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Cricca lumbard - Appalti & mazzette targate Lega - Milano, la "Capitale Morale"

Creato il 29 febbraio 2016 da Tafanus

Società offshore, affari all’estero, trafici internazionali. L’ultima inchiesta sulla sanità scoperchia una holding del malaffare. Targata Lega. E gestita da un amico di Maroni
(di Paolo Biondani, Vittorio Malagutti e Michele Sasso - l'Espresso)

Maroni-tamburello
Holding a Panama, società in Lussemburgo, conti a Montecarlo, progetti a Dubai, traffici assortiti tra Cina, Russia, Brasile e Romania. Eccola, la multinazionale lumbard. Una multinazionale del malaffare. E il capo era lui, Fabio Rizzi, leghista della prima ora, amico e stretto collaboratore di Roberto Maroni, il presidente della Regione Lombardia. Questo, in estrema sintesi, è quanto raccontano migliaia di pagine
agli atti dell’inchiesta della procura di Monza che il 16 febbraio ha scoperchiato quella che appare come una gigantesca ruberia ai danni della sanità pubblica.

L’indagine che ha portato in carcere Rizzi ruota intorno all’incredibile carriera di Paola Canegrati, l’imprenditrice brianzola partita dal nulla che nell’arco di una quindicina d’anni è riuscita a metter le mani sul business delle cure odontoiatriche in Lombardia. Un business finanziato con i soldi della Regione grazie agli appalti che “Lady Dentiera”, anche lei arrestata, vinceva a raffica in molti ospedali.

Il segreto del successo, secondo le accuse, erano le tangenti. Denaro e favori vari, anche l’assunzione di parenti e amici, che Canegrati elargiva ai direttori di Asl e ospedali. In cima alla lista dei beneficiati c’era Rizzi, che l’amico Maroni aveva piazzato alla presidenza della commissione Sanità della Regione, postazione chiave per influenzare il flusso miliardario dei finanziamenti alle strutture pubbliche. Insieme a Rizzi, 49 anni, varesotto di Besozzo, è finito in carcere anche il suo inseparabile amico, confidente, collaboratore Mario Longo, che dagli atti dell’inchiesta appare coinvolto in mille trame affaristiche, dal Sudamerica fino in Cina.

IL FONDO ESTERO CI METTE I SOLDI - La giostra milionaria girava da anni. Alla grande. Canegrati, a capo di un gruppo con oltre 50 milioni di ricavi, aveva appena messo a segno il colpo della vita. Anzi due: l’acquisto del suo principale concorrente in Lombardia, la Egm di Luca Rottoli, e poi l’alleanza con il fondo d’investimento internazionale Argos Soditic, sede a Parigi e attività in tutta Europa. In sostanza, il nuovo socio metteva i soldi e la signora restava al comando, almeno fino al 2017, quando aveva un’opzione per vendere tutto e passare alla cassa. Nel frattempo, però,

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Lady Dentiera, 54 anni, continuava a correre come sempre e studiava ’espansione in Veneto, Piemonte, Toscana, Liguria, fino in Svizzera, dove aveva già aperto una filiale e progettava di prendere la residenza.

«Altro giro, altro regalo», sbotta a un certo punto l’imprenditrice (intercettata dai carabinieri) quando capisce che Rizzi sta per bussare a quattrini. L’amico di Maroni non era il tipo che passava inosservato. A Varese e dintorni era facile vederlo scorrazzare con un gigantesco fuoristrada Hummer di colore giallo. In affari però il presidente della commissione Sanità si muoveva sottotraccia, tra prestanome, la sua compagna Lorena Lidia Pagani e schermi societari.

CASSAFORTE OFFSHORE - Dagli atti d’indagine emerge che Rizzi e i suoi sodali si erano organizzati come un comitato d’affari, con tanto di holding in Lussemburgo. Ed è proprio il politico leghista, ascoltato tramite una cimice piazzata sulla sua auto, a spiegare alla convivente gli equilibri azionari in quella che appare come la cassaforte della cricca. A libro soci troviamo Longo con la sua compagna Silvia Bonfiglio (30 per cento in totale). Rizzi, proprietario di una quota del 25 per cento, aveva aperto le porte anche a convivente e segretaria (10 per cento ciascuna), mentre il resto del capitale se lo dividevano altri due fedelissimi: Donato Castiglioni (10 per cento), anche lui arrestato, e il medico Roberto Caronno con il 15 per cento.

