© Nicola Nicodemo
Ti sembrava troppo grande per un abbraccio. Avevi paura. Quella volta, per strada, quando lui era con la sua ragazza, hai capito che era cresciuto. E che lo avevi perso. Avevi perso tutti quegli anni insieme a lui. E allora non ti restava che un ricordo, l'immagine sbiadita di un bambino, nascosto dietro il corpo alto e forte, il viso ruvido, di quel ragazzo che si atteggiava da adulto.
Hai perso la complicità, la tenera ingenuità di un bambino che cercava rifugio dietro le tue gambe, che ti chiedeva le braccia, che ti si stringeva al petto. Hai perso le mani appiccicose di cioccolata o sporche di inchiostro e le macchie di fango sui pantaloni nuovi. Hai perso le urla e i capricci, i suoi occhi dolci di quando sorrideva, o il visino rotondo, arrossato dal pianto. Adesso lo vedi camminare sicuro e deciso, e non oseresti chiamarlo - come facevi una volta, allargare le braccia e aspettare che lui venga a stringerti. Non avresti il coraggio di accarezzarlo o di dirgli solo una parola. Lo lasci andare via, tenendoti lontana in disparte. Aspetti che ti dia le spalle per guardarlo, e ti nascondi. Lui parla tranquillo, senza timore. Conversa con il suo fare carismatico che coinvolge tutti. Ride e scherza e alza la voce. Imita qualcuno, lo vedi muoversi goffamente, accennare qualche buffa espressione. E i suoi amici ridono, applaudono, gli tendono la mano. La ragazza gli cinge il fianco con affetto, come tu eri solita fare per proteggerlo, per mandar via la paura. Poi un ragazzo gli passa una birra. E lui beve.
Decidi di aspettarlo a casa. Anche se ti senti sola e vorresti parlargli. Vorresti averlo vicino per abbracciarlo ancora. Come uno di quei giorni, quando lui era piccolo e tu eri ancora la sua mamma.