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I miei trascorsi da "chitarrista da oratorio" sicuramente hanno contribuito, tanto che se leggo che Bad Blake sta improvvisando variazioni su una scala so più o meno di cosa si sta parlando.
Penso tuttavia che non sia necessario un pregresso abc musicale per apprezzare una storia ben costruita come Crazy heart. Canzoni come Slow boat ti entrano nella testa anche se non esistono, anche se non si ha una conoscenza profonda dello stile country. Se per scrivere ci vuole talento, per dare forma a un romanzo costruito su continue sinestesie ci vuole un talento doppio.
Crazy heart di Thomas Cobb (Einaudi) merita il vostro tempo per tre motivi: 1- è un on the road attraverso gli Stati Uniti, dal Texas al New Mexico passando per l'Arizona. Salvo una rapida incursione a Los Angeles - dove Bad Blake non andava da oltre vent'anni - il romanzo percorre, locale dopo locale, concerto dopo concerto, le terre meno battute dal glamour hollywoodiano. Il tour dell'America che farei, se mai ci andrò.
2- il protagonista ha più di 50 anni. Sappiamo poco del suo passato, se non che ha alle spalle quattro matrimoni falliti e un figlio che non vede da vent'anni; che persone che hanno suonato con lui hanno avuto una sorte migliore (chi ha appeso lo strumento al chiodo e messo su famiglia senza rimpianti, chi è diventato una star vendendo migliaia di dischi); che nonostante non abbia mai eseguito un concerto da sobrio è ancora vivo e in discreta salute. Sappiamo poco, ma è come se sapessimo tutto.
3- la musica è al centro. Il protagonista ha più di 50 anni, si diceva. Eppure continua a esercitarsi. Quando gli viene chiesto di aprire il concerto del suo pupillo Tommy Sweet, divenuto più famoso di quanto lui stesso sia mai stato, Bad si rende conto che il successo non porta sempre fortuna: Tommy ha trovato una miniera di fama e soldi e ha smesso di esercitarsi come faceva un tempo. La sua musica è diventata "calante". Tanto che, a concerto finito, sarà Tommy a chiedergli aiuto per risollevare una carriera che rischia già di entrare in crisi.
Bad Blake è solo. Alcolizzato. Inconsapevole del dolore che ha procurato alle persone che ama e a se stesso. Bad Blake però non smette mai di esercitarsi. Sa che una singola nota sbagliata può creare un precedente, diventare l'inizio della fine.
Ecco, se devo trovare un valido motivo per leggere questo splendido on the road in musica è questo: non bisogna mai smettere di esercitarsi, di studiare. Neanche quando si è convinti di essere già dannatamente bravi.
ps. no, non ho ancora visto il film. Jeff Bridges però ha vinto l'Oscar per il ruolo di Bad Blake, quindi deve valerne la pena.
pps. in compenso, negli stessi giorni in cui leggevo il libro ho visto The Wrestler con Mickey Rourke. Le analogie tra le due storie e i due protagonisti sono piacevolmente impressionanti.
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