Per fare chiarezza bisognerà attendere i risultati delle rogatorie internazionali. Certo è, però, che i protagonisti della vicenda vengono più volte intercettati al telefono mentre discutono di complicate architetture societarie nei paradisi fiscali. A far da sponda c’era spesso Stefano Lorusso, affarista con base a Miami. «Tu mi devi dire quando mi porti a Panama a parlare col panamense», gli dice Longo che ha fretta di creare una nuova società nel Paese centroamericano, noto e impenetrabile centro offshore. «Io e te abbiamo il controllo di tutta la baracca», dice Longo in un’altra occasione riferendosi alla holding panamense Insideout, di cui, secondo l’intercettazione, Rizzi avrebbe avuto non più di un terzo del capitale.

Da Panama si arriva in Costa Azzurra. Lorusso dice di aver creato a Montecarlo una società per gestire il marchio della sua azienda, la “More Than Lux” di Miami (immobiliare, affitto di aerei e auto di lusso). Un’attività che l’imprenditore era pronto a condividere con i due leghisti. L’ultima tappa era Dubai, dove Lorusso, intercettato, dice di voler trasferire i soldi di Montecarlo.

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ZUCCHERO DO BRASIL - Nella loro frenetica rincorsa al denaro, ai danèe, direbbe il varesotto Rizzi, la cricca leghista pensava in grande. I loro progetti, a volte un po’ sgangherati, spaziano da Pechino fino all’altra sponda dell’Oceano Atlantico. Nel febbraio del 2015, Longo telefona a Lorusso dicendo che hanno la necessità di «esportare dal Brasile in Cina 100 tonnellate al mese di zucchero bianco già raffinato». Dagli atti d’indagine non si capisce se questo affare sia mai andato in porto. È invece naufragata un’altra operazione a cui il gruppo di sodali lumbard aveva lavorato a lungo. L’obiettivo sembrava nobile: la costruzione di un ospedale pediatrico, sul modello del milanese Buzzi, nello stato brasiliano del Goiás. Il progetto viene presentato in pompa magna già nel 2013, con tanto di sponsorizzazione della Regione presieduta da Maroni. «Un’eccellenza lombarda al servizio dei bambini brasiliani», si vantava Rizzi. Solo che, dietro le quinte, il gruppo dei suoi soci si muoveva, d’accordo con lui, per farsi gli affari propri. Longo e gli altri puntavano a incassare ricche commissioni per mettere in contatto alcune imprese italiane con i governanti del Goiás. Non solo per il progetto dell’ospedale, ma anche per altri futuri lavori. Per raggiungere lo scopo avevano agganciato Alexandre Baldy, vicepresidente della Regione autonoma brasiliana, che nel novembre 2014 si reca in visita al Buzzi, a Milano, per promuovere l’iniziativa.

A febbraio 2015 il cerchio sembra vicino a chiudersi. Una delegazione italiana guidata da Longo si incontra in Brasile con le autorità. Del gruppo fanno parte i rappresentanti di tre aziende impegnate nel settore sanitario: la Techint dei Rocca, Servizi Italia e Giglio Santa Lucia. L’affare però non va in porto, perché i brasiliani si mettono di traverso. Al telefono Longo si lamenta con Lorusso perché il governatore del Goyas, Marconi Perillo, chiede 50 mila dollari per sbloccare l’operazione. «Una richiesta che appare in troppo chiaramente come una tangente», si legge nell’informativa dei Carabinieri. Ma c’erano anche altre preoccupazioni. «Bisogna trovare una soluzione per non fare figure di merda», dice Longo intercettato. Perché, spiega, «ci sono documenti ufficiali, c’è Maroni (…) e questi dicono “scusa e i trentamila che abbiamo messo sul tavolo per mandarvi lì”». Queste parole fanno supporre che la Regione avesse finanziato almeno in parte la missione in Brasile. Per questo e altri affari Rizzi e soci incrociano la rotta di Alessandro Albano, un consulente in camicia verde, visto che fino al 2014 era consigliere provinciale a Torino per la Lega Nord. Albano (non indagato) appare coinvolto in molti progetti. Lavora per la Servizi Italia e vanta entrature politiche in diverse regioni del Nord Italia. Frequenta il sindaco di Verona, Flavio Tosi. Dagli atti risulta che Albano si informa con un interlocutore sui costi e i tempi per creare una società in Bulgaria. Ma anche la Russia interessa Rizzi, il quale vorrebbe spedire a Mosca il suo collaboratore Longo. Quest’ultimo però se ne lamenta al telefono: «Quando torniamo come glielo spieghiamo alla magistratura che ci andiamo con l’embargo?».

