“Alliscio Nicola!” – mi sono girata un po’ disorientata. Quanti anni erano che non sentivo quest’espressione? Un ragazzino sta “sotto”, e fa la conta per giocare a nascondino. Allora esistono ancora ragazzini in questo quartiere? Ed esistono ancora ragazzini che giocano per strada? Un’ondata di nostalgia, mista a euforia, mista a tristezza, mi assale.
Euforia per la gioia di questi ragazzini che si divertono davvero con poco. Basta un angolo di strada miracolosamente libera dalle auto parcheggiate, un palo su cui fare la conta, e qualche portone lasciato aperto in cui andare a nascondersi. Infondo i ragazzini di oggi sono uguali ai ragazzini di sempre. A tratti più tecnologici, ma sempre fantasiosi, creativi e pieni di vita.
Tristezza perché sono passati forse 20 anni e qui non è cambiato nulla. Non ci sono parchetti, non ci sono giardini pubblici con due giostrine due per i più piccoli, non ci sono spazi di aggregazione per i più grandi. Non c’è una biblioteca, un cinema, una sala dove organizzare concerti, spettacoli, dove provare i primi accordi con i compagni che come te amano suonare. Non c’è un campo di calcetto, né uno di pallavolo, di basket, di hockey, una pista di pattinaggio, una pista ciclabile, uno skate-park, manco un giardinetto per portare in giro i cani…
Lo sanno bene i ragazzi di Crescere al Sud, un progetto che riunisce diverse realtà presenti sui territori del Mezzogiorno, e cerca di coinvolgere i ragazzi (dagli 11 ai 17 anni circa) in una inchiesta partecipata finalizzata prima di tutto alla presa di coscienza della situazione in cui vivono, dei loro diritti, seguendo poi un percorso insieme ad un gruppo di adulti (educatori, psicologi, esperti della comunicazione) che li guidano in una vera e propria inchiesta su come vivono i ragazzi (minori) in alcune delle più importanti città del Sud.
Questi ragazzi hanno lavorato molto (e hanno lavorato bene) per esprimere in modo civile e costruttivo questo disagio profondissimo di doversi adattare a degli spazi inesistenti, cosicché sei cubi di cemento, lasciati infondo ad una strada residui di qualche vecchio cantiere, diventano il punto di ritrovo della generazione di un quartiere intero, in cui per passare il tempo “chiacchieriamo, non c’è molto altro da fare” come dicono giustamente alcuni degli intervistati nel video. Oppure, come racconta un ragazzo di un altro quartiere nello stesso video, “ci siamo disegnati due porte, una su un muro e una su una scalinata, per giocare a pallone, perchè in tutto il quartiere non c’è un campetto, e le femmine ci guardano giocare o passeggiano intorno a questo campo” in attesa di avere l’età giusta per prendere l’autobus da soli o, meglio ancora, la macchina per andare “in centro”.
Perchè, dicono bene loro, “povertà materiale è povertà culturale, povertà o addirittura assenza di sogni, doversi abituare alle distanze senza poterle colmare, doversi accontentare (…) dover urlare forte per far sentire la voce del proprio bisogno al di sopra di tutto questo!”
E allora urlatelo, urlatelo forte che non ci state, che non ci state più ad accontentarvi, che crescere al sud è bello, ma potrebbe essere molto più bello se solo qualcuno si fermasse ad ascoltare i vostri bisogni. Siate coraggiosi e ditelo a tutti che non si può crescere bene isolati nel cemento e accerchiati dalla cultura della malavita. Che l’alternativa c’è, che basterebbe così poco per salvarci e tornare ad essere cittadini giovani ma consapevoli, attivi per il bene del proprio quartiere e della propria città.
Esco dall’incontro con questi ragazzi e ci sono dei bambini che giocano in una piazzetta. Basterebbe così poco, penso. Basterebbe non arrendersi. Basterebbe crederci, come stanno facendo loro. Il cambiamento è già in atto, ci vorrà del tempo, ma non si può più fermare!
[La Rete di Associazioni di Crescere al Sud, durante l'ultima Conferenza Nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, ha denunciato che oltre un milione di bambini nel Sud del nostro paese vivono sotto la soglia della povertà - economica e d'istruzione. La regione Puglia, seconda solo al 20% della Sicilia, tocca la triste percentuale del 15,5% rispetto alla media nazionale che si ferma al 10%. Sicuramente la crisi economica mondiale ci ha messo del suo, ma mentre siamo qui a trovare scuse, ci sono bambini che soffrono, che vivono in condizioni allucinanti, e non sono lontani come possiamo immaginare, sono proprio qui, dietro quel palo, a giocare a nascondino!]