sensi. Affrontare un problema così complesso richiede che diversi attori della società civile e del potere pubblico si schierino contro questo modo di agire – nel frattempo ottenere accoglienza da parte delle istituzioni. Queste operazioni sono la riedizione di vecchie pratiche igieniste: la raccolta di gente costretta a vivere per la strada – questa volta legata inoltre al problema del crack. Con la promulgazione della Legge 10.216/2001, che stabilisce un nuovo paradigma di cura opposta alla logica dei manicomi, dice che l “internamento, con qualsiasi modalità, solo quando il sostegno extra-ospedaliero si dimostra insufficiente” (articolo 4º), essendo di responsabilità del comune fornire tale servizio. Le operazioni in questione, oltre a trattare la popolazione indiscriminatamente e violentemente, utilizzano denaro pubblico che dovrebbe essere utilizzato per finanziare servizi che promuovano l’autonomia, la cittadinanza e l’inclusione sociale, previsti per legge. Utilizzare come politica pubblica l’internamento forzato è come riconoscere che il comune non investe in servizi specializzati adeguati. Ma come pensare a un trattamento se non esiste nemmeno una rete? A Rio ogni 1,2 milioni di abitanti, esiste solo un Centro di Attenzione Psicosociale per uso di alcool e altre droghe (CAPSad). A Recife, ce n’è uno ogni 250 mila abitanti. I fondi pubblici dovrebbero essere usati per aprire questi centri CAPS (AD, infantili e 24 ore) e servizi di urgenza, emergenza e ricovero ospedaliero; residenze terapeutiche; centri di convivenza; equipe per lo sviluppo di strategie sanitarie per le famiglie; consultori di strada e Nuclei di Appoggio alla Salute della Famiglia. È prioritario creare una rete di assistenza sociale, come i CREAS (Centros de Referência Especializada da Assistência Social) e i Centri POP. Investire in abitazioni, sviluppo di possibilità di impiego e di rendita, sport e tempo libero che garantiscano la prevenzione. Non si tratta di inventare la ruota: esistono alternative concrete per lo sviluppo di piani di aiuto umanitari che garantiscano al tempo stesso i diritti umani della popolazione. Occorrerebbe inoltre aprire spazi in cui il potere pubblico possa dialogare con diversi attori sociali. È questo che ci si aspetta da uno stato democratico e di diritto. Nessuno può essere arrestato, se non preso in flagrante. Il raccoglimento compulsivo è contro l’articolo 5, comma LXI della Costituzione. Nessuno può essere arrestato, se non preso in flagrante o per ordine scritto e motivato emesso dall’autorità giudiziaria  competente. L’internamento psichiatrica obbligatoria deve avere carattere di eccezionalità ed è giustificata solo nel caso che altri interventi non diano risultati e anche in questo caso nel rispetto dei diritti delle persone coinvolte. O nel caso che chi interviene corra rischio di vita. Si è comunque obbligati a redigere una relazione che spieghi nei dettagli il tipo di intervento. Non si può fare raccolta compulsiva, in massa, con autobus che ricordano le azioni naziste di un tempo che tutti vorrebbero dimenticare.

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TRATTAMENTO NON SIGNIFICA CASTIGO O PUNIZIONE.

È importante sottolineare che il trattamento non è castigo bensì un diritto e un aiuto…  Conquistare con amore chi non è mai stato amato… Andando nelle  cracolandie siamo ben accetti e incontriamo un sacco di gente che chiede aiuto per uscire… Mancano strutture di appoggio. Cerchiamo comunità terapeutiche religiose che lo facciano, senza aiuto da parte del governo. Raccogliere non risolve. Occorre rispondere alle specifiche necessità di ognuno. Si tratta di un lavoro personalizzato che parte dall’ascolto. Sono gli stessi cracudos che ci suggeriscono soluzioni: il governo ci dovrebbe mettere tutti in uno stadio e lì vedere uno per uno per quale motivo è caduto nell’uso del crack e di cosa avrebbe bisogno per uscirne. Questo potrebbe portare a risposte concrete, recuperando i legami con le famiglie, il lavoro, la casa, i centri di recupero. “Chi non dovesse chiedere proprio niente, dovrebbe esserne lasciato fuori”. È un compito difficile che richiede la partecipazione di tutti.

OBBLIGARE A CURARSI?

