Sembra che in questo decennio anziché progredire si sia fatto un salto all’indietro. Colpa della crisi economica, del caro-vita, delle difficoltà delle famiglie con minori, in cui l’istruzione viene tristemente e necessariamente sempre dopo il cibo ed i vestiti, bisogni primari. Colpa anche di una società che con facilità volge le spalle in modo indifferente e cinico al vicino che ha bisogno, e si rifugia in una beneficenza comodamente esotica.E’ qualcosa che si sconterà non a breve, ma nel futuro. I ragazzi con deficit istruttivi saranno adulti sempre meno in grado di competere sul mercato del lavoro, di realizzarsi in un mondo iperaccelerato culturalmente nevrastenico. Andranno ad accrescere la cosiddetta fascia “disperata”, quella irrecuperabile di inoccupati, di adulti senza prospettive, costretti a giocare al ribasso sul proprio domani.Ma c’è qualcosa che mi preoccupa ancora di più. Questi ragazzi poveri in tutto, culturalmente e sociologicamente debilitati convivono ed hanno di fronte modelli deviati, ricchezze patinate e televisive da invidiare, gente corrotta che – senza pudore – ruba alla società dei deboli, approfittando dei ruoli di vertice politico ed economico che ha. E gli scandali, dopo un pò, non sono più tali, non fanno notizia.Ho parlato e parlo con qualcuno di questi giovani. Ho avvertito rabbia profonda, rancore, invidia. Stanno crescendo male. Il crimine non fa più paura. La galera neanche. La disoccupazione neppure. Crescono pericolosamente nella cultura deviata del “voglio-una-cosa-e-me-la-prendo” con le buone o con le cattive. Non c’è voglia di impegnarsi in attività sociali, o perseguire ideali che appaiono inutili chimere. Vogliono rischiare. Tutto e subito. Per loro la maggiore virtù è la furbizia e la dignità di una persona si misura in quanti zeri seguono la cifra. Meglio Amici ed X-Factor di un oscuro impiego in qualche azienda privata. E non importa se devono giocarsi il futuro alla roulette della vita. Il rischio è meglio del sacrificio. E la mafia, la criminalità, appaiono come uno status sociale. Un surrogato intossicato di uno Stato che è sempre assente. L’alternativa pericolosa ad una vita passiva, fatta di indolenza e di rassegnazione, in cui essere povero equivale ad essere nessuno.By Michele Barbera
