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CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI. Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. ODRADEK

Creato il 28 febbraio 2011 da Atlantidelibri

Mario Roatta, Gastone Gambara, Alessandro Pirzio Biroli, Emilio Grazioli, Mario Robotti , illustri criminali di guerra italiani nelle terre occupate dall’esercito italiano riuscirono a farla franca al termine del conflitto, nonostante le prove e le testimonianze contro di loro. Molti non subirono neppure un processo, grazie alla Guerra Fredda e all’italico tradizionale metodo di insabbiamento. Un libro ricostruisce le loro azioni, le complicità di cui godettero, e il periodo storico.

 

CRIMINALI DI GUERRA ITALIANI. Accuse, processi e impunità nel secondo dopoguerra. ODRADEK

Con un’intervista al Procuratore Militare di Roma Antonino Intelisano

Alla fine della seconda guerra mondiale le alte gerarchie militari italiane avrebbero dovuto rispondere dei crimini di guerra compiuti in Albania, Jugoslavia, Urss e Grecia dalle truppe del regio esercito. Mario Roatta, Gastone Gambara, Alessandro Pirzio Biroli, Emilio Grazioli, Mario Robotti e tanti altri invece non subirono alcun processo – tranne Roatta che però fuggì in Spagna e venne poi amnistiato e prosciolto – né all’estero, né nella

neonata Repubblica democratica antifascista.

A salvarli dall’estradizione e dai procedimenti penali fu l’equilibrio politico-militare della Guerra Fredda che congelò la questione dando la possibilità al governo italiano, grazie al decisivo sostegno degli Alleati occidentali, di eludere ogni forma di sanzione giuridica nei confronti dei vertici del proprio esercito. La “Commissione d’Inchiesta” presieduta da Luigi Gasparotto rappresentò lo strumento che garantì tale impunità.

L’appartenenza al blocco occidentale consentì all’Italia di stipulare accordi segreti con la Grecia, mentre Usa, Gran Bretagna e Francia rinunciarono a processare i militari del regio esercito e sostennero la posizione dilatoria ed elusiva del governo di Roma di fronte alle rivendicazioni di paesi come Urss, Jugoslavia e Albania.

La fine della Guerra Fredda ha permesso, dopo il ritrovamento dell’”armadio della vergogna” l’apertura di nuovi processi per le stragi naziste in Italia ed una prima disponibilità di materiale documentario sulla condotta del regio esercito. Il libro attraverso una ampia mole di materiale, in larga parte inedito, proveniente dall’Archivio del Ministero Esteri, dall’Archivio Centrale dello Stato, degli archivi dei partiti politici e degli istituti storici e dal materiale presente nelle relazioni delle commissioni d’inchiesta parlamentare, opera una ricognizione su un tema che si configura in ultima istanza come un retaggio difficile da superare nonostante la caduta del muro di Berlino e l’ormai acclarata inconsistenza storica della narrazione auto-assolutoria degli “italiani brava gente”.



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