Obbligare a curarsi significa non conoscere il processo di recupero che deve nascere dalla volontà della persona e non da pressioni esterne. In assenza dell’accettazione del soggetto, non inizia alcun processo. Chi decide di cambiare poi, deve anzitutto essere disponibile a un cambiamento interiore profondo. Non si può curare usando una droga (come rimedio) in sostituzione di un’altra (il crack). Quello che è necessario è riempire il vuoto, il buco nel cuore. Qualcuno vorrebbe raccogliere questi ragazzi e obbligarli a curarsi. Ma dove? Come? In nuovi campi di concentramento? Non siamo ridicoli! É un grave errore psicologico avvicinare dipendenti chimici con la forza e con azioni di polizia. Credete che in questo modo si potrebbero curare le carenze che li hanno portati a usare la droga? Noi usiamo altri metodi per ottenere risultati. L’amministrazione comunale di Rio ha buttato fuori i tossici dalla cracolandia di Manguinhos e loro sono fuggiti fin sotto il viadotto per l’entrata nell’Aeroporto di Galeão. In  parte si sono sparpagliati per tutta Rio e nella Baixada fluminense.  Il comune ha bloccato tutti i viadotti per impedire la permanenza dei tossici, con la geniale idea di collocare delle pietre appuntite affinché nessuno potesse fermarsi o sedersi. Una volontaria svizzera (psicologa junghiana) indignata, mi disse che questo sistema è usato in Africa per difendersi dagli elefanti. Quando è che criminalizzeremo i grandi che stanno dietro al narcotraffico nazionale e internazionale? Quand’è che la società e i governi si fermeranno per vedere cosa sta avvenendo in Brasile, che esporta una immagine da primo mondo ed si avvia a essere la 5^ potenza economica mondiale, mentre non si accorge nemmeno che il consumismo, l’edonismo, la perdita di valori, lo sfaldamento della famiglia, la mancanza di vere relazioni, la cultura della morte e del piacere sono la radice profonda del do fenomeno droga, che non è causa, bensì conseguenza…? Vogliamo fare come gli struzzi, che nascondono solo la testa per non vedere… Fino a quando saremo contenti ingannandoci e ingannando gli altri, chiedendo, uccidendo, prendendo, rigettando giovani poveracci, senza amore e senza futuro. Una CPI (Commissione Parlamentare di Inchiesta – N.d.T.) sulle droghe sorprenderebbe parecchio il mondo politico, militare e giuridico!!! Una CPI sulle azioni di governo in campo sociale, per recuperare vite e su quello che investe in strutture faraoniche per distrarre e alienare la gente, sarebbe molto interessante. La città di Rio investirà 270 miliardi di Reali, in lavori per i mondiali e le olimpiadi. Manca solo il denaro per salvare delle vite. Lavoro da 27 anni con migliaia di esclusi. La nostra organizzazione la Casa do Menor (La Casa dei Bambini N.d.T.) riceveva maggiori aiuti prima dai governi più conservatori che non adesso, con un governo che si proclama progressista. Basta con il nome MENINOS DE RUA (bambini di strada N.d.T.). Sono cacciati per pulire la città, ma non ci sono le condizioni per accoglierli, non si dispone nemmeno dei fondi e delle leggi, con la nobile idea del reinserimento familiare, di fatto molte volte si condannano questi adolescenti a tornare alla strada, a entrare nel narcotraffico che li adotta e da loro visibilità e potere, a chi non è mai stato nessuno nelle cracolandie, trovano appoggio e qualcosa di simile a una famiglia, a entrare nelle unità socioeducative, nient’altro che galere, vere e proprie università del crimine, e a morire stigmatizzati come banditi. Un governo non si misura col PIL, ma  per l’attenzione che da ai suoi figli, soprattutto bambini e adolescenti, e per la qualità della vita. Perché tanti soldi spesi per invadere le favelas  e occuparle permanentemente e non attaccare la causa profonda e il contrabbando? CHI CI GUADAGNA CON TUTTO QUESTO?

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LE DONNE SONO QUELLE CHE PIU’ SOFFRONO NELLE CRACOLANDIE

Una volta ho portato a casa mia due ragazze gravide per aiutarle a uscire dall’inferno del crack e offrire loro un’alternativa. Mi raccontano degli orrori che patiscono bambini e donne, usati e abusati da tutti, trafficanti, “cracudos”, persino la polizia e clienti che vengono da fuori. Francisca, appena stuprata da tre uomini armati, si aggrappa a me e mi supplica di non abbandonarla e tirarla fuori da lì. La porto a casa, dove mi spiega che quasi tutte le bambine e le ragazzine sono usate e si prostituiscono per poche dosi, accettando di tutto, qualsiasi tipo di violenza e di umiliazione. Quasi tutte le ragazze sono gravide e il crack causa il distacco della placenta con il neonato che esce ancora vivo, piange per un po’ e poi muore. Lo mettono in un sacco di plastica e lo buttano nella spazzatura. “Fanno tutte così, mi dice piangendo, non sanno come fare. Non esiste maternità. Nessuno ci aiuta. Non sentiamo nemmeno il dolore. Grazie a Dio, il crack almeno ha questo di buono”!

Mi racconta anche che molti figli di papà della zona sud di Rio usano droghe con le ragazze, pagano il crack a tutti supplicando di non dire niente. Passano auto lussuose di notte e caricano le ragazzine più giovani o arrivate da poco. “Noi donne non siamo nessuno. Siamo spazzatura”. E mi domanda perché la tratto come un essere umano, visto che non è mai stata trattata come una persona. Con un bel sorriso mi dice che suo figlio lo chiamerà Renatinho, per gratitudine a me. La milícia (si legge milisia N.d.T.) ultimamente ha proibito ai fumatori di crack di stare in spazi verdi all’ingresso dell’aeroporto. Così adesso stanno tutti sul bordo della strada, sotto il sole a 45° o sotto la pioggia. I trafficanti di Parque União (una delle aree occupate dai cracudos N.d.T.) ci hanno vietato di tagliare i capelli davanti a negozi e bar, poiché intorno a noi si riunisce molta gente e questo può essere controproducente per loro. Ho visto persone con i denti spaccati a manganellate e pallottole negli arti e nel corpo. Secondo questa ragazza, Francisca, la violenza è inaudita e molti ci lasciano la pelle. Non sono solo i poliziotti ad attaccarli, ma spesso persone legate al traffico. Siccome quando arriva la polizia per caricarli la fuga è generale: adesso gli agenti sferrano gli attacchi all’alba o di notte per sorprenderli mentre dormono.

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DUE MORTI: CHI DEVE RISPONDERNE?

Sono già morte due persone sulla strada: un adulto e un bambino di 10 anni, Rafael, conosciuto e avvicinato da noi, investito da un auto che non si è fermata quando bambini e adulti stavano fuggendo da una carica della polizia. Volevano raccoglierli come spazzatura prendendoli di sorpresa all’alba. Cos’è, un omicidio di stato?

LO STATO E’ UGUALE AI BANDITI?

La spaventosa crescita di criminalità è da ascriversi anche all’inefficacia del sistema di contenimento della violenza. In passato l’aumento dei contingenti di polizia per le strade fungeva da deterrente e la violenza un po’ diminuiva. OGGI non più. Questo sistema è FALLITO. La politica della rappresaglia non funziona più, è obsoleta e inefficace.

La violenza non si combatte attaccando chi è violento con altra violenza, perché non amato. Lo stato si mette in questo modo allo stesso livello dei banditi, usando violenze e ritorsioni.

