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Crescere è non farsi trovare agnello quando il lupo è affamato

Da Martina Frattini @frattini88
Crescere è non farsi trovare agnello quando il lupo è affamato

C’era una volta una bambina, con un vestito di candido cotone bianco, trapuntato di minuscoli lillà, come la volta del cielo è guarnita di stelle nelle notti d’estate. Profumava di primavera, aveva le gambe sottili e i capelli sempre in disordine. Sorrideva sempre.Era felice, perché non si chiedeva il perché delle cose, viveva e basta. La mattina addentando il pane con la marmellata, correndo con gli amici nei prati durante la giornata, abbracciando la mamma, accarezzando un gatto dal naso rosa, leggendo un libro la sera prima di addormentarsi, prima delle notti affollate di sogni.

Un giorno, durante una delle sue passeggiate senza meta, arrivò al fiume. Iniziò a scendere verso l’acqua canticchiando. Si tolse le scarpe, le calzette corte. I suoi piccoli piedi toccarono prima l’erba umida, poi la pietra calda e liscia ed infine l’acqua, gelida ed inarrestabile nel suo moto, proprio come la bambina.
Le piaceva stare così, con i piedini caldi immersi in tutta quella freschezza, circondata dal silenzio rumoroso del bosco, sola con il turbine dei suoi pensieri di bambina.
Ad un tratto però sentì il rumore di un ramo spezzato ed alzò di scatto la testa, ritraendo i piedi e portandosi le ginocchia al petto.
Fu così che i suoi occhi incrociarono gli occhi più profondi che avesse mai visto. Fu così che l’aria si fermò, il tempo si fermò, insieme al suo cuore.
Capì subito che non si trattava del cane del vicino, quello che teneva a bada le pecore. Quello era più grosso e grasso, aveva il pelo più chiaro e gli occhi, gli occhi non erano così neri.
Il lupo la fissava dall’altra parte del fiume sulla roccia. Aveva il pelo irto sulla schiena e si spostava sulle zampe anteriori, la bocca sporca di sangue, del sangue della preda che aveva tra le zampe: un agnello candido, come il vestito della bambina.
Poteva tirare un sasso, arrampicarsi su di un albero alto e attendere che qualcuno venisse a salvarla, correre verso casa con tutta la forza che aveva, correre senza voltarsi indietro, ma non lo fece.
Si sdraiò a pancia in sù sulla roccia calda, rilassando ogni muscolo del suo corpo. L’ultima immagine che vide prima di chiudere gli occhi furono le cime degli alberi alti, alternate dall’azzurro del cielo, il sole che filtrava delicato.
Subito dopo gli schizzi nel fiume, l’odore di selvatico che si faceva sempre più vicino, l’alito caldo sul collo, un naso umido che cercava di percepire tutto il suo profumo di primavera.
Un corpo caldo che si sdraiava al suo fianco e poggiava la testa sul suo braccio. La sua manina che stringeva il pelo morbido e il sorriso più bello che le compariva sul viso.


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