Lo sviluppo delle energie rinnovabili ha creato un sistema speculativo e criminale che ha sfruttato le opportunità e le vulnerabilità del sistema.
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Sostenuta da incentivi, finanziamenti e agevolazioni fiscali la corruzione ha agito come spesso accade, a discapito della legalità e della concorrenza leale tra imprese. La corruzione nel 2011 ha consumato 2,5 milioni di Mw prodotti da fonti rinnovabili, oscurando 30 milioni di metri quadri di fotovoltaico, pari al fabbisogno annuo di 800.000 famiglie. A quantificare quanto vale la corruzione nei settori dell’economia verde è la ricerca “Corruzione e frode nella Green Economy”, prima parte del progetto Green Clean Market sostenuto nell’ambito della Siemens Integrity Initiative, promosso e coordinato da Transparency International Italia con il supporto del centro studi Rissc, la partecipazione del Servizio Anticorruzione e Trasparenza del Dipartimento della Funzione Pubblica e il patrocinio del ministero dell’Ambiente.
La ricerca ha individuato le principali criticità nelle correlazioni fra green economy e corruzione, concentrandosi su energie rinnovabili, logistica e mobilità di merci e persone. I numeri e i casi toccati fanno emergere un quadro preoccupante della situazione. Lo sviluppo delle energie rinnovabili (Fer), sostenuta da incentivi, finanziamenti e agevolazioni fiscali, ha creato un sistema speculativo e criminale che ha sfruttato le opportunità e le vulnerabilità del sistema a discapito della legalità e della concorrenza leale tra imprese. Con i numeri già citati.
Tutti i reati che riguardano la pratica lavorativa. Nella logistica, invece, si conclamano i fenomeni di dumping sociale, sfruttamento del lavoro nero e di manodopera clandestina, violazioni della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro, atti di concorrenza sleale attuati attraverso cartelli di imprese e accordi sui prezzi da praticare per orientare gli appalti, si intrecciano con gli interessi del crimine organizzato attivo soprattutto nella logistica di basso livello.
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L’infiltrazione criminale nel settore della logistica permette, infatti, non solo di generare profitti attraverso attività apparentemente lecite, ma anche di riciclare il denaro sporco e di creare efficienti sinergie con le attività di traffico (ad esempio droga e armi) e le attività intraprese in altri settori chiave dell’economia mafiosa, quali le costruzioni, il movimento terra e la realizzazione di lavori edili collegati ad appalti nel settore pubblico.
Per la centralità del ruolo della mobilità invece le scelte e dell’iniziativa pubblica rappresenta il maggior driver di rischio criminale di questo settore perché limita e condiziona l’iniziativa privata, aprendo a forme di illegalità alimentate spesso dalla commistione/conflitto di interessi, dalla disponibilità dei politici e degli amministratori locali a ricevere denaro (o benefici di altra natura) per tutelare interessi individuali o di piccoli gruppi, orientando o manovrando di conseguenza anche l’attività istituzionale. In alcune aree del Paese, poi, esiste una correlazione diretta tra criminalità organizzata ed aziende municipalizzate.
L’ambito economico più funzionale alla sostenibilità in cui risulta essere più radicato il rischio di corruzione e di frode è quello delle infrastrutture e delle grandi opere. Nel breve-medio termine, rileva la ricerca, le opportunità criminali saranno legate in particolare ai fondi di provenienza comunitaria e, nello specifico, alle situazioni in cui l’allocazione e la spendita delle risorse saranno contingentate da scadenze imminenti.