Bisogna osare e inventare nuove strategie, nuovi modelli, per affrontare la violenza. Solo l’amore vince. Questa è la nostra esperienza, in tanti anni.

CONCLUSIONI:

Trattare l’uso di droga come un’operazione di polizia è disastroso. La politica di guerra alla droga è ormai fallita. Decenni di immensi sforzi, dagli USA in testa, non hanno prodotto nulla, né sradicato la produzione, né ridotto il consumo. Fin quando ci sarà domanda dai tossicodipendenti ci sarà smercio. Le misure punitive non sono in grado di ridurre il consumo. Invece di investire in politiche inefficaci, sarebbe meglio investire in prevenzione, trattamento e riabilitazione. È necessario aprire un dibattito sui disastri causati da politiche repressive. Disastri tanto sulla salute delle persone quanto sulla sicurezza dei cittadini e confrontare esperienze. Per le persone che fanno uso di droghe, ma non commettono crimini ai danni di altri non ha senso la prigione. Senza dubbio possono causare danni a se stessi e alle loro famiglie, ma chiuderli in galere affollate non li aiuta di certo a liberarsi della dipendenza. I tossicodipendenti non sono criminali da incarcerare dopo essere stati raccolti a forza per la strada, bensì malati da curare. La repressione governativa e la pressione sociale dovrebbero concentrarsi nella lotta contro i veri grandi narcotrafficanti, soprattutto i più violenti e corrotti, anziché perseguitare giovani malati e in difficoltà. Qual è il modo migliore per affrontare la droga? Criminalizzando i dipendenti o curandoli sul piano della salute e della rigenerazione interiore, aiutandoli a scoprire le cause che li hanno portati a rifugiarsi nella droga? Non basta lavorare sugli effetti, occorre arrivare alle cause profonde. L’internamento forzato è condannato a livello internazionale come inefficiente, si tratta di una violazione dei diritti umani. Meglio cambiare, cercando soluzioni creative, nuove e alternative. Il Brasile è in ritardo su questo tema, persino in confronto a paesi come la Colombia e il Messico. Dovrebbe mettersi al passo rapidamente, con un dibattito serio e rigoroso, governo-società, che permetta a tutti di arrivare a soluzioni adeguate. Abbiamo ancora speranza.

Nova Iguaçu, 06 de Janeiro de 2013

la speranza di vita è di qualche anno

la speranza di vita è di qualche anno

VERSAO EM PORTUGEIS

 

Ministra Maria do Rosario da Secretaria para os Direitos Humanos da Republica do Brasil

CRACOLANDIA

INTRODUÇÃO

Sou pe Renato, fundador da”  Casa do menor”, com sede na  Baixada e com filiais a Rio,Alagoas.Fortaleza ,Pacatuba ,70 anos de vida, ha 34  anos  no  Brasil a contato com  os  excluídos e  há  26  anos na  problemática e acolhimento  de  crianças  e  adolescentes em situação  de  risco  social  e  pessoal  e de  rua e de dependência química e há 1 ano frequentando a Cracolandia de Manguinhos  e Jacarezinho com um grupo da casa do menor e outras entidades em rede.  Depois da expulsão dos dependentes de crack, visito semanalmente com enfermeiras e cabeleleiros, levando alimentos e vestidos, a nova “cracolandia volante” , que se formou na Avenida BRASIL e na entrada da Ilha do Governador. Conheço e admiro a senhora pela sua sensibilidade, desde o encontro no Rio para o  aniversario da chacina da Candelária .

Minhas observações não são contra ninguém; são para defender a vida e a dignidade de qualquer ser humano; é uma pequena contribuição de quem conhece de perto esta realidade e aponta  caminhos   para  dar  respostas á  esta  triste realidade das  cracolandias e  do  crack. Eu sou um apaixonado pela vida e um pouco experto em humanidade, devido á minha formação filosófica e á quase 35 anos de baixada fluminense, ao lado dos mais excluídos.

CRACK: O GOVERNO DILMA E GOVERNO DO RIO

1- O problema droga, narcotráfico, violência, favelas, crack não é de hoje no Brasil, mas não se tomou iniciativa nenhuma até agora e se fingiu por muito tempo que não existia.

2 – O governo DILMA colocou esta problemática como prioridade e mostra preocupação para esta tragédia e doença do século. Precisa, porém preparo e profissionalismo.

3 O governo do Rio de repente despertou para este problema. Porque? Mostrar uma cidade  maravilhosa e segura para eventos importantíssimos e então limpeza étnica e social para isso? Muitas coisas fazem duvidar disso, mas esperamos que não seja assim e que no Rio possa nascer algo que seja referencia para o Brasil, apavorado e impotente perante e difusão capilar do crack, que atinge cidades e interior, crianças e idosos, pobres e ricos.

4 O governo do Rio está de parabéns em querer encarar esta tragédia e epidemia do século, mas não está minimamente preparadas com estruturas de apoio necessárias, pessoas de verdade envolvidas nesta causa. E não pensou numa retaguarda para encarar este enorme desafio. Não se começa uma ação com esta complexidade e dificuldade ,sem programar antes  uma  metodologia  e  os  passos  a serem dados  e as estruturas indispensáveis para sua  realização. Não se começa uma guerra (contra o crack) sem os soldados e os equipamentos e retaguarda. Se recolhe só, se pode-se acolher.O resto é superficialidade inadmissível e irresponsabilidade. Precisa um dialogo permanente governo-sociedade interessada.

Se quiser só fazer propaganda, MAQUIAR A CIDADE MARAVILHOSA EM VISTA DOS GRANDES EVENTOS, JOGANDO O LIXO ABAIXO DO TAPETE, não alcançara resultados e não apontará soluções.

 

OCUPAÇÃO DAS FAVELAS (UPPs) e INVASÃO DE CRACOLANDIAS: SOLUÇÕES VERDADEIRAS?

