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Creed - Nato per combattere

Creato il 18 gennaio 2016 da Misterjamesford
Creed - Nato per combattereRegia: Ryan Coogler
Origine: USA
Anno: 2015
Durata:
133'

La trama (con parole mie): sono ormai passati decenni dalle mitiche battaglie sul ring tra Apollo Creed ed il suo più grande rivale, Rocky Balboa.
Il giovane Adonis, nato da una scappatella dello stesso Apollo, cresciuto entrando ed uscendo dal riformatorio, vissuto cercando di non fare affidamento sul suo cognome e deciso ad intraprendere una carriera nel pugilato professionistico, finisce per chiedere consiglio e guida proprio al vecchio Rocky, ormai quasi rifugiato nel ristorante che porta il nome della sua defunta moglie, lontano dal figlio trasferitosi in Canada e perduto il cognato e migliore amico Paulie.
Il rapporto tra le vite dei due combattenti, cementato dalla voglia di riscatto e dalla sofferenza - pur se a diversi livelli - porterà entrambi a confrontarsi con se stessi, il tempo trascorso e quello che ancora andrà vissuto.
Creed - Nato per combattere
Mi capita raramente, quantomeno quando guardo un film, di mettermi alla tastiera e non sapere davvero cosa scrivere.
Di norma, soprattutto nel momento in cui mi trovo di fronte un titolo in grado di toccare le corde giuste, sento di poter recensire praticamente ad occhi chiusi.
Ma nonostante tutti gli anni di formazione tra Classici e Cinema d'autore, registi di culto e pellicole imperdibili, non avrò mai difese abbastanza forti per una pellicola come Creed, almeno quanto non le ho avute, ormai quasi dieci anni fa, per Rocky Balboa.
Questo perchè, sia per generazione, per caso o per chissà cos'altro, con la saga dello Stallone Italiano ci sono cresciuto: quando ero piccolo, un pò per l'anno di nascita, un pò per quello che vede ogni bambino rispetto al proprio genitore, identificavo in Stallone mio padre, con quella tranquillità esteriore scambiata per l'atteggiamento di qualcuno che arriva sempre un secondo in ritardo, e lo spirito di sacrificio che chiunque abbia praticato o pratichi sport ben conosce.
Con la sua bicicletta, ho "visto" cadere ed ascoltato i racconti delle cadute stesse del mio vecchio migliaia di volte, ed ogni sabato e domenica mattina, come se niente fosse, lo vedevo rimontare in sella, incurante del fatto che sarebbe potuto accadere ancora.
Ho visto estranei riportare a casa il "mezzo", lo sono andato a trovare in ospedale, ho "gioito" quando, nell'autunno dell'ottantotto, si sbriciolò la clavicola destra e rimase a casa tre mesi, e guardammo insieme tutta la prima serie di Ken il guerriero, ho ricevuto la sua chiamata nel duemilasette, poco prima di andare a vivere con Julez, tornando una mattina proprio da casa della mia futura signora, quando all'ennesimo incidente mi disse "Sono al pronto soccorso, sto bene, aspetta a dirlo alla mamma".
Negli ultimi mesi mio padre, per la prima volta, ha mostrato di stare invecchiando: il glaucoma lo sta tenendo lontano dai pedali, ed ho avuto in più di un'occasione il dubbio che possa non avere la scorza di mio nonno, che a novantadue anni ancora va avanti un passo alla volta, un round alla volta, un match alla volta.
La stessa che vorrei aver ereditato io.
E' invecchiato anche Stallone, e con lui Rocky, un eroe della mia infanzia, e non solo.
Rocky, il campione della gente comune, delle seconde possibilità, del "non fa male", del "non ho sentito la campana".
