Credo di notare un leggera flessione del senso sociale
Non sono una grande amante dei concerti, forse perché nella mia vita la
musica non ha lo stesso spazio affettivo della lettura o magari filo perché la condivisione coatta con estranei sudaticci del mio spazio vitale non mi entusiasma. Ma veniva nella mia città Max
Gazzè e l'Amoremio voleva vederlo da tanto, così conscia anche del fatto che lui mi segue alle presentazioni di tutti i miei scrittori preferiti, ho comprato due biglietti e siamo
andati.
Solo che il concerto di svolgeva in un posto molto ggggiovane,
uno di quelli che alle undici ancora manco apre, e non c'abbiamo una certa età. Insomma, andiamo all'appuntamento verso le undici meno un quarto, il posto è quasi deserto e gli unici presenti
sono coppie più o meno come noi. Anzianezza rules.
Insomma, passa il tempo, l'ora del concerto si avvicina e nostro malgrado prendiamo posto tra le prime file, talmente
vicino da poter contare i capelli in testa al tecnico del suono che armeggia davanti a noi e formiamo una comunità di attempati e allegri ammiratori di Max Gazzè.
Quando manca poco all'inizio del concerto ci sentiamo spingere da dietro. Mi giro e mi compaiono davanti due ragazze dall'età indefinita, simili a
Derelitta, la moglie di Vito Catozzo ma con un abbigliamento da dive el burlesque. Inquietanti.
“Scusa, dobbiamo passare.”
“Come mai?”
"Perchè sì"
"Non credo"
“Guarda che noi abbiamo comprato i biglietti per la poltonissima, eh. Settanta euro, mica come voi
poveracci. Capito?”
“Abbella, ma l'hai visto dove siamo? Qui la poltronissima non ce l'ha nemmeno Max Gazzé in camerino. Se
volevi passare avanti dovevi venire prima come hanno fatto gli altri.”
Applausi degli altri della ormai affiatata comitiva e muro composto dalla parte maschile della stessa che impedisca
alle simpaticone di sgomitare con la delicatezza di una coppia di elefanti in una cristalleria.
Cosa che peraltro iniziano a
fare, insieme al fumare platealmente in faccia ai presenti ed a pestare i piedi di tutti coloro che le circondano. Oltre a sbattere le tette un po' a casaccio sui presenti.
Cafone è un complimento che non meritano.
Dopo la quarta gomitata di file, e
caricata da una settimana lavorativa non certo rilassante, decido di passare all'azione e dare spettacolo in
attesa dell'arrivo del cantante.
“Oh, ma hai toccato il culo al mio fidanzato, eh? Eh?”
La simpaticona numero uno ammutolisce, mentre la seconda smette di pogare e sgrana gli occhi.
“Sì, dico a te. Ti ho visto sai?”
“Ma... ma... io...”
“Adesso vengo lì e ti cavo gli occhi”
L'Amoremio alza gli occhi al cielo e fa l'atto di fermarmi, aumentando ancora di più il pathos della situazione.
“Lasciami, che l'ammazzo! Ti ho visto, gli hai toccato il
culo!?!”
“Tu sei pazza.”
La finissima signorina di riassesta il davanzale, butta la sigaretta per terra, colpendo la scarpa del ragazzo accanto a me, prende per mano l'amica e si defila.
Mi inchino per ricevere gli applausi che si rincorrono copiosi dagli spettatori che hanno
assistito.
Avessi avuto un cappello, sarei potuta girare tra gli spettatori e tirar su qualche
monetina.
Liberati dalle rompiscatole, che spero abbiano imparato che chi di cafoneria colpisce di cafoneria perisce, ci
godiamo il concerto e la musica di Max Gazzè.
Il concerto è finito alle tre, e abbiamo constatato con amarezza la nostra vecchiezza: i ragazzini arrivavano giust'allora per ballare, noi in come da sonno.
Però a chiacchiere e a teatralità non mi batte nessuno, eh...