5- Em 2010 o governo do Rio começou a invadir favelas (ou… pacificar as favelas!) e com isso melhorou um pouco o problema da segurança publica ou diminuiu a visibilidade das armas dos traficantes, mas aumentou a visibilidade de armas dos policiais, dando a dura sensação de áreas de guerra. A diminuição da violência durará até quando?

O aumento da violência em São Paulo e a violência que volta no Complexo do Alemão deveriam ensinar. A violência não resolve  a violência. Diminuiu o trafico ostensivo nas favelas, mas não a organização do trafico que migrou em outros lugares, se espalhando pela baixada e pelo Brasil afora, aumentando assustadoramente a violência. O trafico continua ainda, mas em formas mais disfarçadas, nas mesmas favelas, encobertado agora por parte da policia, ou assumido pelos milicianos, homens de guerra, (e não mais pelos nossos adolescentes, pobres, pés de chinelo), que são piores de que os traficantes, sem raízes nestas favelas. Contam com a cobertura da policia e até do governo, que ainda não invadiu nenhuma favela ocupada pelos milicianos.Moradores destas localidades me confiam:” os milicianos e policiais vem de fora, enquanto os traficantes são cria das favelas”. Sabemos que os milicianos estão impondo uma verdadeira máfia e terror com aparência de uma falsa paz e libertação do trafico,agora controlado  por eles. E nas favelas” recém –pacificadas”,se  respira   sim um outro clima, mas   se  teme  e se  fala   de entrega oficial do trafico nas mãos de policiais ou ex-policiais .Só  mudaria  o dono?

5  Ultimamente o governo do Rio invadiu as cracolandias de Manguinhos e Jacaré, que  há mais de um ano, visitávamos: cemitérios de vivos, que esperam a morte e se  juntam  para superar  a  solidão, a rejeição, as perdas, o  abandono  de  todos  e se consolam queimando pedras.

 

BEM VINDOS AO INFERNO

”Bem-vindos ao inferno” está escrito na entrada de uma destas cracolandias.  Entramos nestes lugares de morte e de desespero para levar esperança, simplesmente ouvindo e partilhando seus sofrimentos e fazer sentir a estas pessoa excluídas, desprezadas, desesperadas, robôs, escravas desta maldita pedra, que elas são amadas e muito por Alguém e por nós e que tem direito a uma vida de seres humanos e que nós estamos à disposição para ajuda-las a sair deste mundo de morte, se conseguirem ainda sonhar algo de melhor. Sem recolhimento compulsório ou presença maciça de guardas e policiais, um bom numero de homens e mulheres já conseguiram sair deste inferno.

Quando perguntava se alguém já tinha entrado lá para encontra-los e simplesmente ouvir o sofrimento que os levaram a entrar nesta vida escrava, a resposta era: “não padre. Aqui só entra a policia para dar tiros na gente. Não se vê medico. nem assistência de qualquer tipo. O governo e muita gente lá fora querem mesmo que morramos. O senhor é o primeiro que nos visita. Ninguém, nem da prefeitura, nem da igreja, nos visita para saber o que nos levou aqui e o que precisamos”. Nunca na minha vida vi  realidades tão horrorosas e desumanas,piores dos campos de concentração nazistas que já visitei.

O que foi agora feito por estes “cracudos”? Foram simplesmente expulsos com aparato de guerra e obrigados a migrar em outros territórios para limpar a área, assim como outrora confinávamos os leprosos em ilhas malditas para não sermos contagiados por eles. Mas o tiro entrou pela culatra…se expulsaram os usuários da cracolandia de  Manguinhos, que estavam em praças horrorosas misturados  a porcos e ratos e poças de água e lixo,mas estavam juntos e se sentiam familia na desgraça comum ,e agora os mesmos se acamparam na avenida Brasil,  á altura de Parque União e na entrada pelo aeroporto , oferecendo um espetáculo terrificante  aos olhos de todos. Não se podia dar mais visibilidade a este espetáculo que não é digno de um país, 6 potencia econômica ,que aspira a entrar nos cenários dos grandes do mundo.

Quase todo dia ,com participação de policiais e guardas municipais, grupos de profissionais e membros do judiciário e da defesa de crianças e adolescentes (imaginem os custos disso tudo!) e cobertura da TV, se faz recolhimento compulsório de crianças e adolescentes (coisa aplaudida por alguns e condenada por outros) e também de adultos (outra atitude, praticada e agora momentaneamente suspensa, pois muito duvidosa sobre a legalidade e constitucionalidade da mesma), com a intenção de resgata-los e salvá-los da morte. Em formas  mais ou menos violentas e  respeitosas de seres humanos, são carregados em ônibus e despejados num abrigo   superlotado( 500 pessoas?)  perto de PACIENCIA, região  oeste  da  periferia do Rio,  verdadeiro deposito humano  da Prefeitura, apesar  da beleza do  local, onde comem ,tomam banho, a maioria foge  o  dia  depois,  sem antes ter comprado crack ao lado da casa de acolhida onde a boca de  fumo  de ANTARES agradece por tantos fregueses . Veja as fotos dos jornais e imagens da TV a este respeito.

Visite, senhora ministra, estes” locais de recuperação”, modernos campos de concentração. Os mesmos dependentes se revoltam e fogem, mostrando assim de ter ainda certa dignidade e sanidade mental! A estrada é muito melhor.

