Il cinema sta cercando un rinnovamento e la strada intrapresa è ripartire da se stesso, da quelle icone che sono immaginario collettivo oltre i confini dello schermo, figure la cui storia fuoricampo è nella quotidianità reale dello sguardo, veri e propri miti con cui la logica produttiva abbandona definitivamente qualsivoglia tipo di ingaggio, stipulando una alleanza con il fine ultimo la creazione di qualcosa di nuovo.
Esempio perfetto di questo è proprio Rocky Balboa, personaggio talmente radicato nella cultura popolare che viene percepito quasi come una figura reale, anzi è proprio questa accettazione della finzione come dato di fatto a dare consistenza ad un corpo immateriale, capace di infondere le stesse emozioni che nascono di visione in visione all’interno dello spazio filmico. “Creed” diretto da Ryan Coogler prende coscienza di ciò e si guarda bene da non proporre una sterile e accomodante “operazione nostalgia”, ma anzi dirige un film che omaggia il mito e lo inserisce nel corpo cinema come tale, sfruttandolo per trovare un nuovo Zenith da cui ripartire senza però scordare le proprie radici.
Ecco quindi che Rocky Balboa da campione (così l’abbiamo sempre conosciuto) diventa mentore e così il pugile ribelle e testardo, lascia al posto ad un nuovo se stesso, facendogli però dono di tutte quelle traiettorie morali proprie di una generazione vecchia ma non ancora stanca di lottare. Due figure legate da un unico cammino, entrambe in cerca di riscatto dal loro passato e figlie di diverse epoche (non si può nemmeno più parlare di generazioni vista la forbice temporale). Lentamente Coogler ridefinisce gestisce i suoi due protagonisti speculari ridefinendo sogni e stili di vita della nuova classe popolare, dove una volta trovavamo italo-americani, adesso ci sono persone di colore, ove un tempo l’eroe combatteva per migliorare la sua vita, adesso lui rinuncia alla vita agiata per trovare se stesso e la propria passione e conquistare nuovamente il pubblico. Tutto questo si costruisce davanti allo sguardo in poco più di due ore, riempiendo nuovamente il cuore di emozioni che non sono più le stesse perché gli eroi di ieri sono i miti di oggi e non rimane altro da fare se non accettarlo.