Creed, firmato dal giovane e promettente Coogler di Fruitvale Station ed interpretato dall'altrettanto giovane e promettente Michael B. Jordan, filtra i ricordi di quella straordinaria epoca attraverso la nuova mitologia del pugilato moderno, dei "Team", degli entourage, della stampa e dei "cloud" che non sono più nuvole, e lo fa con un piglio ed uno stile fantastici, da quello splendido combattimento girato in piano sequenza tra Creed e Sportino alla realtà del quartiere, che dalla folla di ragazzini di Rocky II si è tramutata in una gang dalle impennate facili.
Ma il protagonista, inutile dirlo, è sempre lui.
Quello che richiama la folla per la sola presenza all'angolo.
Che non tiene più il ring, fatica a reggere il ritmo del sacco veloce ed a salire i gradini di quell'ormai storica scalinata che, quando ancora non immaginavo niente di tutto questo, feci con mia madre nel corso dell'indimenticabile "gita" a Philadelphia: Rocky Balboa.
Per la prima volta, nonostante le goliardate con gli Expendables, la palestra e la chirurgia plastica, anche Sly mi è sembrato invecchiato.
E quando, nel faccia a faccia con Adonis, afferma di avere ormai tutto alle spalle, ed aver visto le persone che ha amato lasciarlo, una dopo l'altra, e che è invece il giovane di fronte a lui, ad avere la strada ancora tutta da percorrere, ho pensato a quanto fosse vero, e se fosse applicabile anche a me, che ho l'età che aveva Sly quando girò Rocky III - anche se sembro molto più giovane -, e la fortuna di guardare ogni giorno crescere il Fordino, e a quanto ci possa essere di autobiografico nelle frasi che pronuncia lo Stallone Italiano, specie quando viene mostrata una foto probabilmente risalente agli anni ottanta di lui con il figlio Sage - reale e sullo schermo, in Rocky V - in cui pare separarsi la realtà della narrazione - con Robert Junior trasferitosi a Vancouver dopo aver scelto una vita completamente diversa da quella del padre - da quella della vita - Sly ha perso il figlio Sage, vissuto probabilmente sempre all'ombra della fama del genitore, pochi anni fa - con due frasi da brividi, che passano dal "non ha mai amato combattere" a "non gli piaceva Philadelphia, e probabilmente gli pesava essere il figlio di Rocky".
Il Tempo è davvero un gran figlio di puttana.
Più di quanto non possa esserlo qualsiasi avversario potremo combattere nella vita.
Perchè non lascia scampo a nessuno.
Asciugamani gettati o match combattuti fino all'ultimo round, e persi ai punti, non potremo mai vincere, con lui.
Il Tempo vince anche con i nostri miti.
Vince con Rocky Balboa, che da bambino guardavo battagliare sul ring come se fosse immortale.
Vince con i nostri padri, che sono le leggende sulle quali finiamo per poggiare le fondamenta delle nostre vite.
Vince con noi, anche se non vogliamo ammetterlo, e pensiamo che lotteremo con i pugni stretti e sollevati fino all'ultimo giorno.
Ma non importa.
Siamo qui per combattere, e per vivere.
Sono qui per vedere Stallone regalare la migliore interpretazione della sua carriera.
E sperare in un assolutamente fantascientifico ed insperato Oscar come Migliore attore non protagonista dopo l'altrettanto incredibile vittoria ai Globes.
Sono qui per stare accanto a mio padre. Bicicletta o no. Sperando gli vada di pedalare il più possibile.
Sono qui per vendere cara la mia pelle.
Un passo dopo l'altro, un round dopo l'altro.
E non sono ancora pronto ad andare al tappeto.
O a smettere di emozionarmi per le imprese di Rocky sul grande schermo.
Con mio padre, da solo, o con i miei figli.
Un eredità.
Quella che ci ha lasciato Stallone.
Quella che ci continuerà a lasciare Rocky.
Quella di Creed.
MrFord
"Time will not allow you to stand still, no
silence breaks the heart and bends the will
and things that give deep passions are your sword
rules and regulations have no meaning anymore."
John Cafferty - "Hearts on fire" -

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