 

AS PESSOAS SE ACOLHEM: È O LIXO QUE SE RECOLHE

Respeito todos e acredito nas boas intenções, mas repito: é estranho que um governo que quer resolver problemas tão complexos e difíceis, não preparou nada ou quase nada a não ser o aparato militar para expulsão. Pela nossa longa experiência de acolhimento de criança e adolescentes usuários, precisa espaços para acolhimento e recuperação da identidade e reestruturação da pessoa, infraestruturas sanitárias, centros de desintoxicação, comunidades terapêuticas, pessoas com vocação e preparo profissional, capazes de amar e acolher. As pessoas não  se recolhem, se acolhem.  “É o lixo que se recolhe”!´É estranho depois que estas ações e decisões não tenham sido vistas e partilhadas com a sociedade e segmentos mais sensíveis, preparados e experientes neste campo. O estado é muito orgulhoso e acha de saber e  poder tudo. Agora  sei  que  está  tramitando  em Brasília um projeto de lei para recolhimento compulsório que  terá a  aprovação de todos ou quase. Nunca nossos deputados se debruçaram para  ajudar a encarar problemática tão difícil e complicada e encontrar soluções verdadeiras e  agora  todos de  acordo  para recolhimento de qualquer jeito.Temos medo dos nossos filhos que geramos e os demonizamos para nos sentirmos inocentes.

 

PENA QUE OS” CRACUDOS” NÃO SÃO CACHORROS!

PERGUNTO: o que aconteceria se o Brasil ou o Rio de janeiro tratasse seus cachorros como fazemos com usuários de crack e os recolhesse com aparato policial, usando, semanas passadas, até choques elétricos e spray de pimenta (vi acontecer isso e também me foi relatado por dependentes de crack).?O mundo inteiro,governos e ONU e ONGs de defesa dos animais se levantaria ,denunciando tamanha barbaridade do Brasil.. Pena  que os” cracudos” não são cachorros,apenas seres  humanos que  entraram  nas  drogas  e  crack por  falta  de  presença  de  alguém  que  os  faça  sentir  filhos  amados e  lhes  dê visibilidade  e  cidadania

 

CRACOLANDIAS: ESPELHO INCOMODO DE NOSSAS FAMILIAS E SOCIEDADE DOENTE E DROGADA.

Estamos tão desesperados e sem rumo que expulsamos e expulsamos os filhos do Brasil, espelho e resultado de nossas famílias quebradas e de nossa sociedade doente e drogado. Os expulsamos para não ouvir o grito que nos acusa a todos: criminalizamos pessoas que entraram no crack por desespero e que tem plena consciência que este é o caminho da morte e não unimos as forças para juntos procurar, com humildade, caminhos e respostas não fáceis ás necessidades destes excluídos, vitima de grandes traficantes e delinquentes de colarinho branco, que se enriquecem ás custa destas pessoas desesperadas. “O crack é invenção do diabo. Porque gente, já tão rica, quer mais dinheiro com esta pedra maldita que faz de nós robôs e escravos, despidos de toda dignidade, condenados a roubar e nos prostituir para ter esta  pedra? Tomara que nossos filhos não entrem nesta desgraça”. Este o clamor que ouvi e ouço de muitos usuários. .

Precisamos parar todos e nos interrogar o que esta acontecendo com o nosso pais tão querido e que expulsa  seres humanos que, com sua presença incomoda, nos questionam a todos e temos medo dos filhos que geramos, mas não criamos, não amamos e não educamos.

PROBLEMA DO CRACK: PROBLEMA DE POLICIA?

Problema do crack não é só problema de policia… É sim no começo problema de segurança, mas é problema de saúde, problema de políticas publicas que visem as famílias dos mais miseráveis, destruídas, incapazes de dar amor; é problema de perdas de valores na sociedade e nas famílias e nas escolas (“estado” laicista’, não leigo, que quer banir a religião com seus valores); é problema de rejeição e falta de amor, de educação e de escola; é problema, no primeiro momento, de desintoxicação, de tratamento e recuperação em comunidades terapêuticas e depois é problema de escolarização, de profissionalização, e de inserção na sociedade e no mercado de trabalho e  é problema de moradia.  Precisa nisso  tudo  de pessoas “vocacionadas”, capazes de escutar  , acolher e amar .

Ministram, todos relatam historias terríveis de abandono, de rejeição, de violência subida, de falta de amor, de falta de alguém que os faça sentir filhos, falta de oportunidades, de escolarização, de profissionalização, de trabalho e  de moradia.

NÃO È O CRACK QUE MATA, MAS SIM A FALTA DE AMOR e DE OPORTUNIDADES.

São historias, todas parecidas; só muda o nome. São  gritos  por presença  e  amor. Aqui  a  raiz  de  tudo. Vale para pobres e ricos (agora tem também filhos de ricos no crack.). São ricos de dinheiro, mas carentes de amor de pais, que não tem tempo para os filhos, pois devem fazer mais dinheiro para filhos, sempre mais pobres de amor e de presença.

“Menino porque você esta aqui?” Minha mãe me abandonou; meu pai é violento; meu padrasto não gosta de mim; usa-me sexualmente; ninguém me quer”. Confesso que é difícil falar com estes meninos que parecem loucos atrás de pedras. Muito mais fácil a abordagem de  jovens  e adultos que  já tiveram tantas perdas,por  causa  do  crack.

E você jovem porque esta aqui neste mundo de morte?  “Entrei neste mundo desde pequeno, agora estou sem estudo, sem profissão e trabalho. Minha familia não me quer mais; cansou de mim.”

E você senhora que poderia ser a avó de todos? 76 anos. “É, padre…tinha muitos filhos…todos me abandonaram…aqui me refugio para não estar sozinha. Eu agora sei até preparar o crack.”

E você vovô? 79 anos. “Eu venho aqui para me consolar. Meus filhos me jogaram fora da casa que  eu construí. È duro cria-los e depois  ser tratado  deste  jeito. Não tenho mais onde morar”.

“Padre, o nosso problema é trabalho”, me dizem pais de família. Perdi o emprego na prefeitura e estou aqui. Tenho 3 filhos; entrei aqui por desespero. Agora sou escravo da pedra.”

“Eu tinha uma casinha, construída com tanto amor. Agora a policia nos despejou, pois era terreno invadido. Estou sem rumo, desorientado, sem nada, nem os documentos, pois perdi tudo no despejo. Aonde vou?”