IL CERCHIO MAGICO DEL GOVERNATORE - Rizzi e i suoi sodali, scrivono i pm, «usavano il potere politico come strumento per accumulare ricchezze». Un’immagine in particolare racconta questo intreccio malato. Proprio mentre parte l’inchiesta, al terzo piano del Pirellone, sede del Parlamento lombardo, sulla porta di una stanza compare una targa con i nomi di Longo e Caronno, primario di chirurgia vascolare all’ospedale Sant’Anna di Como. Entrambi infatti sono inseriti nello staff di Rizzi, presidente della commissione Sanità. Caronno, più volte citato nelle intercettazioni, è a libro paga (36 mila euro annui) di Eupolis, l’ente regionale per la ricerca e la formazione già finito al centro di un’altra indagine. Quella sull’assegnazione di un contratto da 29.500 euro cucito su misura per Mara Carluccio, ex collaboratrice del governatore Maroni. Il medico, varesino di origini, è un leghista militante partecipa in prima fila ai congressi, e soprattutto è uno degli undici dell’auto-nominato “gruppo strategico Lega Nord Sanità”. Che sia strategico lo si capisce scorrendo l’elenco dei nomi: tutti con pedigree di fedeltà «maronita», tutti di Varese e dintorni e con incarichi di vertice negli ospedali pubblici: ecco l’ex assessore alla famiglia Maria Cristina Cantù, amica personale di Bobo, come Giovanni Daverio - in arte Johnny - e Giuseppe Rossi detto Gegè. Daverio da due anni ha un'incarico da direttore generale in Regione. Rossi è invece alla testa del polo ospedaliero di Lodi, dopo aver guidato Lecco.

GENERALI NELLA RETE - Le intercettazioni svelano che a un certo punto l’attivissima Canegrati mette un piede anche negli ambienti militari. Negli atti d’indagine compare il nome del generale Angelo Giustini, cardiologo e responsabile sanitario della Guardia di Finanza, oggi a riposo. Un contatto importante per l’imprenditrice, che punta agli ambulatori delle Fiamme Gialle. Nel novembre 2014 il generale Giustini e il suo aiutante vengono ospitati a spese della Canegrati: notte in hotel e cena per «intrecciare relazioni per prepararsi al futuro», spiega lo stesso Giustini, che si prepara ad andare in pensione. Un anno dopo i due si ritrovano ancora. L’occasione è il premio Sciacca nell’Aula Magna della Pontificia Università Urbaniana della città del Vaticano. Canegrati riceve un premio speciale della giuria e a consegnarlo è proprio il generale Giustini. Nel network lumbard compare anche un generale in pensione dei Carabinieri, tale Alberto Bellotti, che, annotano gli investigatori, incontra Canegrati per sondare “eventuali prospettive di collaborazione”.

IL LOBBISTA PESCATORE - Rizzi è un leghista innamorato della Sardegna. Trascorre le vacanze sull’Isola Rossa, in provincia di Olbia-Tempio Pausania,dove ha fondato nel 2009 la prima sezione della Lega Nord Sardinia. Sarà per questo che il politico lumbard ha sposato la causa dei pescatori spingendo per la candidatura del suo «fraterno amico» Mauro Morlè (con lui esce in barca) alle Europee del 2014. Dalle urne arrivano 3.300 voti, e così l’instancabile Rizzi si mette in pista per far avere al suo protetto un tesserino da lobbista proprio a Bruxelles. Decine di mail e telefonate alla pattuglia di barbari sognati all’Unione europea: chiede a Mario Borghezio un incarico di consulente per «andare e venire quando vuole gratis con vitto e alloggio assicurato». Affare fatto. Dopo mille manovre l’agognato tesserino finalmente arriva. Il leghista pescatore sbarca a Bruxelles. A spese nostre, perché all’Europarlamento i lobbisti sono pagati con denaro pubblico.

ha collaborato Janaina Cesar

(continua)


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