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Credi negli incubi che scrivi

Creato il 24 febbraio 2014 da Mcnab75

alice

Da tempo affermo che la mia è una scrittura d’intrattenimento.
Rivendico questo diritto e lo faccio mio. Mentre là fuori i guru della letteratura continuano a dirci che i loro racconti ridefiniscono il genere, alzano l’asticella, disturbano, shockano (etc etc), io ribadisco che voglio soprattutto intrattenere il lettore. Voglio portarlo su una giostra dal fantastico, col numero di giri che dico io, nel modo che voglio io, e farlo divertire. Ho almeno ci provo.
Un po’ come al luna park.
Non ridefinisco una mazza, non uso comunicati stampa roboanti, che a volte sembrano usciti da un manifesto dello Juche, non pretendo di innalzarmi sopra colleghi o sodali.
Detto ciò, mi viene naturale fare qualche riflessione, dopo anni di scrittura, e dopo aver pubblicato una dozzina di ebook a titolo professionale (piaccia o meno ai detrattori, è così), regolarmente comprati e apprezzati da molti lettori.
La domanda è inquietante, anche se a molti parrà soltanto stupida, però io la faccio lo stesso: credo negli incubi che scrivo?

La mia produzione è divisa su due macrobinari: la fantascienza ucronica/steampunk e l’horror. Sono più prolifico in questo secondo genere, perché gli spunti da sviluppare sono più numerosi, soprattutto sulla lunghezza medio-breve (novelette e racconti).
Il mio horror, tra l’altro, è sempre di genere fantastico. Niente storie di serial killer, di abusi domestici, di real life. Ma tra questo “fantastico”, qualcosa di verosimile filtra, quantomeno nella mia mente.

Credo nell’esistenza di gruppi occulti di potere, che possono occasionalmente utilizzare metodi e linguaggi esoterici, per consolidare la loro influenza.

Credo nella megalopolismanzia, citata da Fritz Leiber in uno dei suoi capolavori. Credo che anche Milano, come altre città, sia una città viva e malata, che genera incubi e mostri.

Credo che la fortuna di certe grande famiglie di industriali nasconda segreti inconfessabili, con la collaborazione omertosa di chi, grazie a questa gente, ha campato felice per anni.

Credo che nei mari esistano più misteri che in ogni altro luogo del pianeta, e che questi misteri non portino mai notizie felici, per chi la la sfortuna di ficcarci il naso.

Credo che certi movimenti politici, ciarlando di concetti astratti quali la “democrazia diretta”, siano virtualmente pericolosi quanto certe ombre del passato, che insanguinarono il nostro ’900, in nome di presunte rivoluzioni.

Credo che esistano diversi remoti angoli, nascosti da quella che noi chiamiamo civiltà, in cui leggi più antiche di quelle moderne impongono la loro forza su cose e persone.

Sono dunque un credulone, un complottista, un invasato?
Non mi definisco tale, proprio per niente. Anzi, spero di non risultare così, a occhi esterni.
Parlare in un linguaggio metaforico serve tuttavia a esplicitare certi concetti che, espressi in altra maniera, risulterebbero sciocchi o troppo tendenziosi.
Non farsi latore di alcun messaggio non vuol dire non avere dei concetti da esprimere.
Uno scrittore del fantastico non deve (non dovrebbe) fare proselitismo, ma può avanzare ipotesi, stuzzicare ragionamenti, far germogliare la curiosità.

Se anche solo uno di voi, cari lettori, leggendo un mio ebook si è poi lanciato su Google a cercare informazioni e concetti, incuriosito dalle mie parole, allora sì, posso dire di aver fatto un buon lavoro.
Senza ridefinire alcunché, anche in questo caso. Non credo ce se sia bisogno, quando sono le storie a parlare, e non le sinossi delle medesime.

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(A.G. – Follow me on Twitter)


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