“Eu tenho 3 filhos, sem marido e sem emprego. O meu problema é este. Não o crack. Isso veio depois”

CRIMINOSOS OU DOENTES, ROUBADOS DE TUDO? OUVIR PARA SABER COMO AJUDAR.

O MUNICIPIO DO RIO iniciou este processo antidroga na pior das formas: expulsando com violência e tirando compulsivamente das ruas os usuários, que, antes de tudo, não são criminosos, mas doentes, excluídos em mil formas, rejeitados, não amados, fruto e retrato de uma sociedade que gera, mas não cria, não educa e, sobretudo não ama. Os criminaliza e quer eliminar ou expulsar  para calar a boca de quem nos acusa e interpela. Expressam  um sofrimento do qual não são os culpados ;  entram nas drogas e crack para preencher carências, rejeições,  abandonos, perdas e para suportar dores infinitas. São violentos porque não amados: a maior violência é não ser filho amado. São  vitimas de acumuladas  violências familiares e sócias e nós, com a desculpa de ajuda-los e tira-los do  crack, fazemos mais violência ainda. Ao grito por presença e por amor, que não queremos  escutar, respondemos com violência, desprezo e punição e  queremos  que eles ainda  nos agradeçam, pois  os  salvamos do  crack. São eles que devem nos dizer o que precisam para sair do crack.

Sem esta percepção e consciência fundamental, não iremos para canto nenhum e não encontraremos soluções.

Falei isso ao secretario de assistência social; mas ele olhou para mim com olhar de quase gozação. Agora os resultados comprovam a verdade daquilo que falei.

Os usuários sabem da” furada” que é a droga ou o crack e dizem que é uma química do diabo, que os faz robôs, comandados pela pedra maldita, que os destrói e os reduz a bichos humanos, os escraviza e não os deixa mais sair desta escravidão que se construíram, da qual gostariam em muitos casos sair, mas precisam da ajuda de pessoas que os acolham com amor e não com recolhimento compulsório violento, desrespeitoso de qualquer direito humano. Amaldiçoam que inventou o crack e se perguntam o que faz  o  governo para  conter este  horrível comercio, que não é controlado  por pés de chinelo, mas  por grandes  do  mundo político, empresarial, militar e jurídico. Não  estamos vendo  tanta mobilização e aparato militar e helicópteros e carros armados para conter a entrada  das drogas da Bolívia,Paraguai,Columbia. È um problema que atinge todos os segmentos da sociedade. È um trabalho que deve ser multidisciplinar e em rede entre vários ministérios, mas foi entregue apenas ao ministério da saúde (por quê?), que tem uma filosofia muito discutível. Crack  não é somente problema de saúde. Precisa rede entre ministérios e secretarías varias, a nível  federal, estadual e municipal. Os projetos do governo no alcançam os miseráveis, como me dizia Patrus Ananias. O governo não sabe trabalhar com os mais excluídos. Para isso não é suficiente o dinheiro, precisa amor e empatia e profissionalismo, mas a  serviço  do  amor. Precisa parcerias. O governo hoje está perdido e aceita até parcerias com comunidades terapêuticas  de cunho religioso que convoca, só porque precisa no momento, não  porque  compartilha  metodologia  e  filosofia.

ALGUMAS QUESTÔES: desrespeito aos direitos humanos.

Ministra, os direitos destes usuários não são respeitados no recolhimento violento e compulsório, na falta de qualquer assistência sanitária, no uso de armas não letais, na rejeição, ódio, nojo, desprezo que se mostra contra eles. O mais grave porém é que desde sempre, já no  nascimento, estes  usuários  não  tiveram  respeitados os direitos fundamentais, proclamados pela Constituição-ECA (comida,familia,escola,profissão,trabalho,saúde). Isso continua depois  na vida toda e agora estes direitos lhe são negados até no recolhimento. Vi muita policia e guardas e equipes de profissionais. Nunca vi presença de agentes de saúde, se debruçando com amor sobre as  feridas  nas pernas, nos  braços, as  doenças  de  pele. Somos nós que o fazemos e realizamos  também mutirões de corte de cabelos e levamos bebida e comida. Eles não bebem e não comem pois o dia  e  noite  toda buscam  a  pedra e usam tudo  que  tem  para  comprar a maldita.

Quando nos chegamos correm ao nosso encontro, nos abraçam e se queixam, se não fomos no dia programado. Quando chegam grupos da prefeitura, eles fogem e jogam pedras. A nós abraçam e fazem festa. Porque será?

Vi uma senhora, mãe de 3 filhos, num colchão ao léu, na chuva, com 45 anos, pele e osso. Não pesava mais de que  trinta  kilos, com AIDS e dependente de crack, moribunda. Todo dia tem visitas de madrugada e de manha cedo por parte da policia etc. Mas ninguém se preocupou com esta pobre que eu batizei com copos usados pelos cracudos. Fomos nós que a ajudamos a sair daí e a ser internada. Muitos estão com feridas de balas e com problemas pulmonares graves e com gravidez e até a policia e os guardas estão perdidos. Me diziam baixinho: ” Nos mandam aqui  a fazer o que? Policia não tem como ajudar; é problema do governo”. Pobre da policia também. Chamados a resolver tudo, apenas levando um revolver!

Recolhimento compulsório. Pratica higienista?

