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Creare un’immagine d’azienda

Creato il 23 novembre 2010 da Cobain86
Immagine aziendale: dove stiamo andando?

Immagine aziendale: dove stiamo andando?

Le aziende spesso devono creare la propria immagine su Internet: per molti è una cosa molto facile, “tanto ci pensa il nipotino di 8 anni con photoshop e moviemaker”. Ma siamo sicuri che questo sia realmente efficace? Buona lettura!

Spesso (troppo spesso) l’unica cosa che valutiamo sono i soldi: il budget è questo, l’immagine va bene quella che c’è. Sito realizzato dal nipotino, comic sans ms a manetta, 10 pagine diverse (una fa a pugni con l’altra), migliaia di colori sparsi come se piovesse, logo a bassa risoluzione pieno di roba come un bazar.

Questa non è comunicazione: è caos allo stato puro. Non c’è da stupirsi quindi se, dopo qualche settimana, i risultati latitano ad arrivare e la nostra pagina Facebook ha meno amici della bella ragazza di turno che si iscrive per chiacchierare con le amiche.

L’ottica del budget sicuramente è il focus di partenza, il centro del nostro mondo: ma poi bisogna informarsi e decidere oculatamente come investirlo, per evitare un depauperamento del capitale.
La logica sottostante è meno spendo più son contento: se siamo persone responsabili dovremmo ragionare nella visione dello spendere il giusto ed ottenere un servizio di qualità, a livello professionale.

In Italia, vista la forte presenza di PMI (piccole medie imprese), possiamo contare su un nutrito numero du agenzie che possono curare la nostra immagine e le nostre comunicazioni per 15.000 euro annui (che, sgravati fiscalmente, risultano veramente minimi); se per noi anche 15mila euro sono tanti possiamo ripiegare su soluzioni che si aggirano sui 5.000 euro.

Queste soluzioni (dipende sempre dall’agenzia a cui fate riferimento) costano meno perchè utilizzano mezzi alternativi come Facebook, Youtube, Twitter, Linkedin e via elencando.
Per l’azienda conta soprattutto la costruzione dell’immagine: una visione coerente e coordinata con cui proporsi al pubblico di riferimento a dire chi siamo, cosa facciamo sul mercato e chi vogliamo raggiungere.

Scendere sotto la soglia dei 5.000 euro può risultare rischioso, in quanto si entra nel limbo dei “faccendieri”, ovvero persone che offrono un po’ di tutto a prezzo da stock, con risultati però a vostro rischio e pericolo.

Parlando di immagine, Facebook e comunicazione s’incespica nella mentalità tipica del tipo chi lavora al computer non fa niente, perché dovrei pagarlo io? Nella realtà il cosiddetto niente si traduce in nuovi clienti, in un approccio positivo al proprio pubblico e in una visione aperta al mondo della comunicazione.

Volendo spulciare il cavillo possiamo anche analizzare COSA comunicare: la propaganda pura e semplice dei prodotti come se fossimo mercanti in fiera su Internet non attira, c’è troppo rumore e confusione (consideriamo sempre che non siamo gli unici che vogliono raggiungere clienti a basso costo).

Le strategie vincenti, spesso, sono le più semplici (come in guerra): dobbiamo creare/costruire una storia.

Lavoriamo per i bambini (abbigliamento/cibo/giocattoli)? Raccontiamo le favole su Facebook, condividiamo link pertinenti e cartoni animati, rassicuriamo le mamme sulla certificazione dei nostri prodotti e sulla qualità del nostro operato.

Lavoriamo per sportivi? Parliamo di storie di successo, di grandi eventi e personaggi che hanno reso celebre il campo in cui noi operiamo (se poi in catalogo abbiamo lo stesso marchio utilizzato dal personaggio é l’asso di briscola).

É finito il tempo della comunicazione un tanto al chilo, delle offerte 3×2 urlate sotto casa con il campanaccio, dei cartelloni giganteschi dove si regalavano 3 salsiccie per ogni acquisto: se vogliamo continuare ad esistere (e resistere) sul mercato dobbiamo vendere storie, sogni, memorie che possano legare in modo indissolubile la parte emotiva con il nostro brand, piccolo o grande che sia. Coca-Cola, Apple e molti altri brand insegnano.

Risparmiare sulla comunicazione o farla in modo approssimativo vuol dire tarpare le ali alla propria attività, chiuersi a riccio in un momento in cui la prima voce che canta è l’unica percepita, in un silenzio comunicativo che stringe la maggioranza delle PMI; partire con piccoli investimenti, un poco alla volta, rimanendo costanti e presenti.

Una buona immagine rimane nel tempo, l’offerta promozionale no.

Marco


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