Crescita e cambiamento non decollano in Italia

Creato il 19 dicembre 2010 da Leone_antonino @AntoniLeone
Da quando si è insediato il Governo Berlusconi la ricchezza nazionale del Paese registra bassi livelli di crescita, la conoscenza che Peter Drucker definisce il primo fattore produttivo per lo sviluppo sociale ed economico di un paese viene sottovalutata, il merito non viene considerato agli stessi livelli dei paesi che registrano un tasso di sviluppo maggiore dell’Italia.Tutto procede con le ricette non miracolose del ministro Tremonti che pone la sua attenzione alla quadratura dei conti e non alle riforme strutturali di cui il paese ha bisogno per crescere ai livelli necessari per comprimere i problemi sociali del paese. In quest’ultimo periodo sono stati presentati alcuni dati sull’economia italiana che non lasciano presagire nulla di nuovo.Incominciamo dall’ evasione fiscale. Da uno studio effettuato da Kris Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it risulta che l’evasione fiscale in Italia è aumentata del 10,1% e si consolida al 54,5% per un importo di circa 159 miliardi di euro l’anno. L’Italia si conferma al primo posto in Europa. Le notizie riguardanti la lotta all’evasione non sono rapportate al fenomeno e ne rappresentano una piccolissima parte. Occorre cambiare strategia e consentire all’Agenzia delle entrate di possedere le informazioni necessarie per creare delle banche dati che aiutino la lotta all’evasione. Gli accertamenti da soli, in assenza di una analisi delle informazioni e di una valutazione della performance dell’Agenzia delle Entrate, non sono sufficienti a velocizzare, a comprimere e normalizzare il fenomeno dell’evasione nello spazio di 3 o 4 anni. La lotta all’evasione non è solo un problema di equità ma rappresenta in questo momento di pesante crisi economica una delle poche possibilità di introitare risorse da investire per la crescita del paese e per contrastare i problemi sociali più gravi rappresentati dalla tendenza di comprimere la base occupazionale del paese.
Un trend negativo per l’Italia è rappresentato dall’aumento della pressione fiscale (rapporto Ocse), la quale si è attestata nel 2009 al 43,5% del Pil (43,3% nel 2008) ed al terzo posto tra i Paesi dell’area Ocse dopo la Danimarca e la Svezia (quarto posto nel 2008). La tassazione locale nel 1990 era pari al 2,6% della tassazione totale mentre oggi è pari al 16,1%. Le entrate fiscali provengono per l’80% dalle imposte sul reddito e gravano sul reddito da lavoro e sulle imprese. Infatti, il peso complessivo del carico fiscale che grava sulle imprese italiane è pari al 68,6%, a fronte di una media europea del 44,2% e di una globale del 47,8%. Su 183 paesi esaminati l’Italia si classifica al 167° posto (studio Paying taxes 2011, realizzato dalla Banca mondiale e dalla società di consulenza PriceWaterhouseCoopers). Per i redditi da lavoro dipendente la situazione è più grave a causa delle tasse e del costo del lavoro che pesa sulle imprese e sul salario netto dei lavoratori in modo maggiore rispetto agli altri paesi. Si rende necessario ed urgente riformare il sistema fiscale e renderlo più equo con le seguenti misure: - Abbassare le tasse alle imprese; Applicare una aliquota del 20% ai redditi da lavoro dipendente e detassare i salari fino a mille euro; Applicare la tassazione del patrimonio; Istituire a livello europeo la tassazione delle transazioni finanziarie al fine di contrastare il debito pubblico. Tali misure sono necessarie per sostenere la domanda di consumo, incoraggiare le imprese ed aumentare il salario reale dei lavoratori dipendenti. Il debito pubblico italiano, nonostante il rigore propagandistico del ministro Tremonti, continua a salire attestandosi a 1.867,398 miliardi (dati Banca d’Italia) rispetto a 1.790 miliardi del mese di gennaio (+ 104 miliardi) e le entrate tributarie segnano dall’inizio dell’anno un calo del dell’1,8%. La Confindustria prevede per il 2010 un tasso di crescita dell’1% e per il 2011 dell’1,1% nonostante che l’Italia non sia stata interessata dalla bolla immobiliare e le banche italiane siano solide. L’Italia cresce meno della Germania che registra il 3,4% e della media europea che si attesta all’1,5%. L’Italia è bloccata perché non si muove verso il cambiamento e non pensa di realizzare riforme strutturali che mutino l’equilibrio attuale che ci impedisce di crescere e di costruire un futuro migliore. Occorre investire in ricerca, istruzione e risorse umane e combattere la burocrazia, l’economia sommersa e l’evasione fiscale. Senza crescita il problema della disoccupazione non può essere affrontato positivamente, i giovani disoccupati non potranno costruire il loro futuro ed i talenti emigreranno all’estero. E’ necessario, inoltre, riformare il mercato del lavoro e superare il dualismo tra protetti e precari, adeguare al terzo millennio le relazioni industriali, ciò è già avvenuto negli altri paesi, che sono rigide ed esprimono un equilibrio che risale agli anni settanta. Vi sono dei progetti in Parlamento presentati da Pietro Ichino e da Paolo Nerozzi, senatori del Partito Democratico, che vanno discussi con urgenza perché il problema di ampliare la base occupazionale del paese può essere affrontato con la crescita economica e le riforme normative.Ritengo che dopo due anni e mezzo di Governo Berlusconi abbiamo constatato che non è possibile avviare un serio cambiamento e, pertanto, le forze politiche che sono all’opposizione devono insieme osare di più per il bene del paese, delle famiglie, dei lavoratori e dei giovani.

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