A internação compulsória de adultos – bem como a de crianças e adolescentes – em situação de rua em suposto uso de drogas no Rio é um retrocesso em diversos campos. A complexidade do tema tem feito com que vários atores da sociedade civil e do poder público se posicionem contra este tipo de ação – sem, no entanto, obter qualquer acolhimento da administração municipal. Estas operações reeditam uma velha prática higienista: o recolhimento compulsório da população em situação de rua – desta vez vinculada ao grande vilão do momento, o crack. Com a promulgação da Lei 10.216/2001, que estabelece um novo paradigma de cuidado em oposição à lógica manicomial, fica instituído que “a internação, em qualquer de suas modalidades, só será indicada quando os recursos extra-hospitalares se mostrarem insuficientes” (artigo 4º), sendo de responsabilidade do município a implementação de tais serviços. As operações em questão, além de tratarem essa população de forma massificada e violenta, consomem recursos públicos que deveriam ser utilizados para financiar os serviços abertos que promovam a autonomia, a cidadania e a inclusão social, previstos em lei. Assumir a internação compulsória como política pública é reconhecer que o município não investe em serviços especializados. Como pensar em tratamento se não há uma rede? No Rio, para cada 1,2 milhão de habitantes, existe apenas um Centro de Atenção Psicossocial para usuários de álcool e outras drogas (CAPSad). Em Recife, essa proporção cai para 250 mil habitantes. Os recursos públicos deveriam ser aplicados na abertura de mais CAPS (AD, infantil e 24 horas) e serviços como urgência, emergência e atenção hospitalar; residências terapêuticas; centros de convivência; equipes da Estratégia de Saúde da Família; consultórios de rua e Núcleo de Apoio à Saúde da Família. É preciso ampliar a rede de serviços da assistência social, como os Creas (Centros de Referência Especializada da Assistência Social) e o Centro POP. Investir em habitação, geração de emprego e renda, esporte e lazer para garantir a prevenção. Não se trata de inventar a roda: existem alternativas concretas para o atendimento humanizado e pautado na garantia de direitos da população. O que ainda falta é a abertura de espaços de interlocução do poder público com os diferentes atores sociais – o que se espera de um estado democrático de direito. Ninguém pode ser preso, se não em flagrante delito. Recolhimento compulsório é ilegal veja artigo 5, LXI da Constituição. Ninguém  pode  ser  preso,  se não  em  flagrante delito ou por ordem escrita e fundamentada de autoridade judiciária  competente. A internação involuntária psiquiátrica tem caráter excepcional. Somente se justificada no caso  em  que os recursos extra-hospitalares forem esgotados e ainda assim com respeito aos direitos dos  usuários. Cabe á profissionais de  saúde ver se corre  risco de vida. Redigir protocolo, especificando passo a passo da execução desta ação personalizada. Não fazer recolhimento  violento, em  massa, com ônibus que lembram ações nazistas de tempos que queremos esquecer.

TRATAMENTO NÃO È CASTIGO E PUNIÇÂO. Precisamos  desmontar  a  ideia de que tratamento  é  um castigo e mostrar que é um direito e uma ajuda…  Conquistar com amor quem nunca foi amado… Indo nas  cracolandias somos bem recebidos e encontramos muitos que pedem ajuda para sair… Faltam estruturas de apoio. Procuramos comunidades terapêuticas religiosas que fazem isso, sem ajuda do governo. Recolher não resolve. Precisa reintegrar e responder ás necessidades reais de cada usuário. È um trabalho personalizado. Na escuta deles, os mesmos usuários nos apontam soluções: o governo deveria nos colocar todos num estádio e ai ver com cada um qual o motivo que o levou a usar crack e de que precisaria para sair. Ai procura respostas concretas, recuperar laços com familia, trabalho, casa, centros de recuperação. “Quem não quer nada mesmo, deve ser deixado de fora”. É  tarefa complexa  e que precisa de todos.

OBRIGAR A SE TRATAR?

Isso significa não conhecer o processo de recuperação que deve nascer da vontade da pessoa e não por forças externas. Sem a aceitação do sujeito, não começa nenhum processo de recuperação, pois o mesmo precisa de mudanças interiores profundas. Não se cura, usando uma droga (remédios) em substituição de outra (crack). Precisa preencher o vazio e o buraco do coração. Queremos recolhe-los e obriga-los a se tratarem. Mas aonde? Como? Em novos campos de concentração? Somos ridículos. É um grave erro psicológico abordar dependentes químicos com a força e a policia. Desta forma conseguimos preencher as carências que os levaram ao uso das drogas? Nós usamos outros métodos e conseguimos resultados. A prefeitura do Rio expulsou os usuários da cracolandia de Manguinhos e eles fugiram para baixo dos viadutos da entrada para o Aeroporto do Galeão. E  parte se espalharam pelo Rio e pela Baixada fluminense.  A prefeitura encheu todos os viadutos para impedir aos mesmos de permanecer e teve a genialidade de colocar pedras pontiagudas, para ninguém poder passar e parar. Uma voluntaria da suíça (psicóloga iunghiana) indignada, me disse que este é o sistema usado na África para se defender dos elefantes. Quando  criminalizaremos os  grandes que  estão por trás do trafico nacional e internacional? Quando pararemos como sociedade e governo para ver o que esta acontecendo com o Brasil, que exporta uma imagem de primeiro mundo e de quase 5^ economia mundial e não percebe que o consumismo, o hedonismo, a perda de valores, a desagregação da família, a falta de relações verdadeiras, a cultura da morte e do prazer estão na raiz profunda do fenômeno droga, que não é causa, mas consequência…? Queremos fazer como a avestruz, esconder o rosto para não ver… Até quando ficaremos contentes nos enganando e enganando  os  outros, pegando, matando, prendendo, expulsando adolescentes sem chinelos e jovens , sem amor e sem futuro. Uma CPI das drogas traria muitas surpresas no mundo político,militar e jurídico!!! Uma CPI sobre o que o governo usa para o social, para o resgate de vidas e o que investe em estruturas faraônicas para dar diversão e alienar o povo, sería  interesante. O Rio investirá R$ 270 bilhões, em obras. Só falta dinheiro para resgatar vidas. Trabalho há 27 anos com milhares de excluídos e nos governos anteriores, mais conservadores, a Casa do Menor recebia mais ajuda do que agora, com governos progressistas. Quer-se apagar o nome MENINOS DE RUA. São caçados para limpar a cidade, mas não temos condições de acolhê-los em nossas instituições, pois não temos recursos e as leis, com a nobre ideia da reinserção familiar, de fato muitas vezes condenam estes adolescentes a voltar as ruas, a entrar no narcotráfico que os adota e dá visibilidade e poder, a quem nunca foi ninguém, nas cracolandias, pois lá encontram familia e apoio, a entrar nas unidades socioeducativas – cadeias, verdadeiras universidades do crime, e a morrer com o estigma de bandidos. Um governo não se mede pelo PIB, mas pela atenção que dá aos seus filhos, sobretudo ás  crianças e adolescentes, e pela qualidade de vida. Porque  tanto  dinheiro  para  invadir favela e ocupa-las permanentemente e não atacar a causa profunda e a entrada das drogas? QUEM GANHA COM ISSO?

AS MULHERES SÃO AQUELAS QUE MAIS SOFREM NAS CRACOLANDIAS

Levei duas mulheres grávidas na minha casa para ajuda-las a sair do inferno das drogas e oferecer uma alternativa. Relataram-me horrores sobre aquilo que sofrem as meninas e as mulheres, usadas e abusadas por todos, traficantes, “cracudos”, até policia e fregueses que vem de fora. Francisca, que acabava de ser estuprada por três homens armados, se agarra a mim e me suplica de não abandona-la e de tira-la de lá. Me explica, quando chegou na minha casa, que quase todas as meninas são usadas e se prostituem por causa da maldita droga e aceitam qualquer tipo de violência e humilhação. Relata-me também que quase todas estão grávidas e que o crack destaca a placenta e o bebê sai ainda vivo, chora um pouco e depois morre. É colocado num saco plástico e jogado no mangue. “Todas fazem isso, me diz chorando, não tem como fazer. Não tem maternidade. Não tem ninguém ao nosso lado. Não sentimos dores. Graças a Deus, o crack tem isso de bom”!

Explica também que muitos filhos de papai da zona sul usam drogas com eles, pagam crack a todos suplicando de não falar nada. Passam carros luxuosos a noite e levam as meninas mais novas ou recém-chegadas. Nós mulheres não somos ninguém. Somos lixo. E me pergunta por que a trato como ser humano, pois ela nunca foi tratada como gente. Com um belo sorriso me comunica que chamará o filho dela de Renatinho, como gratidão por mim. A milícia ultimamente proibiu aos usuários de crack de ficar num espaço arvorado, na entrada para o aeroporto. Todo mundo acata esta ordem e fica agora nas beiras das estradas, no sol de 45º graus ou na chuva. Os traficantes do Parque União nos proibiram de cortar cabelo em frente às lojas e bares, pois ao nosso redor se reúne muita gente e isso não é bom para eles. Vi pessoas com dentes quebrados e com tiros. Segundo esta mulher, Francisca, existe muita violência no meio deles e muita gente morre. Isso não só pela mão da policia, mas por pessoas ligadas ao tráfico. Sendo que quando chega a policia e os guardas para carrega-los, a fuga é geral: agora estas ações se fazem de madrugada, enquanto dormem.

DUAS MORTES: QUEM RESPONDE POR ISSO?

Já aconteceram duas mortes no asfalto: um adulto e uma criança de 10 anos, Rafael ,conhecido e abordado por nós e atropelado por um carro que não parou menino e o adulto fugiam da caça da policia que os queria recolher de madrugada para que não fugissem. Homicídio de Estado?

O ESTADO SE IGUALA AOS BANDIDOS

O crescimento da criminalidade se deve também à ineficácia do sistema de contenção de violência. No passado o aumento do contingente policial nas ruas inibia e reduzia a violência. HOJE não mais. O modelo de combate está falido. A política de retaliação não funciona mais e é obsoleta e ineficaz. Não se acaba com a violência de quem é violento, porque não amado, com outra violência. O estado se iguala aos bandidos, partindo como eles para a violência e a retaliação. Precisa-se ousar e inventar o novo, nova engenharia e modelo policial-jurídico, para encarar e diminuir a violência. Só o amor vence. Esta a nossa experiência de muitos anos.

CONCLUSÃO:

Tratar o uso de drogas como caso de policia é inútil e desastroso. A política de guerra ás drogas está falida. Décadas de esforços imensos, liderados pelos Estados Unidos, não levaram nem á erradicação da produção nem á redução do consumo. Enquanto houver demanda por narcóticos, haverá ofertas. As medidas punitivas  por si só não são capazes de reduzir o consumo. Ao invés de insistir em políticas ineficazes, precisa investir, em prevenção, tratamento e reabilitação. Precisa abrir um debate sobre o impacto desastroso da política repressiva, tanto sobre a saúde das pessoas, quanto a segurança do cidadão E confrontar experiências. Não faz sentido por na prisão pessoas que usam drogas, mas não cometem crimes contra terceiros. Podem causar danos á si mesmo e ás suas famílias, mas fecha-los em cadeias superlotadas não os ajuda a se livrarem da dependência. Dependente de drogas não são criminosos a encarcerar e recolher e sim pacientes a tratar. O poder repressivo do estado e a pressão da sociedade devem se concentrar na luta contra os grandes narcotraficantes sobre tudo os mais violentos e corruptos, e não em perseguir jovens  doentes. Qual a melhor maneira de enfrentar as drogas? Criminalizando ou tratando os dependentes no sistema de saúde e na regeneração interior, ajudando a superar as causas que os levaram as drogas? Não é suficiente trabalhar as consequências, precisa chegar as causas profundas que levam ás drogas. A internação compulsória é condenada internacionalmente como ineficiente, estigmatizadora e que viola os direitos humanos. É preciso ousadia e criatividade para explorar novas soluções. O Brasil se atrasou neste debate em relação à Colômbia e México. Há  que se acertar o passo e rápido, com um debate sério e rigoroso, governo-sociedade, que permita em todos os países encontrar os caminhos adequados. Ainda temos esperança.



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